Economia
Nuove dinamiche tra finanza e impresa sociale
In un'intervista a Felice Scalvini i temi dell'incontro "La finanza dal punto di vista dell'impresia sociale". Per il presidente di Assifero «Il capitale sia strumento e non proprietario dell'impresa sociale». Se ne discute domani al Teatro Elfo-Puccini a Milano
di Redazione
Per leggere l’evoluzione in atto nel settore della finanza sociale, Euricse – in collaborazione con Vita e Avanzi – organizza per giovedì 12 dicembre a Milano il seminario "La finanza dal punto di vista dell'Impresa Sociale” (Teatro Elfo-Puccini alle 14,30).
La recente crescita del numero di attori – privati soprattutto – che sono interessati a investire in iniziative “a elevato impatto sociale”, complici documenti come l’Iniziativa per l’imprenditoria sociale della Commissione Europea (COM2011 682) e altre iniziative di policy, sta contribuendo a modificare la morfologia dell’impresa sociale. L'incontro si propone di approfondire struttura e conformazione dell’ecosistema della finanza sociale, guardando sia all’offerta di risorse economiche e di accompagnamento, che alla domanda di finanza per lo sviluppo espressa dalle imprese sociali. Si verificherà così la presenza delle condizioni per un matching efficace.
Un'anticipazione dei temi che si tratteranno in quella sede emerge dall'intervista fatta da Euricse a Felice Scalvini, uno dei relatori dell'incontro, presidente di Assifero e assessore alle Politiche per la Famiglia, la Persona e la Sanità del Comune di Brescia.
Lei è stato un pioniere della finanza per l’impresa sociale fin da tempi in cui non se ne parlava e a molti sembrava – anzi – un elemento tabù. Cosa pensa dell’attuale enfasi che è stata posta sul tema?
C’è una punta di eccesso rispetto a questo tema. Immaginare che sia la finanza a determinare un “rifiorire” del no profit e delle sue organizzazioni mi sembra un’aspettativa destinata a non trovare riscontri. Per come l’ho sempre interpretata io, la finanza è uno strumento di servizio. Probabilmente anni addietro c’era anche un effettivo credit crunch, ovvero una difficoltà di accesso delle organizzazioni no profit alle risorse finanziarie. Ma con gli strumenti che sono stati messi in campo negli ultimi anni, oltre che con la maturazione complessiva delle capacità di gestione da parte delle organizzazioni no profit, mi sembra che questo problema si sia notevolmente ridotto, se non del tutto eliminato. Oggi direi che l'accesso è abbastanza allineato al sistema delle imprese del Paese.
Il problema reale in questo momento mi sembra semmai quello delle competenze e delle risorse umane. Se si riuscisse a migliorare la disponibilità di questi due fattori probabilmente si potrebbe fare un ulteriore salto di qualità. Con le sole risorse finanziarie non credo che si vada molto lontano.
Questo punto ci introduce alla domanda successiva. Secondo lei la finanza sociale è una moda o un’effettiva necessità per l’impresa sociale?
Sicuramente è una necessità. Un settore che non ha cessato di svilupparsi anche in questa fase di crisi ha evidentemente bisogno di finanza – che è la benzina del motore delle imprese – per quanto in forme sempre più specializzate e diversificate. Però immaginare che da questa disponibilità dipendano le sorti future dell’impresa sociale francamente mi sembra eccessivo e anche fuori luogo.
Le risorse finanziarie portano nuovi attori nel campo dell’imprenditoria sociale che non sono solo soggetti del no profit ma che compongono anche il cosiddetto capitalismo sociale. Come valuta questo processo? Secondo lei si tratta di una contaminazione positiva o c’è il rischio di una colonizzazione?
Un rischio di colonizzazione direi di no. Secondo me il rischio è quello di distogliere il mondo del no profit, creando delle false rappresentazioni e dei falsi obiettivi rispetto a quello che, a mio modo di vedere, dovrebbe essere l’elemento di forte focalizzazione, da rintracciare più sul prodotto-servizio da offrire agli utenti e sulla forma organizzativa per realizzarlo e produrlo. Forme di colonizzazione si trovano solo in fenomeni abbastanza marginali che, però, possono avere molta visibilità e creare delle idee e delle linee strutturali poco utili all’imprenditoria sociale.
Quanto alla contaminazione sì, il capitale è anche portatore di buone ragioni e imparare a capire quali siano può essere utile. Il punto fondamentale è quello di garantire sempre che il capitale sia uno strumento e non il proprietario delle imprese sociali. Questa probabilmente è la grossa partita che si sta giocando adesso, anche intorno alle varie riflessioni sulla riforma della legge sull’impresa sociale: capire le ragioni del capitale – che molto spesso sono sagge, utili e di prospettiva – senza per questo renderle egemoni.
Il seminario "La finanza dal punto di vista dell'Impresa Sociale" si terrà giovedì 12 dicembre , dalle 14alle 18, al Teatro Elfo, in corso Buenos Aires, 33 a Milano. Tra i relatori altri esperti del settore Stefano Granata (Gruppo cooperativo Cgm), Marco Morganti (Banca Prossima), Davide Dalmaso (Avanzi), Elena Casolari (ACRA-CCS e Opes Impact Fund), Gianluca Salvatori (Euricse) e Riccardo Bonacina (Vita).
Le iscrizioni online sono aperte a questo link: http://euricse.eu/it/node/2425
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.