Economia
Nouriel Roubini; mister “Catastrofe” o mister “Realismo”?
A Torino l'economista americano, professore alla New York University, è intervenuto con una riflessione a partire dal suo ultimo libro "La grande catastrofe. dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere"
A Torino è in corso il Festival Internazionale dell’Economia che quest’anno si sofferma sul Ripensare la globalizzazione. Oltre 170 ospiti si alternano sulle grandi questioni del Pianeta, tra cui anche quattro premi nobel: possibile decidere i tempi della globalizzazione? Ridurre la velocità indotta dal progresso tecnologico? Sviluppare modelli di business che hanno al centro il bene comune?
Eppure, spiega Tito Boeri, direttore scientifico del Festival, «ci si oppone alla globalizzazione e non al progresso tecnologico che di questa globalizzazione è grandemente responsabile. Eppure appare difficile governare la globalizzazione senza governare il progresso tecnologico».
Nouriel Roubini è un economista americano, professore alla New York University, è intervenuto con una riflessione a partire dal suo ultimo libro La grande catastrofe. dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere. Secondo il Roubini ci stiamo dirigendo verso la peggiore catastrofe economica della nostra vita: una crisi economica diversa da tutto ciò che abbiamo visto dai tempi della Grande depressione perché oltre ai fattori “economici” ne aggiunge altri di natura non economica che con la crisi si intrecciano e fondono: cambiamento climatico, collasso demografico, politiche nazionaliste, tensioni globali tra la Cina (e i suoi alleati) e gli Stati Uniti (e mondo occidentale) e poi la rivoluzione tecnologica che eliminerà più posti di lavoro in minor tempo di quanto sia mai successo.
Nei prossimi vent’anni dobbiamo aspettarci una collisione titanica di forze economiche, finanziarie, tecnologiche, ambientali, geopolitiche, sanitarie e sociali. Nouriel Roubini prima della crisi finanziaria del 2008, era soprannominato Doctor Doom (dottor catastrofe), ma spiega mi sembra più corretto «Dr. Realist». Infatti, le sue previsioni sulla crisi immobiliare e sulla grande recessione si sono avverate, ma ormai era troppo tardi. Adesso sostiene che vi siano dieci grandi problemi sovrapposti e interconnessi, che ci fanno proiettano sull’orlo del precipizio.
Il libro in ogni capitolo mette in evidenza ognuna di queste “megaminacce”: economiche, finanziarie, politiche, geopolitiche, sanitarie, tecnologiche e climatiche. «Metterle insieme ci aiuta a capire come si sovrappongono e si rafforzano reciprocamente. Ci sono anelli di congiunzione tra l’accumulazione del debito con le relative trappole del debito, le crisi finanziarie, le pandemie globali, l’intelligenza artificiale, l’automazione del lavoro, la deglobalizzazione, gli scontri geopolitici, l’inflazione, la stagflazione, i tracolli delle valute, la disuguaglianza dei redditi, il populismo e il cambiamento climatico. Ognuno di questi fenomeni compromette la nostra capacità di affrontare gli altri».
Spoiler: senza un’incredibile botta di fortuna, una crescita economica quasi senza precedenti e un’improbabile cooperazione internazionale, non finirà bene.
Secondo, Roubini, bisogna uscire dai preconcetti, dal pensare che potremmo agire come abbiamo sempre fatto. «Non possiamo dare per scontato che l’automazione di certe mansioni porterà a posti di lavoro nuovi e migliori altrove, come è capitato spesso in passato. Non possiamo dare per scontato che abbassare le tasse, liberalizzare gli scambi e allentare le regolamentazioni scatenerà le energie economiche a vantaggio di tutti».
L’intelligenza artificiale eliminerà per sempre tanti posti di lavoro. Le disuguaglianze si aggraveranno, la de-globalizzazione non rallenterà, il populismo crescerà favorito dal diffuso senso di alienazione ed estraneazione.
«Oggi l’inflazione è troppo alta, qualche anno fa il problema era che c’erano troppi risparmi, oggi è il contrario. Solo pochi anni fa si pensava che gli interessi fossero troppo bassi, in alcuni casi erano addirittura negativi (es. Danimarca). Oggi le banche centrali alzano continuamente i tassi e questo determina una crescita del debito. Ma poi c’è un debito implicito dovuto all’invecchiamento della popolazione raggiunto, (il debito fra pubblico e privato è oggi il 420% del Pil mondiale, negli anni ’70 era in media del 100% nei Paesi industrializzati). Ne consegue che una crisi del debito è inevitabile.
Non possiamo dare per scontato che l’automazione di certe mansioni porterà a posti di lavoro nuovi e migliori altrove, come è capitato spesso in passato. Non possiamo dare per scontato che abbassare le tasse, liberalizzare gli scambi e allentare le regolamentazioni scatenerà le energie economiche a vantaggio di tutti
Nouriel Roubini
Prima il problema era l’eccessiva globalizzazione, oggi il rischio è la de-globalizzazione, l’interruzione delle catene del valore e degli approvvigionamenti». La natura del rischio economico-finanziario è molto diversa rispetto a solo 3/4 anni fa. C’è il problema della bomba nucleare dell’Iran che mette Israele di fronte alla scelta si può convivere con un vicino nucleare? Oppure bisogna attaccarlo? Ma se questo avvenisse determinerebbe uno shock per i prezzi petroliferi. Poi c’è la crisi Cina-Taiwan e poi ancora il cambiamento climatico: «si parla tanto, ma non si fa un bel niente. Sicuramente non si raggiungerà il limite di 2 gradi centigradi. La pandemia del Covid, non è la prima e non sarà l’ultima, né la più grave. L’intelligenza artificiale forse favorirà la produttività, ma anche la disoccupazione sia per i colletti bianchi, gli operai che per i creativi. Inducendo una crescita della disuguaglianza. I giovani non riusciranno a vivere come i loro genitori e questo farà crescere i partiti populisti, sono tutti fattori che sono inter-correlati. Si parla di permacrisi (crisi permanente) e di poli-crisi (economiche e non economiche che si auto-alimentano). Dobbiamo quindi svegliarci se vogliamo trovare delle soluzioni».
Nell’immediato, spiega la prof.ssa Antonella Tigrari, mi ha dato fastidio il contenuto del libro, il suo tono allarmista, ma leggendolo il mio punto di vista è cambiato. Sia il settore privato che quello pubblico hanno accumulato livelli di debito senza precedenti (vedi es. debiti pensionistici). Ne è conseguenza che una crisi del debito è inevitabile.
Le banche centrali si trovano ad affrontare le stesse fide degli anni ’70 (vedi stagflazione – stagnazione ed inflazione) con effetti soprattutto sui più vulnerabili (indice della miseria: una somma tra inflazione, tassi di interesse e disoccupazione). Ma l’effetto è molto più forte. Shock globali più livelli di crescita del debito si stanno intrecciando: è un bomba ad orologeria. Tutti gli elementi si stanno invertendo, stiamo andando verso un certo grado di de-globalizzazione. Con effetti sulla crescita dell’inflazione e sul debito. Reshoring (ricollocazione nei Paesi di origine) della produzione manifatturiera, guerra e guerra cibernetica, sono fattori a medio termine che riducono il potenziale di crescita e incrementano i costi di produzione. È un tempo in cui occorre fare delle scelte non ci sono strategie win-win, tutti bene, tutti vincenti: bisogna essere consapevoli, spiega Roubini, che «non è possibile avere emissioni zero e crescita economica (nel 2020 con la pandemia, la peggiore crisi economica, le emissioni sono diminuite solo del 9%)». Il cambiamento climatico agirà proprio facendo crescere la stagflazione. È un viaggio accidentato in una notte buia, ma dobbiamo affrontarlo.
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