Disabilità & Impresa
Non solo collocamento mirato, le persone con disabilità vogliono essere (anche) imprenditori
Quando si parla di disabilità e lavoro, c'è un argomento che nessuno tocca mai: l'autoimprenditorialità. Se anche la legge 68/1999 e il collocamento mirato funzionassero benissimo, non bastano. Ma se per il lavoro dipendente esistono tutele e incentivi, per l'imprenditore con disabilità molti meno. La ragione? La presunzione di inadeguatezza. È ora di cambiare prospettiva, e qualcosa sta cambiando dice Paolo Bandiera (Aism). In questo senso il nuovo “Progetto di vita” è «una grande opportunità da cogliere»
di Alessio Nisi
Lavoro e persone con disabilità? La parola più usata è ancora oggi “chimera”. Nelle relazioni al Parlamento sulla legge 68/1988 che ha da poco compiuto 25 anni si rincorrono anno dopo anno i dati relativi ai tassi di scopertura, elevatissimi pure nella Pubblica Amministrazione e quelli della preferenza, dura a morire, per il versamento di una multa piuttosto che assumere. L’evasione e l’elusione raggiungono punte del 70%. Ci sono i problemi relativi alle possibilità di inclusione lavorativa per le persone con difficoltà cognitive o con bassa scolarità e sul versante opposto quelli di persone con disabilità che hanno alti livelli di formazione (dall’anno accademico 1999/2000 al 2019/20 nelle università il numero di studenti con disabilità è quadruplicato, passando da 4.443 a 17.073), ma che pure non riescono ad avere un lavoro stabile.
E poi c’è un argomento che nessuno tocca mai: la legge 68/1999 e il collocamento mirato, se anche funzionassero benissimo, non bastano. L’accesso al mercato del lavoro da parte delle persone con disabilità non può essere circoscritto a questo canale, pure importante. Bisogna fare in modo che il principio della partecipazione delle persone con disabilità al mondo del lavoro trovi piena applicazione, sia dal punto di vista dell’accesso e del mantenimento del lavoro dipendente, sia dal punto di vista della possibilità di auto imprenditorialità e dell’esercizio della libera professione.
«Come Fish e come Aism abbiamo da tempo messo l’accento sul fatto che vi sia uno sbilanciamento di tutele e di misure di incentivazione tra lavoro subordinato e lavoro imprenditoriale e lavoro di tipo libero professionale nel mondo della disabilità», spiega Paolo Bandiera, direttore affari generali e relazioni istituzionali dell’Associazione italiana sclerosi multipla – Aism, esperto del centro studi giuridici Handylex della Federazione italiana per il superamento dell’handicap – Fish, uno dei cinque componenti dell’Osservatorio nazionale disabilità, all’interno del quale è coordinatore del gruppo “Progetto di vita”.
Squilibrio
Per Bandiera c’è stata un’accentuazione di questo squilibrio nel corso della pandemia, durante la quale «la situazione dei lavoratori liberi professionali con disabilità è stata criticissima», perché, sottolinea, «sono mancati sostegni. tutele e formule di protezione».
Nel mondo del lavoro, per le persone con disabilità, c’è uno sbilanciamento di tutele e di misure di incentivazione tra lavoro subordinato e lavoro imprenditoriale e lavoro di tipo libero professionale
Paolo Bandiera, direttore affari generali e relazioni istituzionali Aism
Norme e diffidenza
Uno stato di cose che per il direttore affari generali e relazioni istituzionali di Aism deriva «da un contesto normativo – regolatorio» e anche dalla «resistenza nel concepire che persone con disabilità possano avviare attività di impresa».
Quella discriminazione che resta nell’ombra
Gli effetti di questa situazione si traducono in «difficoltà nell’accesso a mutui, a finanziamenti, a istituti di garanzia di credito»: episodi di discriminazione che «dovremmo fare emergere», ma che tuttavia restano nell’ombra. Perché? Perché rispetto all’accesso al mercato libero inteso come attività di professionale imprenditoriale, spiega Bandiera, «abbiamo una carenza di conoscenza, pochi dati e quelli che abbiamo sono frammentati».
Dal Pnrr e dalle regioni sostegno all’imprenditorialità
Secondo l’esperto del centro studi giuridici Handylex di Fish, «qualcosa però si sta muovendo». Alcune regioni, tra cui Veneto e Lombardia (con la misura Dote unica lavoro), dal 2020 in poi hanno iniziato a prevedere fondi dedicati all’auto imprenditorialità, «percorsi che favoriscono l’imprenditoria, in qualsiasi ambito questo ambito: dalla ristorazione all’accoglienza turistica, alla creazione di un’azienda agricola».
Anche il programma Garanzia occupabilità lavoratori – Gol (azione di riforma prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – Pnrr), «prevede la possibilità di sostenere i percorsi legati all’auto imprenditorialità per persone con disabilità». Però, aggiunge sempre Bandiera, «non abbiamo abbastanza informazioni per sapere in che misura queste persone abbiano avuto accesso a questo genere di prestazioni».
Incentivi e accompagnamento all’attività di impresa
In questo quadro, la Fish si sta muovendo a livello normativo con una serie di proposte, tra cui «incentivi per sostenere la possibilità di intervenire rispetto alle casse professionali con meccanismi di favore, sostegno e accompagnamento a cui possano accedere le persone con disabilità. Stiamo anche ragionando sulla possibilità che ci possano essere delle figure di affiancamento, sostegno e facilitazione che accompagnino la persona nel preparare colloqui di lavoro, come in contesti aziendali, per superare eventuali barriere che si potessero presentare e per accompagnare l’attività dell’impresa».
Non solo lavoro dipendente
Come coordinatore dell’Osservatorio nazionale disabilità, aggiunge poi, «vedo con grande fiducia e favore che in questa prima sperimentazione del “Progetto di vita” si parli di lavoro non circoscritto soltanto a quello dipendente». Leggi anche QUI.
La presunzione di competenza. «Con la riforma della disabilità stiamo sviluppando un modello psicosociale che vuole dare attenzione al funzionamento del contesto», cercando di portare «il principio della libertà di scelta», spiega infatti Bandiera. Per lui è importante «non partire da una presunzione di incompetenza delle persone con disabilità», con la conseguenza «di dover andare a verificare nel concreto se vi siano delle condizioni per poter attivare una tipo di percorso libero professionale.
È necessario partire invece dalla presunzione opposta», evidenzia, «per cui una persona con disabilità, come qualsiasi altro imprenditore, dovrà fare una valutazione di mercato. Non vedo barriere precostituite, ma parti di una valutazione della persona e del suo talento, un quadto multidimensionale».
Dobbiamo superare il paradigma sulla disabilità in termini di presunzione di inadeguatezza per l’esercizio dell’attività di impresa, una patente discriminazione rispetto al principio di uguaglianza dei diritti
Paolo Bandiera
Formazione e consapevolezza
Il superamento del paradigma di inadeguatezza è per Bandiera il punto di partenza per un qualsiasi ragionamento sul rapporto tra disabilità e impresa, «dobbiamo fare formazione, informazione e abilitare le persone per avere consapevolezza del fatto che questo è un percorso possibile. Altrimenti ci si autolimita. Per quanto la legge 68/1998 sia importantissima e sia un canale che non deve essere depotenziato, dobbiamo garantire l’accesso al mercato aperto».
Penso che un’attività imprenditoriale, proprio in quanto mette in gioco profondamente la persona, richiede un approccio confezionato sulla persona. Credo molto nel “Progetto di vita” e al suo interno dobbiamo certamente lavorare anche su questo piano
Paolo Bandiera
Garantire parità di accesso al mercato
Un mercato, ragiona, «sempre più libero e fluido. Dopo la pandemia abbiamo registrato una mobilità estrema. Non solo. L’avvento dell’intelligenza artificiale sta scardinando le professioni tradizionali. Per questo dobbiamo garantire alle persone con disabilità la stessa possibilità di operare in un mercato del lavoro aperto e dinamico».
In tutto questo, il “Progetto di vita”, aggiunge, è una grande opportunità da cogliere. «Da una parte abbiamo bisogno di costruire progetti confezionati con la persona, dalla persona e sulla persona. Dall’altro dobbiamo mettere a disposizione le risorse, a oggi un po’ disarticolate, discontinue e non organiche».
Disabilità&Impresa, un racconto su VITA
La scelta dell’auto imprenditorialità è una sfida, che nel caso delle persone con disabilità non coinvolge solo le competenze e il mercato, come dovrebbe essere, ma anche una burocrazia ancorata a schemi prevalentemente assistenziali e un pregiudizio di inadeguatezza, duro da demolire. Da oggi su VITA parte un grande racconto che darà voce a imprenditori e liberi professionisti con disabilità e alle loro storie di libera autodeterminazione. Tra i protagonisti, dopo Davide Cervellin, cieco da quando aveva 16 anni, imprenditore agricolo e guida della Tiflosystem, ci saranno Gianni, paraplegico dopo un incidente in moto, che ha inventato un propulsore elettrico per carrozzine e ha creato un’impresa che oggi esporta in tutto il mondo e Aldo, persona con atrofia muscolare, regista, che si occupa di comunicazione in ambito sociale e aziendale. Scriveteci le vostre storie a redazione@vita.it
In apertura e nel testo foto dell’Associazione italiana sclerosi multipla – Aism
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