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Nuovo inviato in redazione, inviato di pace

Informazione e guerra: cosa cambia, dopo Genova e dopo Kabul

di Redazione

Oggi che è il mondo intero a essere in guerra, anche l?informazione si è svegliata e si è accorta di esserci davvero sotto tiro. I tentativi censori nei confronti dei notiziari e della stessa linea editoriale della tv araba Al Jazira, rieccheggiano quelli operati verso la Cnn ai tempi della guerra del Golfo. Senza parlare, ovviamente, degli ormai numerosi casi di giornalisti imprigionati o minacciati da terroristi e fondamentalisti nel corso del loro normale lavoro in Pakistan come in Afghanistan, dove il giornalista Michel Peyrard, che lavora per il settimanale Paris Match, e le sue guide sono stati arrestati e saranno processati con l?accusa di spionaggio. Non sono solo uomini politici, generali e terroristi a voler usare e abusare dei media. È la stessa opinione pubblica ad averne fame come non mai e a scatenare reazioni poco fredde, se non del tutto inconsulte, persino tra gli stessi giornalisti. L?Ifj-International federation of journalists, che ha sede a Bruxelles, ha dovuto raccomandare a tutti gli operatori della stampa la massima cautela per tenere sotto controllo e evitare il panico causato dall?antrace, soprattutto negli Usa.
Ma se della intricata guerra (dei e tra i media) nella guerra, gli attentati di New York e i bombardamenti dell?Afghanistan rappresentano forse il punto di non ritorno, in Italia il tema delle limitazioni e delle violenze, oltre che delle censure, inferte alla libertà d?informazione era già stato sollevato in occasione del G8 di Genova, come ha messo bene in luce il Forum dell?informazione di Gubbio , l?annuale chiamata a raccolta che la Fnsi (il sindacato dei giornalisti italiani) organizza per la categoria e che si è svolto svolto dal 19 al 21 ottobre.
Anche per chi a Genova c?è stato, infatti, faceva impressione sentire snocciolare a Gubbio il bilancio che Fnsi, Associazione e Ordine ligure dei giornalisti hanno tracciato del G8: «C?è stata una sorta di par condicio della violenza nei confronti della stampa: giornalisti sono stati picchiati dai violenti di piazza e da chi la violenza l?avrebbe dovuta impedire», ha affermato il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi.
Il lavoro degli istituti di categoria non si è però fermato alle sole denunce. Mentre la sezione italiana di Reporters sans frontiers (www.rsfitalia.org ) diffondeva subito il primo, provvisorio bilancio dei giornalisti picchiati e maltrattati a Genova, Informazione senza frontiere, organismo patrocinato da Fnsi, Acli e Arci, ha subito iniziato a raccogliere e ha da poco presentato (per ora solo online su www.italian.it/isf) un Libro bianco sui fatti di Genova. Il dossier è stato spedito, nel mese di ottobre, anche al ministro degli Interni, Claudio Scajola, ma una parte dei dati raccolti nel dossier erano già contenuti nella relazione che Serventi Longhi e Zinola (Aldg) avevano consegnato alla Commissione parlamentare d?inchiesta sui fatti di Genova. Il dossier è consultabile sul sito della Federazione (http://www.fnsi.it).
Dopo Genova è tornato ad operare anche il gruppo informale degli Inviati di Pace (www.inviatidipace.it ) che, forti dell?adesione di molti colleghi, hanno deciso di lavorare proprio sui temi della difesa dei diritti dell?informazione raccogliendo notizie e testimonianze su Genova e sulla guerra (il materiale finirà in un ?sito bianco?). Gli Idp, appoggiati da Fnsi e Ordine lombardo dei giornalisti, hanno aderito alla Marcia per la pace Perugia-Assisi e uno di loro, il giornalista free lance Maso Notarianni, è appena tornato dal Panshir dove ha lavorato al fianco del fondatore di Emergency, Gino Strada. (D.B.)

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