Qualche anno fa lo ammise persino Steve Jobs: “Non siamo perfetti”. Lo disse in riferimento a un problema riscontrato in una delle sue creature tecnologiche, poi comunque destinata ad avere un grande successo in tutto il mondo.
Una frase che fa effetto, senza dubbio. Specie se pronunciata da un personaggio di quel calibro. Una frase che potrebbe però fare il suo effetto anche in molte altre occasioni e sulla bocca di molte altre persone, forse di tutti. Perché riconoscere che siamo limitati, che siamo “condannati” a una bellissima e sana imperfezione per tutta la nostra vita, è tanto banale quanto difficile. Richiede una elevata dose di consapevolezza, a mio avviso, forse più ancora che di umiltà.
Un’occasione in cui ascolterei volentieri quella frase è durante la presentazione di un’iniziativa di responsabilità sociale da parte di un’azienda. O anche di un bilancio sociale. E più l’azienda è grande e impegnata su questo fronte, più la ascolterei volentieri. Magari proprio all’inizio, prima di presentare dati, risultati, politiche, strategie.
Il fatto è che non mi è mai capitato, e credo me lo ricorderei, nonostante di presentazioni sulla csr e di bilanci sociali mi sia fatto ormai una discreta esperienza. Ciò che accade di solito, infatti, è esattamente il contrario. Del tipo che si esordisce con espressioni come “ce l’abbiamo nel Dna“, con riferimento ovviamente all’approccio responsabile al proprio business.
Poi però può accadere, e a volte accade, che qualcuno nel pubblico, o anche in remoto magari via Twitter, faccia una semplice domanda per chiedere all’azienda che “ce l’ha nel Dna” di dare risposte sulla tal situazione controversa, sul tal episodio discutibile, sul tal contenzioso in essere, sul tal rapporto col tal fornitore o sub-fornitore caduto in disgrazia o sulla tal qualunque altra cosa in cui l’azienda non è stata propriamente perfetta – a volte neanche lontanamente – e in cui il fatto che “ce l’ha nel Dna” non traspariva in modo particolare…
Ora, ci sono aziende, grandi e piccole, note e meno note, che in effetti – anche se non si può dire che siano la maggioranza… – dimostrano un impegno autentico per migliorare il proprio business in chiave csr su moltissimi fronti. A volte è un impegno quasi commovente, di chi ci crede veramente. E non è difficile avvertirlo, anzi.
Ci sono aziende, per dire, che ogni anno migliorano le proprie performance sociali e ambientali in modo consistente, talora sorprendente. Che hanno mille attenzioni, alle grandi e alle piccole questioni di csr. E ascoltano, studiano, si confrontano, imparano ogni giorno come essere migliori, più responsabili. Ci sono, insomma, aziende eccellenti dal punto di vista della responsabilità sociale. E, soprattutto, ci sono aziende che di fronte alla domanda di cui sopra sanno rispondere e anche molto bene. Facendo cioè capire che hanno assolutamente presente la situazione, il problema. Che sono entrate nel merito e che lo stanno affrontando e quanto prima sapranno dare ulteriori informazioni. Che sono aperte al dialogo, all’engagement, e che non hanno niente da nascondere. Anzi, parlarne per loro è un modo per essere trasparenti e quindi anche più socialmente responsabili.
Ma allora…perché non iniziare subito a dare quelle risposte senza attendere le domande? Perché non presentare prima le questioni più controverse e solo successivamente parlare di dati, risultati, politiche, strategie? Perché proporsi, e troppo spesso va esattamente così, come un’azienda che si percepisce e vuol essere percepita come perfetta, la migliore, che ha tutto a posto, che non ha più nulla da imparare e tutto da insegnare, perché appunto lei la csr “ce l’ha nel Dna”?
Come non esistono e mai esisteranno persone perfette, così è anche per le aziende, che fino a prova contraria di uomini e donne sono fatte. A maggior ragione così è per quelle impegnate nella csr. Accettarlo è l’inizio di un cammino di responsabilità sociale ma è allo stesso tempo un programma di lavoro e un obiettivo da raggiungere, sapendo che non lo si raggiungerà mai in modo definitivo.
Avanzo allora una piccola proposta, chissà se qualcuno vorrà accoglierla. Alla prossima presentazione sulla csr, sarebbe bello che qualcuno iniziasse col dire: “Non siamo perfetti, siamo in cammino“. Credo che da lì in avanti sarebbe proprio un bell’ascoltare.
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