Economia

Nuovo round per la Robin Hood Tax in Europa

Domani i Ministri dell’Economia e delle Finanze dell’UE affronteranno nuovamente il tema della tassa sulle transazioni finanziarie (nota anche come Robin Hood Tax). L’impegno assunto da undici Paesi dell’area euro per l’introduzione di questa misura fiscale sembra fortemente minacciato da un pericoloso stallo negoziale

di Redazione

La vicenda segna il passo per le divergenti posizioni degli Stati Membri ancorati ad interessi di settore su cui fanno leva le ingenti pressioni delle lobby finanziarie nazionali. Di fronte ad uno scenario che sembra ignorare le richieste che da anni i cittadini europei rivolgono ai propri leader in tema di regolamentazione della finanza  e di uso delle risorse della finanza per lotta alla povertà, contrasto ai cambiamenti climatici e solidarietà internazionale, le Robin Hood Tax Campaigns denunciano con una dichiarazione congiunta  la mancanza di coraggio dei Governi europei preoccupati di difendere gli interessi delle lobby piuttosto che quelli dei propri cittadini.

«L’Europa non è stata l’origine della crisi finanziaria globale ma ne ha duramente subito le conseguenze e sembra aver dimenticato rapidamente la lezione della crisi. Come Campagna ZeroZeroCinque riteniamo che l’eccesso di finanziarizzazione si combatta anche attraverso l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie che aumenti il costo relativo del trading ad alta frequenza e dell’attività speculativa rispetto alla vera vocazione del sistema finanziario che è quella di finanziare l’economia reale», dichiara Leonardo Becchetti, portavoce della Campagna ZeroZeroCinque.

Quale sia la scelta politica del Governo Renzi in questo negoziato finora non è dato saperlo. Molte delle domande rivolte in questi mesi al Governo dalla Campagna ZeroZeroCinque rimangono ancora senza risposta, nonostante il ruolo di coordinamento del tavolo negoziale assunto in questi mesi dalla Presidenza italiana. Anche la recente interrogazione in Commissione Finanze  ha soltanto confermato le difficoltà tecniche della fase negoziale senza dare un chiaro orientamento sulla direzione politica verso cui l’Italia sta cercando di trainare l’accordo tra gli 11 che secondo l’impegno pubblico preso a maggio dovrebbe essere annunciato entro la fine dell’anno.

Qual è lo specifico posizionamento italiano al tavolo negoziale? Cosa impedisce all’Italia di schierarsi apertamente e senza mezze misure a sostegno di un ambizioso modello di imposta così come proposto dalla Commissione Europea? In tempi non sospetti, in una precedente edizione della Leopolda, Renzi aveva persino inserito la TTF tra i punti del suo Wiki-PD. Oggi invece l’opacità e il silenzio che caratterizzano questo dossier mal si conciliano con la visione di un Governo che si presenta come innovatore e progressista in Italia e in Europa ma in questo contesto sembra disimpegnarsi dal processo di implementazione di una misura fiscale innovativa. Eppure una TTF europea ben costruita potrebbe contribuire ad una maggiore giustizia fiscale e sociale.

Un “tesoretto” di Robin Hood di oltre 30 miliardi di euro in Europa  che porterebbe risorse innovative per la lotta alla povertà in Italia e nel mondo e per il contrasto ai cambiamenti climatici. Risorse addizionali non da poco per mantener fede agli impegni internazionali in materia di cooperazione internazionale e azioni per il clima e per far fronte alla spesa sociale in Italia in un autunno che si preannuncia caldo con le riserve di Bruxelles sulla finanziaria del Governo e la scure delle sue clausole di salvaguardia (aumento dell’IVA su tutte) pericolosamente sospesa sulle teste dei cittadini.

Il negoziato sulla TTF rischia di venir svilito nella sua portata e reso del tutto inefficace se non si disegna un modello di imposta con ampia base imponibile, applicabile quindi al più variegato spettro di strumenti finanziari (in particolare ai derivati che sono al momento oggetto di acceso dibattito tra gli Stati Membri) e in grado di contrastare l’high frequency trading . Affinché la tassa sia un efficace strumento di lotta alla speculazione finanziaria non si possono escludere i derivati che in almeno l’80% dei casi sono usati dai piú grandi agglomerati bancari europei per finalità speculative e non di copertura del rischio con punte prossime al 100% per alcuni istituti di credito .

«Ora che il progetto di una TTF europea dovrebbe concretizzarsi è inaccettabile l’assenza di una reale e coraggiosa volontà politica di rottamare la finanza speculativa – conclude Leonardo Becchetti-. I Governi ancora una volta stanno cedendo alla pressione delle lobby finanziarie con il rischio che il progetto di TTF possa arenarsi o realizzarsi in modalità insufficienti per poter perseguire le sue finalità. Sul fronte della TTF si gioca una delle partite decisive che ci dirà se il bene comune e la volontà dei popoli europei prevarrà sullo strapotere delle lobby finanziarie. Il governo italiano e i governi europei devono ora scegliere, e con questa scelta ci dimostreranno da che parte stanno».

 

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.