Diritto alla salute

Nuovi Lea? «Accesso equo non garantito, accentuate le diseguaglianze»

Marco Rasconi, presidente nazionale dell'Unione italiana lotta alla distrofia muscolare, evidenzia la necessità di mettere prontamente a disposizione delle persone con disabilità gli ausili necessari alla vita quotidiana. La ricerca va avanti, i bisogni delle persone cambiano, la sanità rincorre: «Folle che i tempi siano così lunghi». Così, si favoriscono discriminazioni tra cittadini

di Nicla Panciera

«Ero un ragazzo quando si parlava degli aggiornamenti tariffari». È lapidario Marco Rasconi, classe 1979 e presidente nazionale dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare Uildm. L’aggiornamento dei tariffari è una questione che ha seguito molto da vicino.

Due, ci dice, sono gli aspetti critici più rilevanti. «Il primo riguarda l’adeguamento dei tempi all’avanzamento delle tecnologie che sono in favore della qualità della vita delle persone, quindi gli ausili e le protesi». Ad esempio, «il dispositivo triride, kit di propulsione per una carrozzina manuale, o il puntatore oculare: per me è impensabile che per questo tipo di ausili l’adeguamento non sia istantaneo, perché si sta privando una persona di qualcosa che le può migliorare la vita». Aggiornare prontamente il Nomenclatore tariffario è anche una questione di equità: «I ritardi favoriscono le discriminazioni. Infatti, chi può permetterselo, e sono sempre meno visto che la disabilità impoverisce, farà di tutto per garantire al proprio figlio questi ausili. A questo proposito, segnalo che sono in crescita le iniziative di crowdfunding online da parte di privati: è ingiusto che una famiglia sia ridotta a fare la carità per ottenere un ausilio necessario». Il secondo aspetto riguarda l’organizzazione regionale della sanità: «Alcune Regioni compensano e altre no. Il luogo di nascita continua a determinare quello cui posso avere accesso. È semplicemente una guerra tra poveri».

Ciò non riguarda solo gli ausili. «Pensiamo allo screening neonatale esteso e alla atrofia muscolare spinale Sma. Per decenni si è cercata una cura, quando siamo arrivati a un trattamento efficace se assunto tempestivamente l’accesso allo screening è rimasto a lungo a macchia di leopardo. È folle che i tempi di gestazione di un aggiornamento tariffe siano così lunghi». Così lunghi da far sembrare rapidi i tempi della ricerca.

Le associazioni «rispondono ai bisogni delle persone giorno per giorno» dice Rasconi. «Il nostro mondo cambia e se 20 anni fa le persone con distrofia muscolare morivano a vent’anni, oggi non è più così. Quindi, anche i bisogni sono diversi. Lo strumento per combattere le fragilità deve essere uno strumento veloce e rapido. Il Servizio sanitario nazionale dovrebbe indicarmi a quali soluzioni più innovative cui ho accesso con i Lea e invece, viceversa, siamo noi a dover rincorrere lo Stato affinché vengano riconosciute delle possibilità che esistono da tempo. Sono quindi contento che i nuovi Lea siano diventati operativo, mi piacerebbe che il loro aggiornamento diventasse un meccanismo che diventa più rapido, quantomeno rapido quanto la ricerca e la tecnologia».

Come presidente nazionale Uildm, Rasconi conosce bene le realtà territoriali, diverse da regione a regione, da comune e comune. «Come possiamo parlare di vita indipendente quando il luogo di nascita condiziona a tal punto l’esistenza? Un giorno un ragazzo calabrese mi ha detto: “Vengo a vivere a Milano altrimenti qui muoio”. Capite che cosa significa sradicare una persona e i suoi cari e che tutto ricade sulla singola famiglia, che deve mobilitare tutte le risorse disponibili e spostarsi in Lombardia per andare a scuola o per veder garantiti diritti e opportunità che altrove non lo sono?»

A volte, ammette, «mi sembra di dire cose banali. Con la riforma del titolo V [che ha delegato a Regioni e Province autonome l’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari] è cambiato tutto e l’uniforme erogazione dei Lea è l’unico modo per garantire parità di accesso ai servizi sanitari. Ci vuole rapidità nel loro aggiornamento e rispetto affinché nessuno resti indietro. Se anche uno solo resta indietro, allora abbiamo perso tutti come società».

Foto di National Cancer Institute su Unsplash

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