Economia

Nuovo mutualismo: la partita è globale

I nodi da affrontare e le sei sfide da vincere per tornare ad essere protagonisti, secondo il presidente di Cecop-Cicopa Europa

di Giuseppe Guerini

Davvero bello e utile il numero di VITA del mese di settembre dedicato ampiamente al mutualismo. Una scelta che ho molto apprezzato e che raccolgo come l’invito ad avviare una riflessione dentro e fuori il movimento cooperativo che sulle questioni della mutualità, dell’identità e dell’autenticità cooperativa da reinterpretare però alla luce delle sfide che il tempo della digitalizzazione e della quarta rivoluzione industriale mette sul nostro cammino.

Alcune di queste sfide potrebbero far tremare i polsi e sono così vaste che potrebbero meritare da sole altri interi numeri della rivista da consacrare al confronto. Primo fra tutti quello che sta alla base del principio cooperativo, ovvero quello della partecipazione democratica dei soci. Che cos’è oggi, in tempo di crisi della democrazia rappresentativa sul piano della politica e del governo degli Stati, il principio di una testa un voto che è alla base della governance cooperativa? Cos’è la partecipazione oggi in tempo di dibattitti virtuali dove le bolle autoreferenziali dei social network animano deliri di onnipotenza nei leader che scambiano follower e like per i voti?

Ma cosa è oggi la partecipazione nelle cooperative che, in molti (troppi) casi fanno una sola assemblea annuale per approvare il bilancio a cui partecipano percentuali piuttosto modeste di soci? Cos’è la democrazia economica che perseguiamo e rivendichiamo con convinzione nel tempo in cui le prime cinque società globalizzate quotate in borsa raccolgono una capitalizzazione che supera la il valore complessivo del bilancio annuale di uno Stato come la Germania? Eppure partecipazione e democrazia debbono e possono essere i due fattori fondamentali su cui ribadire l’attualità e la necessità che nell’economia di mercato sia mantenuto e preservato un ruolo alle imprese cooperative e alle organizzazioni mutualistiche, che lungi dall’essere una testimonianza romantica di visioni economiche ottocentesche, di stampo cristiano sociale o social-democratico, possono essere una via complementare e salutare per mantenere in salute l’economia di mercato, minacciata dall’espansione smisurata dell’accumulazione capitalistica che sta pervadendo grandi imprese globalizzate, concentrate sull’aumento continuo della capitalizzazione di borsa, ma sempre meno “partecipate” sul piano della governance e sempre meno capaci di generare ricchezza condivisa, sempre più governate da manager super-star soli al comando di un volume oceanico di dollari, gestiti da algoritmi impersonali, dove le nuove tecnologie sono strumento di domino e controllo.

Vedo quindi una grande potenzialità e attualità per le organizzazioni di impostazione mutualistica e per le cooperative, che devono e possono offrire all’economia di mercato una proposta di sviluppo e crescita inclusiva e centrata sulla possibilità di valorizzare la partecipazione e quindi il protagonismo delle persone come collettività, dove le nuove tecnologie possono essere strumento di partecipazione e condivisione

Questa potenzialità pretende tuttavia un sussulto di intenzionalità e uno sforzo da parte dei cooperatori che dirigono e partecipano oggi le imprese cooperative e mutualistiche, per cercare strumenti e modalità nuove per rendere attuale e concreta la possibilità di sviluppare una forma di economia complementare e innovativa. Serve uno sforzo di fantasia per uscire da alcune ritualità della partecipazione che evidentemente non riescono più ad essere attrattive e probabilmente nemmeno efficaci. Serve investire sul coinvolgimento dei soci e dei portatori di interesse a cui riconoscere un ruolo e una dignità concreta e reale, non hanno molto senso e tanto meno credibilità assemblee dei soci lavoratori in cooperative in cui lo scambio mutualistico prevalente è il “posto o il contratto di lavoro” che si svolgono una volta l’anno per approvare un bilancio che magari una parte importante di quei lavoratori non ha nemmeno la possibilità di leggere e comprendere. Assemblee che si celebrano in ossequio del formalismo ma che sono la tomba del mutualismo, che andrebbero sostituite da incontri e assemblee celebrate più volte nel corso si un anno coinvolgendo realmente i soci e facendo accrescere la loro consapevolezza e competenza. Rendendo concreto e vero lo slogan, spesso ripetuto per giustificare forme di sfruttamento, che i soci di una cooperativa sono “imprenditori di sé stessi”, attraverso un accompagnamento alla crescita dell’imprenditorialità mutualistica.

Il tema lavoro è solo uno degli aspetti però, che assume una funzione emblematica, ma partecipazione e consapevolezza sul ruolo dei soci e dei portatori di interesse (i Francesi dicono dei prendenti parte) riguarda tutte le forme cooperative e mutualistiche. Ma riguarda a maggior ragione la loro collocazione nel contesto in cui operano.

Quale relazione hanno con la società e le comunità locali? Sono imprese che accaparrano appalti e senza nessuna differenza da altre forme di impresa o sono imprese che costruiscono legami generativi nelle comunità locali? Sono imprese che praticano in forma predatoria l’estrazione di valore sono imprese che generano partnership con i territori in cui lavorano e quindi conferiscono e distribuiscono valore? Sono imprese che costruiscono reputazione e accreditamento lavorando per essere promotori di processi di sviluppo o sono imprese che magari “comprando” o assorbendo piccole cooperative si posizionano nel mercato senza alcun legame con la comunità locale?

Orientare la riposta a queste domande è una responsabilità in primo luogo delle stesse cooperative ma è anche una responsabilità dei regolatori pubblici che possono favorire o disincentivare, con le loro scelte, un certo tipo di comportamento delle imprese e delle cooperative. Dalle tematiche del lavoro, pensiamo a tutto il tema della responsabilità degli appaltatori rispetto alla tutela dei diritti dei lavoratori. Oppure pensiamo al ruolo fondamentale degli appalti pubblici che possono essere un mero strumento di selezione di fornitori, oppure diventare, come nel caso delle co-progettazioni, un dispositivo per individuare dei partener e stimolarli a lavorare in forme collaborative. In questo senso ad esempio la recente sentenza del Consiglio di Stato, per quanto ineccepibile sul piano del diritto e dell’interpretazione della norma, rischia di non cogliere che la funzione principale di questi strumenti è quella di costruire reti di collaborazione e alleanze generative, orientando fortemente i comportamenti dei competitori verso la responsabilizzazione nei confronti della comunità locale, più che regolare l’erogazione di prestazioni. In sintesi soprattutto nella realizzazione di servizi di welfare l’appalto tradizionale, favorisce comportamenti di competizione e opportunismo, la co-progettazione stimola la collaborazione e la responsabilità condivisa.

Questi temi sono oggi oggetto di riflessione per tutto il movimento cooperativo, non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo.

Non a caso nel Global Forum dell’Economia Sociale che si svolgerà a Bilbao dall’uno al quattro ottobre, dedicato al tema “Valori e competitività per uno sviluppo locale sostenibile ed inclusivo” temi centrali saranno: partecipazione democratica, futuro del lavoro, quello della via mutualistica all’innovazione digitale, le collaborazioni tra pubblica amministrazione ed attori dell’economia locale.

Sono anche i temi su cui ci confronteremo nell’ambito del vertice delle cooperative delle Americhe che si svolgerà Buenos Aires dal 22 al 26 ottobre e anche qui la collaborazione tra cooperative e comunità locali sarà uno dei temi di confronto e di approfondimento. Anche una recente ricerca del CESE realizzata dal CIRIEC che analizza le buone prassi di collaborazione tra imprese dell’economia sociale e politiche pubbliche esplora questa funzione delle cooperative nella costruzione di percorsi di creazione dei beni comuni.

A livello internazionale le grandi sfide su cui il movimento cooperativo si sente impegnato a reinventare un mutualismo per il terzo millennio sono individuabili in 6 vie:

  1. La mutualità per la qualità della vita: la promozione e tutela della qualità della vita dove salute, welfare, educazione e formazione sono i principali settori di investimento.
  2. La mutualità per la sostenibilità: promozione e tutela della qualità dell’ambiente e dei luoghi dell’abitare tra aree rurali e concentrazioni urbane.
  3. La mutualità del lavoro: per sostenere e promuovere l’accesso ad un lavoro dignitoso, favorire la capacità d’impresa e partecipare alla ridefinizione di un futuro del lavoro sempre più caratterizzato dalla trasformazione digitale e dalla frammentazione dei contesti e deli luoghi di lavoro,
  4. La mutualità nella produzione e nell’accesso al cibo: agricoltura sostenibile e capacitante, qualità delle produzione ed eticità dei prodotti.
  5. La mutualità per la condivisione e la diffusione di energie rinnovabili, sostenibili e sempre più condivise.
  6. La mutualità della conoscenza e delle informazioni che la necessità di mantenere un adeguato livello di democrazia, trasparenza, accessibilità ed orientamento dei fini rispetto al tema della raccolta, gestione e trattamento di dati e contenuti delle reti di comunicazione.

Su queste sei piste della nuova mutualità si gioca il futuro della cooperazione, ma si può giocare anche una parte del futuro stesso delle democrazie in molti Paesi occidentali, non certo perché le cooperative possono salvare il mondo, ma sono sicuro possono giocare un ruolo importante per promuovere la democrazia economica e la cultura della partecipazione e dell’impegno verso l’altro senza le quali anche la democrazia politica rischia di svuotarsi.

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