Mondo

Non si può morire di calcio

Tredici ragazzini sono stati catturati dai jihadisti nel quartiere di al-Yarmuk, a Mosul, e trucidati in piazza a colpi di mitragliatrici perché avevano visto la partita di Coppa d’Asia Giordania-Iraq

di Marco Marcocci

Lo scorso 12 gennaio il calendario della Coppa d’Asia, la manifestazione calcistica tuttora in corso in Australia, regalava agli appassionati del pallone l’incontro tra Iraq e Giordania, un match interessante non solo dal punto di vista sportivo.

Due Paesi musulmani, con una tradizione calcistica differente: emergente in Giordania, alla ricerca della giusta serenità in Iraq.

Per la cronaca la partita è finita con la vittoria dei “Leoni di Babilonia”, che hanno battuto di misura la rappresentativa giordana con una rete del centrocampista Yaser Kassim intorno alla metà del secondo tempo.

Sciaguratamente la partita è stata trasmessa dalle televisioni di mezzo mondo e purtroppo tredici ragazzini iracheni hanno guardato la partita e per questo sono stati uccisi.

La violenza dell’Isis ha colpito ancora e questa volta la motivazione, o meglio il pretesto, è stato il fatto che chi siede davanti alla TV per assistere ad una partita di calcio viola la sharia.
Così i tredici ragazzini sono stati catturati dai jihadisti nel quartiere di al-Yarmuk, a Mosul, e trucidati in piazza a colpi di mitragliatrici.

Secondo quanto riportato ieri sul proprio sito web dagli attivisti di “Raqqa is being slaughtered silently” (Raqqa viene macellata in silenzio), l’esecuzione sarebbe avvenuta il 12 gennaio e “i cadaveri sono rimasti esposti a terra e i genitori non hanno potuto recuperarli per timore di essere uccisi dai jihadisti”. Si apprende inoltre che prima dell'esecuzione, le milizie dell'Isis hanno annunciato quanto stavano per commettere con un megafono, dicendo che i ragazzini avevano commesso un crimine.

Non è la prima volta che gli appassionati di calcio subiscono violenze di questo tipo da parte dei gruppi terroristici. Durante il mondiale dello scorso anno, infatti, i Boko Haram avevano messo a segno un attentato in Nigeria provocando 21 morti e 27  feriti tra coloro che stavano seguendo in diretta TV Brasile-Messico. Poco dopo il fischio di inizio un attentatore suicida si fece  esplodere in mezzo alla folla di tifosi che si trovavano davanti uno schermo all’aperto in una cittadina nello stato di Yobe, nel nord della Nigeria.

Secondo i terroristi islamici il calcio costituisce uno degli strumenti con cui l’Occidente cerca di corrompere i fedeli e distruggere l’Islam. Peccato però che i musulmani “normali” apprezzano il calcio che, tra l’altro, è uno sport in crescita in quasi tutti i Paesi musulmani e sforna talentuosi calciatori che militano anche in formazioni occidentali. Inoltre il calcio attrae ingenti capitali dalla finanza islamica e molti club europei, tra quelli più blasonati, sono di proprietà di musulmani.

Insomma, il calcio resta uno sport, il terrorismo rimane violenza.


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