Ho appena letto l’articolo di Guerini su Vita, in relazione all’hastag di cui sopra. Mi trova in gran parte d’accordo e già da tempo meditavo una risposta che finora non ho avuto il tempo di dare.
Mi limiterò ad alcune brevi considerazioni.
1) Di tutte le imposte di cui si può discutere ve ne è una particolarmente complessa: l’Iva!
2) Come ricorda anche Guerini, si tratta di un’imposta unionale, soggetta ad obblighi di armonizzazione specifici. Non si possono introdurre esenzioni d’imposta che non trovino copertura nella VI Direttiva UE.
3) Di tutte le imposte, l’IVA è un’imposta complessa che deve tener conto di alcuni basilari principi. Tra questi vi è il principio di neutralità!
4) Tra le conseguenze di questo principio vi è l’impossibilità di detrarsi l’Iva assolta sugli acquisti relativi ad operazioni esenti.
5) Ciò significa che se sono un ente non profit che non svolge attività commerciale, potrei avere dei problemi a rapportarmi con il mio fornitore (o appaltatore come nel casus belli) che si troverebbe costretto a caricare sul prezzo finale il costo dell’Iva assolta a monte che non riuscirebbe a detrarsi[1].
6) Se sono un ente non profit che svolge attività commerciale, l’iva assolta sugli acquisti, in teoria, posso semplicemente detrarmela (è per questo che si dice neutra)!
7) Sul piano sistematico, mi sembra poi difficile strutturare un’esenzione che dipenda esclusivamente dalla specificità soggettiva del consumatore finale, anziché dalla specificità soggettiva del prestatore/cedente o dalle condizioni oggettive della prestazione/cessione. Al più ragioniamo, a valle, in termini di riduzioni dell’aliquota o di esenzione delle cessioni o prestazioni di servizi rese da enti non profit.
Spiace constatare come ancora non si sia colto quello che dovrebbe essere il cuore della riforma: il passaggio da una concezione improduttiva ad una produttiva del Terzo Settore. In quest’ottica, il vero traguardo non è rappresentato dall’esenzione dell’Iva sugli acquisti, ma dalla sua detraibilità perché collegata all’Iva percepita a valle da operazioni commerciali destinate ad auto-finanziare lo scopo di utilità generale! Parafrasando un recente articolo di Civiltà cattolica, l’obiettivo della Riforma è quello di riconoscere la funzione imprenditoriale del Terzo Settore accentuando, anche sul piano fiscale, il carattere «soggettivamente non lucrativo», anziché la sua oggettiva non lucratività. Si tratta di una scommessa strategica che implica un cambio di paradigma non solo per il Pubblico o per il Mercato, ma anche, e forse soprattutto, per il mondo non profit chiamato a dotarsi di strumenti giuridici e culturali inusuali. E tra questi, accanto ad esenzioni, deduzioni e detrazioni, forse è il caso di annoverare anche la detrazione dell’Iva ex art. 19 DPR 633/1972!
[1] Riportandoci sull’esempio del casus belli: se l’appalto relativo alla costruzione di un asilo nido fosse stato Iva esente, l’impresa edile si sarebbe trovata nell’impossibilità di detrarsi l’iva assolta sull’acquisto del calcestruzzo, dei mattoni, dei bagni, del tetto, ecc. Per la ditta appaltante quell’iva diventa un costo che va coperto con l’abbattimento di altri costi (la qualità dei materiali??!!) o un margine di ricavo più ampio (l’aumento del prezzo finale).
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