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Non tutta l’accoglienza è uguale: a Brescia chiuso centro gestito da una coop

La Prefettura di Brescia ha disposto il trasferimento di 15 richiedenti asilo dopo una denuncia sulle scarse condizioni igieniche e l'assenza di acqua potabile da parte di alcuni comitati

di Marco Dotti

Non basta dire "accoglienza". Il passaggio dalle parole ai fatti è delicato e si gioca tutto sul discrimine tra mezzi e fini.

Così, nelle scorse ore, in provincia di Brescia è stata chiusa dalle forze dell'ordine una cascina adibita a ospitalità per richiedenti asilo. Quindici ospiti sono stati trasferiti, in seguito a una denuncia sulle «condizioni disumane» in cui a quanto pare versavano i richiedenti asilo.

Perché? Nello stabile nei pressi di Desenzano, in una cascina affittata e gestita dalla cooperativa Olinda, secondo la denuncia si riscontrerebbero assenza di condizioni igieniche dignitose e la mancanza dell'acqua potabile, oltre al fatto che ai richiedenti asilo non sarebbe stato corrisposto il pocket money di 2,50 euro al giorno previsto dalla legge.

La cooperativa ha sempre ribattutto che tutto era nella norma e ogni controllo non aveva rilevato irregolarità, ma i comitati locali (Forum anticapitalista bresciano, Rifondazione Comunista e comitato Senza Confini: non certo dei filogovernativi, a riprova che la posta in gioco è la dignità non il gioco delle parti) hanno parlato di "condizioni disumane", circostanziando tutto in una denuncia.

La polizia locale nelle scorse ore ha raccolto documentazione – consegnata alla Prefettura, che ora valuterà sul rispetto di regole e contratti -, testimonanze e fotografie sulle condizioni igienico sanitarie dello stabile.

I migranti sono stati immediatamente trasferiti in altre stutture. E la Prefettura – evidentemente convinta della gravità della situazione – ha chiuso in via definitiva il centro ospitato dalla cascina affittata dalla coop.

Non è il primo caso in Lombardia. Temiamo non sarà l'ultimo.

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