Famiglia

Nonno Lino ha fatto il pieno di vaccini

Ha voluto seguire in prima persona la campagna per vaccinare otto milioni di bambini in Angola.

di Francesco Agresti

Il suo nome, quello d?arte, lo deve a Totò. Pasquale Zagaria da Andria, classe 36, prima di approdare allo spettacolo passa due anni in seminario per volere del padre che avrebbe preferito la carriera ecclesiastica a quella artistica. Ma Lino Banfi è una ?capatosta?, come direbbe lui, e pur di assecondare il sogno di fare l?attore lascia la natìa Puglia per tentare la fortuna a Roma. Una scommessa vinta: decine di film all?attivo, una popolarità guadagnata sul campo a suon di battute e consolidata dagli ultimi successi televisivi. Da settembre sarà di nuovo sugli schermi prima con una fiction sulle adozioni, poi con la sesta edizione della fortunata serie Un medico in famiglia. In questi anni ha spesso dedicato parte del suo tempo a iniziative sociali. “Ho girato quasi tutte le carceri italiane”, racconta mentre sorseggiamo una bibita fresca in un bar tra il Teatro delle Vittorie e la sede della Rai. “Venivo invitato da mio fratello maggiore, che faceva il secondino, mi chiedeva di portare un po? di buonumore dietro le sbarre”. Spesso, senza che nessuno glielo chieda, va a visitare i bambini ricoverati nei reparti oncologici. Quello tra Banfi e i più piccoli è un legame forte, spontaneo, “in cui credo”, sottolinea, e per il quale ha deciso di accettare la proposta di diventare ambasciatore dell?Unicef. Vita: Com?è avvenuto l?incontro con l?Unicef? Lino Banfi: E’ nato per caso. Due anni e mezzo fa sono stato contatto dal presidente, Gianni Micali, il quale era rimasto colpito da una scena di una puntata della serie Un medico in famiglia, in cui dicevo alla mia nipotina Annuccia: “Perché butti il gelato, con il costo di quel gelato avremmo potuto aiutare un bambino in Africa, avremmo potuto farlo vaccinare”. Micali mi disse: “Visto che lanci dei messaggi a favore dei bambini più poveri senza che nessuno te lo abbia chiesto, perché non diventi ambasciatore Unicef ?”. Accettai subito. Vita: Come ha pensato di utilizzare la collaborazione con l?Unicef? Banfi: Ho raccolto informazioni su coloro che mi avevano preceduto, il primo fu Danny Kaye, uno straordinario attore comico statunitense; lui sosteneva che i bambini del mondo che soffrono hanno bisogno di un sorriso, questa cosa mi era rimasta impressa e così decisi di continuare l?opera di Kaye, facendo sorridere i bambini che ne hanno bisogno. Vita: Ha partecipato a delle missioni? Banfi: Sì, a due. La prima dopo sei mesi dalla nomina di ambasciatore di buona volontà. Sono andato in Eritrea, nei campi profughi allestiti a seguito del conflitto con l?Etiopia. Ho avuto modo di vedere la tristezza di un Paese appena uscito da un conflitto, condizione che a volte è anche peggiore di quella che la popolazione vive durante gli scontri armati. Le autorità locali e i funzionari dell?Unicef rimasero colpiti dal fatto che pur non parlando inglese, né tantomeno la lingua locale, riuscivo a farmi capire dai bambini, a farli sorridere. Rimasi in Eritrea per poco più di una settimana. Al termine del viaggio i pezzi grossi della politica locale si chiesero: “Ma come ha fatto questo? Arriva dall?Italia, non sa una sola parola della nostra lingua e nonostante ciò è riuscito a far sorridere i nostri bambini.Come mai gli altri non ci sono riusciti?”. Vita: Dove è andato per la seconda missione? Banfi: In Angola. Lì sono andato per constatare come venivano impiegati i sette milioni di dollari donati dall?Unicef per vaccinare otto milioni di bambini. Ho visto una nazione che stava venendo fuori gradualmente da 23 anni di guerra civile. Una nazione ricchissima di uranio, diamanti, e di molte altre risorse in mano a gente assurda, che se ne approfitta, ruba e se ne va. Vita: Come faceva a far ridere i bambini senza conoscere la loro lingua? Banfi: Mi facevo dire come si diceva pelato, grasso, pancione, lo ripetevo e loro mi seguivano. In Angola ?careca? vuol dire calvo, ?garco? grasso, poi dicevo ?garco careca?, e li invitavo a ripetere quello che dopo qualche secondo diventava un ritornello che cantavamo tutti insieme. Nel frattempo si era sparsa la voce, la mattina dopo negli altri villaggi aspettavano il mio arrivo, mi chiamavano avo Lino, nonno Lino. Vita: Ha avuto modo di vedere da vicino come lavora l?Onu? Banfi: Sono stato invitato al Palazzo di vetro quando c?è stato l?incontro tra tutti gli ambasciatori dell?Unicef nel mondo. Ne ho approfittato per sottolineare come noi possiamo con poco fare molto, non solo invitando a fare delle donazioni. Dovremmo impegnarci per far capire ai bambini che facendo a meno del laccio delle scarpe di un loro pupazzo possono contribuire a rendere migliore la vita di un bambino che soffre. Questo messaggio semplice, quasi banale, piacque molto a Kofi Annan che promise di prenderlo come suggerimento e farlo adottare anche ad altri personaggi. Vita: Che idea si è fatto dei problemi che affliggono l?Africa? Banfi: Secondo me più che di aiuti in soldi, medicinali, hanno bisogno di strutture, c?è bisogno di specialisti, di tecnici, che insegnino a chi abita lì come costruire un pozzo artesiano, come rendere l?acqua potabile. Vita: Può, in conclusione, tracciare un bilancio sulla sua esperienza nei panni di ambasciatore Unicef? Banfi: Sono senz?altro io che ci guadagno, anche se andare in Africa non è una cosa semplice. Quando sono stato in Angola, ho dovuto fare cinque vaccinazioni, sei ne avevo già fatte per andare in Eritrea, non sono cose facili da sopportare alla mia età, però l?ho fatto volentieri. Mi sento ripagato da questa esperienza, che è un piccolo gesto per dare un senso alla fortuna che ho avuto nella mia vita. Info: Per donare all?Unicef: telefono 800.745000, c/c postale 745000 c/c bancario 505010 presso Banca Etica (Abi 5018, Cab 12100) online su www.unicef.it


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