Il Consiglio UE di fine 2013 aveva una agenda impressionante, dalla inedita questione delle politiche comuni per la difesa all’Unione Bancaria, dall’Ucraina alle prospettive per l’allargamento. Nelle pieghe, rimaneva il proseguio delle discussioni sul rafforzamento della Governance dell’aerea Euro e in questo il quantomai controverso argomento dei cosiddetti “contractual agreements”, poi divenuti “contratti per le riforme”, fortissimamente voluti dalla Cancelliera Merkel e dai partigiani del rigore rafforzato. Inseriti nelle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2012, così come la dimensione sociale dell’UEM presto declassata a questione di contorno come già dicevamo nel nostro blog a seguito del Consiglio di ottobre, hanno trovato una accelerazione nelle ultime settimane. E ciò per due motivi: la nuova Grosse Koalition tedesca che ha confermato nei giorni scorsi per la terza volta la Merkel ne ha vincolato l’azione europea ad un rafforzamento dei vincoli della governance e disciplina fiscale, financo ad una revisione dei trattati in una logica comunque di più Europa; molti dei governi che hanno resistito criticamente a questo nuovo vincolo, tra cui l’Italia fino ad ottobre, nel mese di novembre hanno aperto ad un accordo, in cambio di maggiore flessibilità e di misure accompagnatoria di solidarietà. E così pareva, tant’è che nelle audizioni alle competenti Commissioni di Camera e Senato e alle delegazioni parlamentari dell’UE, il governo italiano aveva dato piene garanzie sul fatto che le condizioni italiane avevano trovato accoglienza.
Ma un esame attento delle bozze di conclusione del vertice circolate nelle ultime ore pre-vertice hanno destato in alcuni tra noi non poche preoccupazioni. Vi si leggeva infatti di queste nuove obbligazioni legali e vincolanti tra Stati membri dell’UE e la Commissione e il Consiglio, comprendenti obblighi rafforzati per le riforme, basate sulle raccomandazioni paese dell’UE e legate ai Piani nazionali di riforma predisposti dai singoli governi (in particolare rafforzando le misure di austerità, di riforma dei mercati del lavoro e di riduzione del debito pubblico, ecc.), rimandando poi al Consiglio europeo di giugno l’esame di altri aspetti riguardanti le condizioni di applicazione per ogni paese (cioè la flessibilità) e le possibili misure di solidarietà da accompagnarsi, ma che comunque non potevano essere poste a carico del già esiguo bilancio europeo. E ben sapendo che il programma di governo di coalizione votato dal Bundestag pochi giorni fa esclude esplicitamente l’impegno della Germania per i prossimi 5 anni per ogni forma di Eurobonds, mi è sorta violenta la domanda: ma come si fa a firmare oggi per ulteriori e ancor più stringenti vincoli, accentando che per la solidarietà vi vedrà forse tra sei mesi, e comunque dopo le elezioni europee? E come non si fa a vedere che questo è specificatemente rivolto a imbrigliare soprattutto Italia e Francia, due pesci troppo grossi per gli altri meccanismi di salvataggio, nei quali sono peraltro più consistenti gli antieuropei?
Insomma, di fronte ad un populismo che cresce ovunque e che trova il suo bersaglio preferito nelle crescenti misure di austerità e nel continuo trasferimento di sovranità nazionale verso Bruxelles con discutibile controllo democratico, Il Consiglio dei Capi di Stato e di governo, a cinque mesi da elezioni europee molte tese, ci si apprestava ad imporre nuovi vincoli e nuove forme di cessione di sovranità, con in cambio promesse di future e possibili misure di solidarietà, con meccanismi fumosi, complicati, ancora una volta fuori dal metodo comunitario, e con totale non chiarezza circa le possibili risorse aggiuntive da mettere sul piatto per incentivare i virtuosi delle riforme?
Sono tra coloro che ha provato a lanciare un consistente allarme dell’ultima ora e che, modestamente, ha proposto di trovare un modo per rinviare l’insieme della decisione globale almeno al prossimo Consiglio di giugno, a cavallo tra la fine della Presidenza greca e l’avvio di quella italiana dell’UE, quando il progetto complessivo di questo nuovo strumento sia più chiaro nella sua articolazione e soprattutto più equilibrato tra una dimensione di contratti per le crescita e l’occupazione (le riforme si fanno per questo…), il loro grado di vincolo rispetto a tutti gli altri vincoli già predisposti in questi anni (six pact, duo pact, fiscal compact, semestre europeo rafforzato, macrocondizionalità sulla spesa futura dei fondi strutturali e di coesione, sorveglianza sui bilanci e quant’altro, senza considerare i paesi sotto programma di assistenza della Troika…), possibilità di reali meccanismi di solidarietà corrispondenti all’intensità delle riforme e dei risultati conseguiti e modalità di applicazione flessibile paese per paese.
Sono quantomai lieto che alla fine abbia prevalso il buon senso a Justus Lipsius, per l’Europa tutta.
Il tono e il merito del testo varato dal Consiglio nelle scorse ore è quantomai diverso, da atto di una discussione importante avviate in ordine (si legge ora) a futuri “Partenariati per la competitività, la crescita e l’occupazione”, con l’idea di incoraggiare e sostenere le riforme strutturali adottate da ogni paese e di cui c’è bisogno, con un approccio più bilanciato, basato su una rafforzata ownership nazionale, più impegni e investimenti per la crescita e l’occupazione , più sostegni e inventivi finanziari. Su questo canovaccio di fondo si continuerà a lavorare nei prossimi, mesi per formulare una proposta complessiva che sarà discussa durante la Presidenza italiana, con l’intento di arrivare ad accordo generale su questo complesso elemento del puzzle dell’UEM a fine ottobre 2014.
“Ne abbiamo discusso molto, ma ad essere onesti c’è ancora molto lavoro da fare”, ha ammesso la stessa Angela Merkel nella conferenza stampa di questa notte. “Se non vengono però offerte riforme vincolate per contratto, non ho denaro da offrire”, ha tagliato corto, insistendo sulla necessità di inserire “un carattere costrittivo nella governance”. Un fatto comprensibile. Ma è chiaro ormai che nuovi vincoli devono avere sullo stesso piatto nuove risorse.
Il senso della complessità del dibattito in corso, della fatica del riequilibrio tra rigore, sviluppo e sociale e dunque del successo dell’inversione fatta in queste ore, che impone finalmente una battuta di arresto alla marcia impressionante delle sole misure di austerità, sta tutto nella stessa debolezza dei paragrafi successivi, dal 38 al 40, che riguardano la dimensione sociale dell’UEM. In poche parole non c’è nulla, se non gli indicatori sociali non vincolanti diottobre. Così come sulla questione due mesi fa prioritaria della solidarietà europea per la gestione degli immigrati alle frontiere esterne, tre paragrafi con presa d’atto di rapporti e indicazione che se ne riparlerà più avanti. Tanto dei morti di Lampedusa non si ricorda più nessuno.
Dunque bene, si è evitato un vero e proprio colpo mortale per l’Europa, evitanto di consegnare agli estremisti munizioni a gratis, riequilibrando le cose e peraltro non offuscando gli altri importanti risultati di questo vertice. In materia di Difesa prima di tutto, prima volta che se ne riparla a questo livello dopo anni e anche qui una iniziativa congiunta italo-spagnola dei mesi scorsi, e tutti sappiamo bene quali economia di scala si possono fare in questo settore e quando l’Europa politica debba farsi anche su questa materia come ben aveva capito De Gasperi. E poi sull’Unione bancaria, sui cui il risultato non è pienamente soddisfacente, ma il bicchiere è mezzo pieno. Prova ne sia il contestuale declassamento del rating dell’UE da parte di Standard&Poor , che ritengonoo ora l’UE meno affidabile e solida. Appunto, per loro che rappresentano come tutte le attali agenzie di rating gli interessi della speculazione. Dunque, di fatto un riconoscimento che le misure sono buone perché favoriscono meno le scorribande dei capitali e mettono in sicurezza le banche del continente.
Avanti così. In fondo è una buona fine d’anno e un buon punto di partenza per il prossimo anno.
Il testo completo delle conclusioni del Vertice: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_Data/docs/pressdata/en/ec/140245.pdf
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