Mondo

Nozze d’Oro dell’Africa

di Giulio Albanese

Molto inchiostro è stato versato sulle vicende africane, soprattutto per le cicliche disgrazie che hanno afflitto il continente: dalle guerre alle calamità naturali, dalle ingiustizie sistemiche alle sopraffazioni dei satrapi di turno. Eppure, sarebbe un imperdonabile errore, in occasione del 50mo anniversario di fondazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (Oua) – progenitrice dell’Unione Africana (Ua) – avvenuta il 25 maggio del 1963, continuare a giudicare il presente “con l’occhio dello straniero” che, come recita un proverbio della tradizione Dogon, “vede solo quello che già conosce”. E proprio per tentare di cogliere la complessità dello scenario africano, bisogna andare al di là dei soliti luoghi comuni di certa comunicazione. Anzitutto, perché questo continente è un poliedrico contenitore di sapienza multisecolare, luogo di passioni, ricchezza culturale e artistica, “mare magnum” di etnie fatte di volti con le loro storie da scoprire. E poi perché, come scriveva saggiamente Plinio il Vecchio, “Ex Africa semper aliquid novi”, dall’Africa arriva sempre qualcosa di nuovo. I dati macroeconomici, ad esempio, indicano un “boom” del cosiddetto Prodotto interno lordo (Pil) a livello continentale. Secondo il Fondo monetario internazionale (Fmi), il tasso medio di aumento del Pil nei Paesi dell’Africa Subsahariana – lo scorso anno attorno al 5,8% – dovrebbe salire al 6% in termini reali nel 2013. Si tratta di un trend legato, in gran parte, ai continui investimenti in infrastrutture e capacità produttiva e sull’avvio di nuove iniziative estrattive, soprattutto, sul versante delle fonti energetiche. Questo nuovo corso è in gran parte gestito spregiudicatamente dai Brics (cartello che, oltre alla Cina, comprende, Brasile, Russia, India e Sudafrica). Uno dei pochi concorrenti, in grado di osteggiare, un po’ affannosamente, queste Potenze emergenti, assieme agli States, è la Francia di François Hollande che promette, entro la fine dell’anno, un vertice parigino con i capi di stato e di governo dell’Ua. Ma attenzione, l’equazione “crescita” uguale “sviluppo” non è un dato così scontato come qualcuno vorrebbe far credere. Infatti, la semplice misurazione del Pil non dice assolutamente nulla rispetto a quella che è la sua effettiva distribuzione. Sta di fatto che si registra nel continente una crescente disparità sociale, non solo nei Paesi a basso reddito, ma anche in quelli emergenti come il Sudafrica. Pertanto è auspicabile una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Ua, non foss’altro perché le valutazioni sui processi di crescita economica dell’Africa continentale non possono prescindere dalla forte criticità della democrazia e del pluralismo in alcuni Paesi. Il fatto che molto del lavoro per la Corte Penale internazionale dell’Aja venga dall’Africa, la dice lunga. Insomma, il risveglio del continente è ancora uno sbadiglio; almeno fin quando la società civile, nelle sue molteplici componenti, non sarà in grado di affermare una governance solidale nell’ambito della Ua. Tra l’altro, l’Africa continua a salire, addirittura più del Pil, in termini demografici. Nel 1960 contava circa 284 milioni di abitanti, mentre oggi sono oltre un miliardo (circa 1.123.800.000 abitanti). Se l’Italia fosse cresciuta allo stesso ritmo oggi gli italiani sarebbero 185 milioni! I numeri allora parlano chiaro. Nell’Africa Subsahariana circa il 60% della popolazione ha meno di 25 anni. Se da una parte vi è la responsabilità delle classi dirigenti di garantire loro studio e lavoro, dall’altra sono proprio i giovani coloro che potrebbero segnare la svolta. Il loro dinamismo e la loro perspicacia sono la vera risorsa su cui investire. (tratto dall’edizione di  Avvenire del 29 Maggio 2013)

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