Mondo
Nonostante il Nobel a Santos il processo di pace è ancora in salita
Aumentano le incertezze nell’implementazione di una pace vera, complice anche la bocciatura dell’accordo al referendum del 2 ottobre scorso. E intanto i diritti umani continuano ad essere a rischio
Premiato per i suoi “risoluti sforzi” che dopo mezzo secolo di guerra civile hanno contribuito a condurre all'accordo di pace del 24 novembre con i guerriglieri filo-marxisti delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, il Presidente della Repubblica Juan Manuel Santos ha voluto dedicare il Nobel in primo luogo «alle vittime», sottolineando di ritirarlo «in loro nome», ma ha poi subito aggiunto che «appartiene anche» ai negoziatori di «ambedue le parti», e «alle Forze Armate» nazionali (premiando quel suo spirito guerrafondaio che nel 2008 come Ministro della Difesa lo portó a “bombardare” l’Ecuador per uccidere il comandante Raul Reyes, nell’operazione Fenix con aereo spia Usa).
«Signore e signori, c’è una guerra in meno nel mondo. Quella colombiana». Le parole sono risuonate sabato 10 dicembre nel municipio di Oslo per bocca del neo-Nobel per la pace Juan Manuel Santos.
Ma le incertezze nell’implementazione di una pace vera si espandono anche a quotidiani prestigiosi come Le Monde di Parigi Le président Santos, Nobel d’une paix à venir o New York Times, dopo il cataclisma della bocciatura dell’accordo al referendum del 2 ottobre grazie al forte sostegno dell’opposizione capitanata dall’ex-Presidente Santos insieme alla Conferenza Episcopale Colombiana schieratesi per il NO alla pace (come ha ben raccontato Andrea Riccardi sulle colonne del Corriere della Sera del 5 ottobre).
La comunità di Sant’Egidio ha diffuso un comunicato dove sottolinea che “E’ con gioia che la Comunità di Sant’Egidio saluta il conferimento del premio Nobel per la Pace al presidente colombiano Juan Manuel Santos. Si tratta di un forte sostegno al dialogo e al negoziato come uniche vie praticabili per giungere alla fine dei conflitti. Un segnale importante per un mondo in cui si è allargata in modo preoccupante, negli ultimi mesi, la terza guerra mondiale a pezzi di cui parla Papa Francesco. Ma al tempo stesso un grande impulso a continuare, in Colombia, il processo di pace tra il governo e le Farc, suggellato dagli accordi di Cartagena del 26 settembre scorso, al di là della battuta d’arresto costituita dalla vittoria dei “no” al referendum.
Il premio Nobel incoraggia il presidente Santos a proseguire un impegno «che abbiamo conosciuto e apprezzato, avendo svolto e continuando a svolgere, come Comunità, un’opera di facilitazione dell’incontro fra le parti in Colombia. Per il bene di questo grande Paese dell’America Latina non è possibile tornare ad una guerra che è durata 52 anni e che ha provocato oltre 200 mila morti e 5 milioni di sfollati».
Secondo l’autore di Perdere è una questione di metodo (Guanda, 1998), Vita felice del giovane Esteban (Guanda, 2001) e Una casa a Bogotà (edizioni e/o, 2016) – il colombiano Santiago Gamboa, il “no” ha vinto perché c’era molto in gioco, ma poco di interesse nazionale. «C’erano gli interessi economici di chi fa affari con la guerra; gli interessi di politici cui non sono stati concessi contratti e quote – ha aggiunto -. È la più bassa e ridicola politica. C’è un settore dell’estrema destra che vuole continuare a fare la guerra alle Farc e non vuole che sia senza armi».
Per Gamboa sul risultato del voto ha influito anche l’ignoranza di gran parte della popolazione: «L’ex presidente Alvaro Uribe è riuscito a convincere molti elettori che in caso di vittoria del no il Paese sarebbe diventato comunista. I promotori del “no” hanno sfruttato la grande ignoranza che c’è in campo politico. In Colombia molti cittadini sono poco istruiti e non contano su strumenti alternativi per reagire. Ora Uribe ha davanti un gran futuro politico. Può fare quello che vuole», conclude Santiago Gamboa.
Il settimanale progressista SEMANA proietta l’ex presidente di destra Alvaro Uribe (2002-2010) come possibile candidato presidenziale nelle elezioni del 2018 con un massiccio sostegno di quasi il 43% della popolazione.
Il comandante delle FARC Timoleon Jimenez arriva all’estremo di chiedere, «un governo nazionale di transizione per implementare gli accordi di pace».
Il capo dell’opposizione e lider del Centro Democratico Uribe non approva questi accordi e risponde al comandante maximo delle Farc che "l'abdicazione di Santos davanti alle Farc ha tracciato una strada che porta dritta al castrochavismo del Venezuela. "Non si firma la pace con un gruppo che vive e prospera trafficando in cocaina. Le Farc sono persone che posseggono grandi ricchezze, che hanno sequestrato, ucciso, fatto sparire migliaia di persone. Gente che non è disposta a sganciare neanche un centesimo per risarcire le vittime. Con il denaro che hanno accumulato in questo mezzo secolo sono in grado di raccogliere il più grande arsenale del mondo", conclude Uribe esprimendo un rifiuto generale verso le Farc anche da Washigton dove negli stessi giorni della permanenza di Santos a Oslo, ha incontrato vari rappresentanti repubblicani, ora molto vicini al neo Presidente Trump, come Marco Rubio chiedono di tagliare i milioni di dollari che Obama avrebbe stanziato per il post-conflitto.
Le vittime sono davvero al centro dell’accordo di pace?
La Colombia vorrebbe dare ora una lezione per il mondo lacerato dai conflitti, «per la Siria, lo Yemen o il Sud Sudan». Il discorso di Santos si e’ concentrato nell’ omaggio agli otto milioni di vittime del conflitto, la cui voce è stata cruciale per la pace. Di fronte a Ingrid Betancourt, Clara Rojas – conosciuti ostaggi delle Farc (a Clara le FARC hanno rapito il suo neonato Emmanuel, recuperato dopo 2 anni)– e lo scrittore Héctor Abad Faciolince, il cui padre è stato massacrato dai paramilitari, Leyner Palacio, sopravvissuta a un attacco bomba della guerriglia, Santos ha sottolineato come, paradossalmente, siano state queste ultime le più propense a «perdonare, riconcialiarsi, affrontare il futuro con il cuore libero d’odio».
Da circa 15 anni mi occupo di diritti umani in America Latina, lavorando anche nell’incidenza e lobby politica con il Sistema delle nazioni Unite che molte volte ascolta, riconosce e traduce le proposte della societa’ civile in politiche globali. Per capire il significato profondo di affermare perche’ Santos e’ un Nobel senza pace, mi collego a recentissime dichirazioni ONU.
Nel settembre 2015, l’Assemblea Generale ONU ha istituito la giornata del 9 Dicembre perché ricorre l’anniversario dell’adozione nel 1948 della Convenzione sulla Prevenzione e la Pena per i crimini di Genocidio (“la Convenzione sul Genocidio”). Questa giornata accresce la consapevolezza sulla Convenzione sul Genocidio e il suo ruolo nel combattere e prevenire i crimini di genocidio cosi’ come commemorare e onorare le vittime. “La prevenzione del genocidio è un obbligo specifico previsto dal diritto internazionale. I Governi devono lavorare su questo imperativo investendo in azioni preventive. Su questa osservazione internazionale, permetteteci di riconoscere il bisogno di lavorare insieme in accordo per proteggere gli individui da violazioni dei diritti umani e sostenere la nostra comune umanità”, ha dichiarato il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon.
In Colombia è in atto una guerra che provoca 94 omicidi di esponenti di gruppi che agiscono in difesa dei diritti umani nel 2016.
Una denuncia inquietante che potrebbe preludere ad una intensificazione di attentati ed eliminazioni già nella fase di disarmo della guerriglia secondo i tempi e le modalità previste negli accordi di pace appena entrati in vigore in Colombia. La denuncia l’ha presentata “Cumbre Agraria”, un raggruppamento che riunisce associazioni contadine, indigene e popolari del Paese dove si è appena concluso un lungo e complicato processo di pacificazione. Nel 2016 – e l’anno non è ancora terminato – si sono registrati 94 omicidi di esponenti di gruppi che agiscono in difesa dei diritti umani. E’ la cifra più altra degli ultimi sei anni, fanno notare gli estensori del rapporto, 31 casi in più rispetto al 2015.
Il rapporto che dettaglia gli assassini ed enumera chi sono le vittime è stato presentato al Governo colombiano, alle Nazioni Unite e alla Defensoría del Pueblo, un organismo previsto dalla costituzione della Colombia per verificare il rispetto dei Diritti umani.
Con le trattative prima, il cessate il fuoco poi e l’entrata in vigore degli Accordi di Pace come ultimo atto, il numero delle vittime di guerra è crollato. E’ aumentato invece quello delle vittime della pace, “la violenza sociopolitica contro i difensori dei Diritti umani, leader e dirigenti sociali e popolari” enuncia il rapporto, che oltre alle cifre sugli omicidi in aumento registra anche l’esecuzione di 46 attentati contro leader sociali, 302 casi di intimidazione e cinque sparizioni.
“Cumbre Agraria” punta l’indice contro “la presenza del fenomeno paramilitare sul territorio” dopo la smobilitazione massiccia avvenuta tra il 2003 e il 2006 e la liberazione di membri dei gruppi paramilitari che erano sorti per combattere la guerriglia.
Negli ultimi tempi vi sono stati da parte di gruppi paramilitari molte minacce di morte e di assassinii a dirigenti politici e di movimenti sociali. Gruppi paramilitari, Autodefensas Gaitanistas, Urabeños, Rastrojos, Ejércitos antirrestitución e Águilas Negras, sono presenti in molte zone della Colombia; specialmente nelle province/regioni di Meta, Guaviare, Norte de Santander, Santander, Atlántico, Cesar, Bolívar, Córdoba, Antioquia, Tolima, Caquetá, Choco, Cauca, Nariño, Valle del Cauca e Putumayo, ma non solo.
Recentemente il gruppo paramilitare ha minacciato di morte la dirigente portavoce di Marcha Patriótica, membro di Poder Ciudadano ed ex senatrice Piedad Cordoba. Lo scorso 22 novembre a Puerto López, nel comune di Bagre, Antioquia, leader comunitari, commercianti e persone comuni hanno ricevuto minacce da paramilitari che hanno dipinto le loro case con grandi croci nere. Marcha Patriotica ha denunciato che in novembre sono stati assassinati 5 loro militanti e uno, Hannier Hurtado risulta sparito dal 31 ottobre nella provincia della Valle del Cauca.
Zeid Ra’ Al Hussein, Alto Commissario dell’ONU per i Diritti Umani, in visita in Colombia, ha affermato il primo di dicembre che l’Accordo Definitivo assegna alla sua organizzazione un ruolo importante nella applicazione dei diritti umani. L’ONU dovrà quindi controllare e denunciare qualsiasi attacco, minacce o assassinii, contro i diritti umani. Attacchi che in questa fase sono, innanzitutto, portati avanti dai gruppi paramilitari.
L’esistenza di gruppi paramilitari che agiscono e colpiscono costituisce uno dei maggiori pericoli per la pace in Colombia.
Ma nel discorso a Oslo del Presidente Santos non fa nessun riferimento alle vittime del paramilitarismo come denuncia il Movimento di Vittime di Crimini di stato MOVICE (partner strategico di LIBERA di don Ciotti).
Movice (il suo portavoce e attuale Senatore Ivan Cepeda non viaggia all’ultimo mininuto a Oslo anche a causa di problemi interni alla sinistra che vorrebbe candidare alle prossime presidenziali del 2018, Jorge Robledo, che si e’ caratterizzato per il suo estremismo) “lamenta l’assenza di rappresentanti delle vittime di stato, in uno scenario emblematico come quello di Oslo. Le vittime in Colombia sono un amplio e diverso universo, como lo dimostrano le numerossisime sentenze internazionali per i massacri di La Rochela, Mapiripán, Santo Domingo, il Palacio de Justicia, o l’assessinato di Manuel Cepeda Vargas (padre di Ivan), e’ intollerabile, continuare a invisibilizzare queste vittime”.
Femminicidio è pace?
Il 25 novembre si è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
«La violenza contro le donne e ragazze è una violazione dei diritti umani ….il mondo non si puo’permettere di pagare questo prezzo», sottolinea Ban Ki-Moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite.
La senatrice Claudia Lopez (Verdi, in Colombia famosissima per i suoi libri sul paramilitarismo e controllo mafioso della politica) denuncia le nuove sfide generazionali della pace: «negli ultimi 31 anni tutti i gruppi armati hanno violato 15.770 vittime. Solo nell’arco di quest’anno, 2016, ci sono state 21.737 violazioni, 32 violazioni di minori di 15 anni avvengono ogni giorno».
L’ultima la triste storia del femminicidio di Yuliana, 7 anni, desplazada dal Cauca, sequestrata davani alla sua scuola, torturata, violentata e assassinata da Rafael Uribe, figlio di un ex ambasciatore a Washigton del Presidente Santos. La madre di Yuliana grida piangendo, «per i poveri non c’e’ mai giustizia»…
Il Summit delle Nazioni Unite sui Rifugiati e Migranti si è tenuto il 19 settembre 2016 al palazzo di vetro delle Nazioni Unite di New York.
I leader provenienti da tutto il mondo hanno riconosciuto lo stato di emergenza degli attuali flussi migratori e sono arrivati alla conclusione che bisogna trovare una soluzione per gestire al meglio i grandi movimenti dei rifugiati e dei migranti.
La dichiarazione di New York esige di «Proteggere i diritti umani di tutti i rifugiati e migranti, indipendentemente dal loro status. Questo include i diritti delle donne e delle ragazze e la promozione della loro piena parità e significativa partecipazione nella ricerca di soluzioni», e inoltre «Assicurare che tutti i bambini rifugiati e migranti ricevano un educazione costante, se possibile entro pochi mesi dal loro arrivo nel paese di accoglienza».
Nel reportage «Continua l’apartheid sociale. Hanno vinto i signori della guerra?», raccontavo la storia emblematica di una rifugiata interna…
Angela è una bambina di 5 anni, fa parte del popolo indigeno embera e domenica 30 ottobre ha viaggiato tutta la notte in bus per scappare da un enfrentamiento (scontro armato) nella sua contrada di Luisaralda, la incontro in pieno centro di Bogotá (carrera 7), alle 4,40 del pomeriggio di venerdi 4 novembre, scalza, affamata, malvestita nella fredda notte della capitale, porta sulle spalle il fratellino Alexander, 4 mesi , la accompagna la mamma Deisy, 20 anni, la paura della guerra nei suoi occhietti vispi, come quelli di migliaia di desplazados (rifugiati interni) che continuano ad arrivare ogni giorno a Bogotá. Telefono a quattro centri d’accoglienza per desplazados ma sono aperti solo fino alle 5.00 del pomeriggio come l’orario d’ufficio di qualche istituzione europea. Ecco l’ennesimo volto della segregazione che aggrava il conflitto sociale che con la guerra si trascina da 52 anni; il sindaco neoliberale Peñalosa ora e’ preoccupato della prossima costruzione faraonica della metropolitana ma non dei piccoli desplazados come Angela…
Un Nobel politico per riaprire gli accordi di pace “sospesi” in Colombia
Molti analisti considerano che il Premio Nobel per la Pace sia un mandato della comunità internazionale per spingere nella direzione di portare a termine gli accordi di pace firmati con le FARC il 26 settembre; la Norvegia infatti accompagna da oltre 4 anni i negoziati de l’Havana e pare abbia convinto la Reale Accademia a questa decisione strategica per firmare definitivamente un accordo ancora sospeso a causa del no del referendum, scrivevo su VITA il 7 ottobre scorso.
Il premio è un incoraggiamento a non gettare la spugna: l'accordo con la guerriglia è stato clamorosamente bocciato dal referendum popolare di domenica scorsa, ma il comitato per il Nobel norvegese ha voluto ugualmente premiare il presidente che il giorno dopo la sconfitta ha invitato le parti a partecipare a un ampio dialogo nazionale perché il processo di pace non muoia.
Sofia Gaviria, sorella del Governatore di Antioquia Guillermo, sequestrato durante una marcia non violenta e poi assassinato dalle FARC – ha partecipato alla Marcia Perugia-Assisi nel 2005, oggi come Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato ha dichiarato che «questo premio rafforza l’impegno per la pace che deve coinvolgere tutti per lavorare insieme».
Alirio Uribe, tra i difensori dei diritti umani più importanti a livello mondiale, come vice presidente della Federazione Internazionale FIDH e ex coordinatore Colectivo Abogados Alvear Restrepo e oggi deputato di sinistra dichiara: «Che il mondo intero sappia che ora come nunca-mai, la Colombia vuole la pace».
Il problema del narcotraffico sembra ipotecare questa pace ancora “rotta e instabile”, come ho sottolineato nell’analisi “Nuevo acuerdo de paz y el aporte de Papa Francisco en la lucha en contra de las mafias”. Addirrittura la Corte Penale Internazionale è pronta ad intervenire in Colombia dopo l’abbandono di vari paesi africani.
Il cammino per la pace in Colombia è ancora molto lungo e pieno di ostacoli…
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