Welfare

Non solo donna, non solo straniera: identikit della colf

Sono almeno mezzo milione, di cui un quinto italiane. Lo rivela una ricerca Inps-Caritas. Ma uno su 10 è maschio. Qunto alla classifica per nazioni, le Filippine perdono il primato

di Gabriella Meroni

?Immigrazione e collaborazione domestica: i dati del cambiamento?: con questa ricerca, condotta con la collaborazione della Caritas Italiana e dell’equipe del ?Dossier Statistico Immigrazione?, l’INPS ha voluto richiamare l’attenzione sul mondo della collaborazione familiare, ?leggendo? in chiave di analisi socio-economica i dati presenti sui propri archivi, a partire da quella che costituisce la categoria più numerosa tra i lavoratori immigrati. In Italia, in particolare negli ultimi decenni, è andato aumentando il bisogno di assistenza nelle famiglie, anche a causa del maggior ruolo lavorativo delle donne, passate dalla linea di impegno ?casalinga-madre-moglie? a quella ?lavoratrice-madre-moglie?. A ciò si aggiunge la maggior domanda di assistenza esterna sviluppatasi, nel contesto del generale invecchiamento della popolazione, specialmente da parte di chi vive privo di rete familiare: ciò avviene per gli ultrasessantacinquenni in 4 casi su 5. Anche se solitamente si parla di donne, in un quinto dei casi si tratta di maschi. Tra gli immigrati dall’Est Europa e dall’America Latina i maschi, nel settore della collaborazione domestica, non raggiungono neppure il 10%; ma i filippini salgono al 25%. Oggi gli immigrati addetti al settore della collaborazione familiare, sommando i circa 150.000 già assicurati all’INPS alla fine del 2002 e i quasi 350.000 regolarizzati nel corso del 2003, dovrebbero essere almeno mezzo milione. Il condizionale è d’obbligo perché bisogna verificare se al pagamento iniziale dei contributi in occasione della regolarizzazione abbia fatto seguito la continuità nei versamenti: è ben noto all’INPS quel ?fenomeno carsico? per cui la contribuzione degli immigrati scompare e riappare nel corso della loro permanenza in Italia; oltre ai datori di lavoro che interrompono il pagamento vi sono poi quelli che hanno sempre evaso questo obbligo, come si rileva anche dai risultati delle indagini ispettive. Alle colf immigrate si aggiungono solo 100.000 italiane, sempre meno presenti nel settore, che appare di scarsa attrattiva in termini di considerazione sociale, retributivi, di impegno temporale e anche di onerosità delle prestazioni. Prevalgono le persone che vengono dall’Est: sono circa 268.000, il 55% del totale. Al primo posto troviamo l’Ucraina con più di 100.000 addette, 20.000 in più rispetto alla Romania, cinque volte di più rispetto alla Polonia. L’Asia è rappresentata con 81.000 persone e l’America Latina con 72.000 (rispettivamente il 17% e il 15% del totale), mentre all’Africa spetta un decimo degli addetti (49.000). Le Filippine (47.000) fino a pochi anni fa di gran lunga il primo gruppo, sono ora precedute da Ucraina (104.000) e Romania (81.000), ma vengono a loro volta prima di Polonia (35.000), Ecuador (31.000), Moldavia (28.000) e Perù (25.000). Con 15.000/18.000 unità troviamo l’Albania (nazione che predilige il lavoro nell’agricoltura, nell’industria e in altri servizi), lo Sri Lanka (un gruppo che ha dato buona prova di sé nel settore e non a caso è il secondo per numero di presenze) e il Marocco, paese che si confronta con un inserimento abbastanza innovativo rispetto agli sbocchi tradizionali dei suoi maschi (nel 2002 sono state 10.000 le domande presentate da persone marocchine per questo settore). Questi lavoratori trovano occupazione in tutta Italia: per il 47% nel Nord (231.000), per il 34% nel Centro (169.000) e per il 19% nel Meridione (91.000). Le due regioni con un numero di colf sulle 100.000 unità sono il Lazio (112.000) e la Lombardia (94.000): con 30.000/50.000 addetti troviamo la Campania, l’Emilia Romagna, il Piemonte e il Veneto. L’incidenza delle colf immigrate è di 1 ogni 118 residenti: si va da 1 su 46 nel Lazio a 1 su 714 in Sardegna. E’ improprio inquadrare le colf come ‘ragazze’: solo 3 su 10 hanno meno di 30 anni. La regolarizzazione del 2002 ha posto in evidenza che l’età media di chi assiste anziani e malati si avvicina ai 40 anni e li supera nel caso delle ucraine (43 e mezzo). Mentre le più giovani sono le marocchine (30,5), le rumene, le peruviane e le albanesi (32 anni). Questa diffusa presenza ha funzionato da calmiere dei costi, con enormi vantaggi anche per la collettività. Si è calcolato che il ricorso a una cosiddetta ?badante?, come alternativa al ricovero, sia fonte di un risparmio di 200 euro al mese per ogni persona assistita: rapportato ad almeno 100.000 persone a livello nazionale, il risparmio per le famiglie sarebbe di 240 milioni di euro l’anno. Presenti in grande numero e disponibili alla tutela delle famiglie italiane, ma anch’esse bisognose di tutela: per questo l’Inps sottolinea l’obiettivo di una più completa e continua copertura contributiva delle collaboratrici familiari immigrate.


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