Economia

Nuova impresa sociale: Cgil contraria, Cisl favorevole

La Cgil: «con questo provvedimento si allarga anziché restringere la possibilità di agire per imprese profit». La replica della Cisl: «Un'opportunità da seguire con grande attenzione»

di Redazione

Si apre un nuova crepa nel rapporto Cgil-Cisl. Al centro questo volta è l’impresa sociale e in particolare l’articolo 6 del disegno di legge delega sul Terzo settore la cui discussione in Senato prenderà il via giovedì 7.

«Il disegno di legge, dopo le modifiche approvate alla Camera, definisce in modo più chiaro l'ambito della riforma del terzo settore, quindi dove interverranno i successivi decreti delegati del governo, e preserva il ruolo peculiare del volontariato e il suo carattere gratuito. Purtroppo, però, conferma norme che snaturano l'impresa sociale, accentuandone il carattere commerciale». Così Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil, aveva commentato il via libera di Montecitorio al ddl. Aggiungendo che «con questo provvedimento si allarga anziché restringere la possibilità di agire per imprese profit, con il serio rischio che irrompano logiche di mercato nei servizi del welfare, già duramente colpito dai tagli alla spesa per la protezione sociale».

«Per questi motivi – aveva concluso Lamonica evocando un fronte sindacale unito – nel corso della discussione parlamentare al Senato continueremo ad insistere sulle proposte di modifica presentate da Cgil, Cisl e Uil». Le cose però non stanno esattamente così, almeno stando a sentire il segretario regionale della Cisl lombarda, Roberto Benaglia che proprio nei confronti dell’impresa sociale così come disegnata dalla riforma attraverso i microfoni di Vita.it manifesta «grande attenzione». «L’elemento cardine», aggiunge, «è il principio di pubblica utilità. Principio che non coincide più con la sfera del pubblico: in questo quadro il welfare integrativo e le nuove forme mutualistiche sono terreni in cui l’impresa sociale può guadagnare spazi importanti  e utili al Paese».

 

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