Luoghi di incontro
Nonantola, una comunità che ha l’accoglienza nel dna
Durante la Seconda guerra mondiale, in un Comune in provincia di Modena, una settantina di giovani ebrei provenienti dall’est europeo vennero sottratti dalle persecuzioni nazifasciste grazie al sostegno solidale della popolazione. Quella stessa comunità oggi si impegna in un circolo Acli per offrire ospitalità diffusa ai migranti

Quanto conta la memoria di un luogo nella vocazione della sua comunità? A sentire la storia di Nonantola, poco più di 16mila abitanti in provincia di Modena, verrebbe da rispondere: tutto. Accento inconfondibile e la semplicità di chi pensa di non aver fatto niente di speciale, Eugenio Veronesi e Libero Severi raccontano la genesi di un circolo Acli che ha l’accoglienza nel dna,
La scintilla scocca nel 2016, quando un folto gruppo di cittadini decide di organizzarsi in comitato per rispondere all’annuncio di una nuova ondata migratoria. «Una cultura dell’accoglienza era già presente nella storia della nostra città», raccontano Veronesi e Severi. Il riferimento va ai “ragazzi di Villa Emma” del 1942: «Un medico e un sacerdote sostennero, durante la Seconda guerra mondiale, l’opera di salvataggio di un gruppo di una settantina di giovani ebrei, provenienti dall’Est europeo, sottraendoli alle persecuzioni nazifasciste e ai campi di concentramento, fino alla salvezza in territorio svizzero. Per un anno i ragazzi poterono condurre a Nonantola una vita abbastanza serena, con il sostegno solidale della popolazione. Con l’occupazione fascista, furono messi in salvo, affidati a una trentina di famiglie locali e altri nascosti nel seminterrato del seminario».

La solidarietà a volte è passarsi un testimone. «Quando ci siamo trovati di fronte a una ondata migratoria che interessava il nostro piccolo paese, è stato quasi naturale attivarsi. Abbiamo accolto 79 migranti, cercando di sistemarli in edifici che potremmo definire di “ospitalità diffusa”. Abbiamo cercato di renderci utili nel rispondere alle esigenze primarie di chi si trova catapultato in una comunità nuova e sconosciuta: la regolarizzazione dei documenti, la ricerca di un lavoro e di una casa, una squadra di calcio per sentirsi parte di un contesto di socialità libera».
Le proposte che funzionano hanno le gambe per crescere: i progetti di Anni in fuga, il nome del circolo, guardano oggi alle istanze che arrivano dal territorio, dai gruppi di acquisto solidale al Piedibus a quel che serve mettere in campo per tutti i soggetti fragili (donne, giovani e persone con disabilità). «Abbiamo accolto dei bimbi del Saharawi dieci giorni in agosto, promuoviamo dibattiti sui temi dell’ecologia, sul problema idrico e sulle grandi personalità del Novecento». Nella Taverna del pensiero lungo gestita dal circolo, ci si scambia racconti e pensieri, tracce di mondi lontani che cuciono un presente nuovo all’insegna del confronto: qui il tè con donne di varia nazionalità è un appuntamento fisso. Molti dei migranti di qualche anno fa vivono ancora a Nonantola, «c’è chi ha una famiglia, un lavoro, qualcuno ha comprato casa». La testimonianza che l’integrazione è possibile e non si ferma: «Per permettere alle mamme con background migratorio di frequentare la scuola di italiano, abbiamo appena creato un piccolo gruppo di volontari per un asilo nido informale». Anni in fuga ma con una mano tesa, proprio come era accaduto ottant’anni fa ai ragazzi di Villa Emma.
La partecipazione è in crisi? Non proprio. È boom di adesioni all’Arci e alle Acli, crescono i circoli, i numeri superano i dati pre-pandemia (li abbiamo messi in fila in un approfondimento sul magazine di febbraio). Che forma ha la promozione sociale oggi? Perché abbiamo bisogno di un posto fisico in cui incontrarci? Per rispondere a queste domande, ci siamo messi in viaggio e abbiamo intercettato alcuni dei circoli Arci e Acli che in Italia uniscono gruppi di persone in nome di un’idea. Questo articolo è il quinto di una serie intitolata “Luoghi di incontro”. Leggi anche:
Perché abbiamo bisogno di un posto in cui incontrarci: sei best practice
FuckCancer Choir, c’è cura anche fuori dai luoghi di cura
Qui Vipiteno, dove l’aggregazione supera barriere storiche
Il cinema più piccolo al mondo ha fatto rinascere un borgo
Le fotografie sono del circolo Acli Anni in Fuga
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.