Welfare

Nonni, zii, fratelli: il diritto alla famiglia allargata vale per tutti gli adottati

La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge sulle adozioni in casi particolari nel punto in cui non riconosce il legame giuridico con i parenti dell’adottante. Il caso sollevato dalle Famiglie Arcobaleno

di Sara De Carli

Tutti i bambini adottati, anche quelli tramite adozione in casi particolari, hanno da oggi gli stessi diritti dei bambini adottati con adozione piena: il legame giuridico viene cioè riconosciuto anche con i parenti dell’adottante. Avranno nonni e zii quindi, ma anche fratelli nel caso in cui, all’interno di una coppia dello stesso sesso i bambini siano figli biologici di uno e adottivi dell’altro, in una stepchild adoption incrociata. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale nell’udienza pubblica del 23 febbraio – si può rivedere tutta l’udienza qui esaminando la questione di legittimità costituzionale delle nome che escludono, nelle adozioni di minori “in casi particolari”, l’esistenza di “rapporti civili” tra il bambino adottato e i parenti dell’adottante: si tratta in particolare dell’articolo 55 della legge n. 184 del 1983 in combinato disposto con l’articolo 300, secondo comma, del Codice civile.

La sentenza deve essere ancora depositata, ma la Corte costituzionale ha già reso noto che «le disposizioni censurate sono state dichiarate incostituzionali nella parte in cui prevedono che “l’adozione non induce alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante”. La Corte ha affermato che il mancato riconoscimento dei rapporti civili con i parenti dell’adottante discrimina, in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, il bambino adottato “in casi particolari” rispetto agli altri figli e lo priva di relazioni giuridiche che contribuiscono a formare la sua identità e a consolidare la sua dimensione personale e patrimoniale, in contrasto con gli articoli 31, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». Se è chiaro che la decisione della Corte vale per tutte le adozioni future e per le sentenze di adozione in corso di definizione, bisognerà attendere la lettura della sentenza per capire esattamente se questa decisione vale anche per le sentenze di adozione già passate in giudicato.

Alle origini del caso

Il caso portato davanti alla Corte è quello di M. M. e S. V., due uomini uniti in unione civile. Il ricorrente aveva chiesto l’adozione di una minore, figlia biologica del partner, chiedendo che fosse riconosciuto il legame di parentela della minore anche con i parenti dell’adottante. Il giudice del Tribunale per i minorenni di Bologna aveva riconosciuto l’adozione, ma non l’esistenza di un legame con i parenti del genitore. Da qui la questione della legittimità costituzionale. Secondo i ricorrenti questa scelta sarebbe in contrasto con principio di parità di trattamento di tutti i figli, nati all’interno del matrimonio, fuori dal matrimonio e adottivi (la legge 219/2012 ha sancito l'uguaglianza di tutti i figli, mentre prima si distingueva tra figli legittimi e figli naturali) e impedirebbe al minore di godere pienamente della sua vita famigliare.

La battaglia sull’illegittimità costituzionale della disciplina dell’adozione in casi particolari, nella parte in cui non prevede l’instaurarsi del legame di parentela con la famiglia dell’adottante, è stata portata avanti in particolare dall’associazione Famiglie Arcobaleno e dalla Rete Lenford, ma ovviamente oggi questo traguardo riguarda tutti i bambini adottati ex articolo 44 della legge 184.

Angelo Schillaci, professore associato di Diritto pubblico comparato presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università La Sapienza di Roma fa parte del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno e ha contribuito insieme a questo team e agli avvocati difensori della coppia alla stesura dell’atto di costituzione in Corte dei due papà, da cui tutto questo ha avuto origine. «L’effetto della sentenza è molto chiaro. Fino ad ora l’effetto di un’adozione in casi particolri era quello di indurre un legame solo con l’adottante ma non anche con i parenti di questo. Adesso invece l’adozione in casi particolari avrà effetti identici a quelli dell’adozione piena. Effetti pieni significa che non solo vengono adottati ma vengono inseriti in una famiglia di origine», spiega. È un passo importante per le famiglie arcobaleno «perché dal 2014 in poi l’adozione in casi particolari era l’unico strumento consolidato nella prassi per dare tutela giuridica ai loro figli». Ci sarebbero altri modi, puntualizza Schillaci, come la trascrizione del certificato di nascita per un bambino con due papà nato all’estero da gestazione per altri oppure nel caso di un bambino nato in Italia con fecondazione eterologa i Comuni potrebbero formare atti di nascita con due mamme: «Ci sono sentenze di merito che hanno confermato questa impostazione, ma l’adozione in casi particolari si è consolidata nella giurisprudenza perché è stata indicata come lo strumento residuale per il riconoscimento della doppia genitorialità. Il suo limite grosso però è che dava luogo a situazioni paradossali. Per esempio quando in una coppia omogenitoriale ci sono due bambini, ciascuno figlio di uno dei due e adottato dall’altro, questi due bambini non erano fratelli fra loro perché il legame adottivo si ex articolo 44 si stabiliva solo con l’adottante, ma non con i suoi parenti. Questa cosa ora viene superata e i bambini avranno nonni, zii, fratelli… legami che giù esistono ma diventano ora tali anche per il diritto».

La crescita delle adozioni in casi particolari

L’adozione “in casi particolari”, ex articolo 44 della legge 184, non riguarda infatti solo i figli delle famiglie arcobaleno ma anche bambini orfani, con disabilità, che già vivono con il coniuge del genitore biologico, bambini non altrimenti adottabili. Secondo l'lX Rapporto del Gruppo CRC le adozione “in casi particolari” pronunciate nel 2018 sono state 667: 20 erano minorenni orfani di padre e madre, uniti agli adottanti da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, anche di affidamento; 421 erano i minorenni figli anche adottivi dell’altro coniuge; 2 quelli con disabilità; 271 coloro per cui è stata constatata l’“impossibilità di affidamento preadottivo”. Nel 2019 le sentenze di adozione in casi particolari sono state 628 e quelle di adozione nazionale 865. Qui sotto lo storico.

«Le adozioni piene derivanti da stati di adottabilità sono in diminuzione, mentre crescono le adozioni per casi particolari», spiega Grazia Cesaro, presidente dell’Unione Nazionale Camere Minorili. «L’adottabilità derivante da accertamento della irreversibilità dell’abbandono e della condotta genitoriale è sempre più rara e la stessa giurisprudenza CEDU ha messo paletti molto più rigidi per l’interruzione dei rapporti con la famiglia d’origine, dando una spinta maggiore alle adozioni miti, che prevedono il mantenimento di un legame tra il minore e la famiglia di origine. Sono uno strumento duttile, a misura di bambino, che sta permettendo di dare più garanzie a minori con situazioni familiari in cui ci sono legami affettivi. Bene ha fatto la Corte a vedere nel mancato legame con la famiglia allargata un vulnus rispetto al principio di uguaglianza di tutti i figli. È molto importante il principio riportato nel comunicato circa l’importanza delle relazioni giuridiche che contribuiscono a formare l’identità e la dimensione personale e patrimoniale del ragazzo, facendo una valutazione del benessere del minore a 360 gradi, con il riconoscimento pieno di tutti i suoi diritti».

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