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Nostro Signore dei tossici
Franco Branciaroli attore e autore, prende a prestito i suoi personaggi dal dramma di Antigone .
Sofocle, ma parla dei drammi di oggi. Un grande attore di teatro, Franco Branciaroli, che per l?occasione si cimenta anche come autore. Lo spettacolo teatrale ?Nostro Signore dei tossici?, che andrà in scena il 19 giugno al teatro Parenti di Milano, non passerà di certo sotto silenzio. La storia di Antigone che sfida le leggi dello Stato e il dittatore di Tebe, Creonte, per dare sepoltura al fratello Polinice, è la struttura mitica che aiuta Branciaroli autore a raccontare un dramma del nostro tempo: quello di Vincenzo Muccioli di fronte alla morte di Roberto Maranzano, picchiato selvaggiamente e ucciso il 4 maggio del 1993, nella comunità di San Patrignano. «Ho scritto questa storia perché si tratta di una vicenda che mi ha colpito molto. Mi ha colpito e non sono più riuscito a levarmela dalla testa perché pone interrogativi ultimi, questioni capitali», ci dice Branciaroli, «ci sono poche storie della realtà di oggi che possono essere portate in teatro ed è anche per questo che in scena si recitano sempre gli stessi testi. La vicenda Muccioli mi ha mi ha ispirato nella scrittura di un drammache racconta di un uomo coraggioso che per amore ha sfidato la legge degli uomini. Un uomo che per anni ha restituito l?anima alle persone. La struttura mitica, i personaggi di Sofocle aiutano a levar di torno l?equivoco di chi dirà è la storia di Muccioli. Ciò che più mi ha interessato, infatti, non è la storia di Muccioli, non è la sua storiache io racconto, piuttosto ho voluto far risuonare le grandi questioni ch?essa ha sollevato». Per portare in scena ?Nostro Signore dei tossici?, Franco Branciaroli, in questi mesi anche impegnato anche in Riccardo III, ha lavorato parecchio.
Lo spettacolo è stato montato nella comunità Exodus di don Mazzi, dove per mesi i ragazzi hanno recitato se stessi in un lavoro di laboratorio teatrale « È stato molto interessante e istruttivo lavorare con i ragazzi di Exodus», prosegue l?attore-autore di ?Nostro Signore dei tossici?, «perché recitavano la loro storia, il dramma della loro vita». Ora quel lavoro preparatorio è portato avanti da veri, anche se giovani, attori. Fra loro anche Gianluca Gobbi, Paola Bigatti e Antonio Zanetti. Lo spettacolo inizia con il dialogo fra Creonte (Muccioli), e Filone (un ragazzo della comunità). Il dialogo ricostruisce l?assassinio e le punizioni che venivano eseguite nella porcilaia di san Patrignano e prosegue spiegando le ragioni che hanno spinto Creonte a sfidare le leggi per salvare la città del sole. «In questo recinto dove non valgono le leggi dei cittadini», recita Branciaroli nel ruolo di Creonte, «io riformo queste pietre, restituisco ai sassi il mondo invisibile. Ho visto sorgere forme di vita qua dentro… La mandria disorientata farsi comunità e per tutta questa dignità c?è stato un solo morto!». La morte di Polinice quindi diventa un sacrificio, come quello di Cristo, che deve servire alla salvezza di tutti? Qui, Branciaroli si ispira più ad Antigone che non alla realtà, ma per il resto succede come nel mondo vero, dove il bene e il male si scontrano senza mai vincere l?uno sull?altro. L?assassinio che apre delle ferite profonde all?interno della comunità, le accuse a Muccioli, il timore che la legge dei giudici possa distruggere la città del sole. Nei monologhi di Creonte risuona il conflitto interiore di Muccioli.
«Senza la città del sole per voi non c?è vita… Dispersi sulle strade. Randagi. Nessuno che si interessi a voi, sconosciuti a chi si dovrebbe chiamare il vostro prossimo… la città del sole è l?unico strumento di difesa contro il male che inghiotte una dopo l?altra parti cospicue delle ultime generazioni…». La tragedia si conclude con la sconfitta di Creonte, la vecchiaia che arriva tutta di un colpo, la paure della morte «La forza del pitone che stritola, i ragni velenosi, i virus, i cannoni, il dolore di vivere e nascere e perdere la memoria di ciò che si è fatto di buono e cattivo, il male che dilaga laggù nella pianura, la mia pelle morale si è lacerata e la bontà mi ha trapassato…» Una tragedia che si chiude senza una riposta. Non si saprà mai se è giusto sfidare le leggi degli uomini per fare del bene agli uomini. Né se il sacrificio di Polinice-Roberto sia servito a qualcosa.
Branciaroli, infine, scuote la testa e dice :«Ma nessuno si accorgerà della storia che stiamo portando in scena. Diranno che questo non è teatro. In teatro si può solo recitare Riccardo III, ma guai a portarci la realtà…» ?
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