Famiglia

Nuovi meccanismi e più non profit

Centri di permanenza temporanea: Verso lo svuotamento dei centri, più spazio all’accoglienza e alle associazioni

di Redazione

«Se il sistema dei Cpt fosse un?azienda, dovrebbe chiudere per fallimento». Dopo sei mesi di indagini, è lapidario il giudizio della Commissione De Mistura sui Centri di permanenza temporanea e assistenza in Italia. La diagnosi non lascia scampo: «I Cpt non rispondono alle complesse problematiche del fenomeno, non consentono una gestione efficace della migrazione regolare, comportano disagio a chi è trattenuto e alle forze dell?ordine, e costi elevatissimi con risultati non commisurabili», si legge nel rapporto presentato dalla commissione guidata dall?ambasciatore Staffan De Mistura, che su incarico del ministero dell?Interno ha visitato tutti i 14 Cpt italiani, più alcuni centri in Spagna e in Francia. Meno lapidarie e più disposte alla mediazione sono le raccomandazioni e le proposte che la Commissione ha presentato a Giuliano Amato e che – confermano fonti del ministero dell?Interno – faranno da base per un?eventuale riforma della legge sull?immigrazione.

«Il sistema attuale non è soddisfacente e non risolve il problema», conferma a Vita Staffan De Mistura. «Ma invece che focalizzarsi sulle strutture, il nostro rapporto si focalizza sulla persona umana. E propone una serie di iniziative graduali e differenziate per coinvolgere chi è parte del problema perché diventi parte della soluzione». Secondo la commissione, i Cpt ospitano molte persone che non dovrebbero starci: detenuti in fine pena insieme a colf e badanti a cui è scaduto il permesso di soggiorno, e anche alcuni minori non accompagnati (un caso eclatante è il centro di Lampedusa nel quale nel 2006 sono transitati 18.115 stranieri, e di questi 1.554 sono risultati minori, nonostante il divieto da parte della normativa attuale di trattenere un minore in un Cpt).

Il non profit occupa un posto di rilievo nel cambiamento proposto dalla Commissione De Mistura. Sin dalla premessa il Rapporto sottolinea che il «forte coinvolgimento della società civile» può giocare un ruolo importante «per contribuire alla costruzione di un più efficace sistema di gestione del fenomeno immigrazione». Una funzione, quella di enti e associazioni, che diventa essenziale in un quadro che prevede il superamento dei Cpt attraverso un progressivo svuotamento dei centri e, parallelamente, il rafforzamento dei Cpa, i centri di prima accoglienza, che hanno lo scopo di prestare il primo soccorso agli irregolari.

Attualmente i Cpa in Italia sono cinque (a Bari, Crotone, Caltanissetta, Foggia, Siracusa) e possono ospitare 2.394 persone. «Questi centri potrebbero crescere anche di numero se fosse necessario, ma dovrebbe crescere innanzitutto la qualità dei servizi», sottolinea De Mistura. «Il rapporto parla ampiamente del fatto che le associazioni debbano essere di gran lunga più coinvolte nell?approntare le soluzioni che suggeriamo, e nel proporne di proprie in base all?esperienza sul campo. Gli enti non profit devono avere anche maggior accesso ai Cpt».Un coinvolgimento, quello proposto dalla commissione, che non riguarderebbe solo l?erogazione di servizi (assistenza, orientamento, mediazione culturale, informazione e tutela dei cittadini stranieri), ma anche più direttamente la gestione del problema. «Un esempio potrebbe essere l?aiuto nella ricerca del lavoro, nel caso in cui all?immigrato caduto nell?irregolarità venga rilasciato un ulteriore permesso di soggiorno», spiega De Mistura. «Le associazioni potrebbero intervenire in questo processo mettendo a disposizione le proprie competenze e accompagnare l?immigrato nel suo percorso anche fuori dal centro di accoglienza».

La nuova gestione dell?immigrazione irregolare proposta dalla commissione prevede due meccanismi nuovi, con l?obiettivo di ridurre la misura del Cpt a pochi casi residuali di immigrati irregolari che si rifiutano di collaborare. Il primo passo consigliato è esaminare caso per caso la possibilità di un rilascio del permesso di soggiorno (ulteriore tempo per la ricerca di un lavoro oppure l?accoglienza per i richiedenti asilo). Nel caso in cui questo non fosse possibile, scatta l?offerta di un ?rimpatrio concordato e assistito?: viaggio di ritorno nel proprio Paese pagato, un piccolo sussidio per ricominciare, e il divieto di tornare ridotto a due anni invece dei dieci previsti dall?espulsione con accompagnamento alla frontiera. Solo a chi rifiuta l?offerta si applica l?espulsione con previo trattenimento in un Cpt, ridotto però ai cinque giorni necessari per l?identificazione, e in ogni caso per un massimo di 20 giorni per chi fornisce false generalità.

www.cir-onlus.org

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.