Formazione

Non si deleghi all’industria l’educazione alimentare

Il ministero di Istruzione, università e ricerca aderisce a un programma di formazione nelle classi gestito dai big della produzione di alimenti. “Le strade giuste sono altre”, indica il celebre oncologo dell’Istituto dei tumori Franco Berrino

di Daniele Biella

L’accordo è fresco: dall’anno scolastico 2012-2013 è attivo il programma di educazione alimentare Il gusto fa scuola, promosso da Federalimentare con l’avallo del Miur, Ministero di Istruzione, università e ricerca, tramite un protocollo d’intesa firmato lo scorso 25 luglio dal ministro Francesco Profumo e il presidente della Federazione italiana dell’industria alimentare Filippo Ferrua Magliani. In tutto sono coinvolti 77mila scuole, per 1,6 milioni di alunni: nel sito web collegato all’iniziativa, tra le varie sezioni si possono trovare informazioni utili su salute e stili di vita, sostenibilità alimentare e alcuni consigli ai giovani per mantenersi in forma. “Ma è sbagliato delegare all’industria l’educazione alimentare”, interviene l’oncologo Franco Berrino, già direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e noto a livello internazionale per le sue linee guida per una corretta dieta anti-cancro. Mercoledì 5 dicembre 2012 a Milano, in una serata dedicata proprio al tema nutrizione a scuola chiamata ‘Dalla parte dei bambini’, Berrino ha parlato davanti a 300 persone e altrettante collegate in streaming.

Perché il Miur è arrivato a stringere un accordo di collaborazione di formazione scolastica sul cibo proprio con l’industria alimentare?
Principalmente per ignoranza, nel senso che al ministero sembra non conoscano i tanti studi in materia su quanto sia controproducente delegare all’industria alimentare un tema importante come l’educazione scolastica, dato che molti cibi del settore sono scorretti per una sana dieta, in particolare nell’età scolastica. È un tema politico prima di tutto, quindi: il ministero dovrebbe affidarsi ad altri attori.

Quali, per esempio?
Una soluzione che noi raccomandiamo è riconoscere il valore educativo generato dalla diffusione dei Gas, Gruppi di acquisto solidale, e in generale di tutte quelle esperienze che facilitano il rapporto diretto con il produttore in carne ed ossa (una delle esperienze attive in tal senso è ‘Per una pedagogia della terra’, in alto a destra il link all’articolo, ndr) . Dico questo nella logica che bisogna uscire dall’imperialismo pubblicitario del mercato delle multinazionali del cibo, dei supermercati e della mentalità da fast food: si facciano conoscere agli studenti i cibi veri, è questa la strada che consigliamo al ministero, per difenderli dall’aggressione mediatica.

L’industria promuove comunque azioni di prevenzione alimentare. Non è pensabile una collaborazione?
Certo che lo è, così come è nell’interesse dei grandi marchi produrre cibi sani o fare informazione per un consumo responsabile, si vedano per esempio le azioni di Rio mare o Nestlé, che approfittano del grande mercato dell'Expo 2015 per introdursi nelle scuole. Però già il punto di partenza è difficile, perché il cibo spazzatura rende di più a livello economico, quindi scegliere strade alternative per loro rientra comunque in una logica di mercato, quella della vendita dei prodotti.

Dal punto di vista della scuola, quali azioni si possono mettere in campo?
Per quanto riguarda il programma in questione, se il ministero ha deciso così, si possono però mettere in guardia presidi, insegnanti e genitori sui rischi di una tale collaborazione e sull’opportunità di evitare ingerenze dannose. Hanno buon gioco le aziende interessate a dire ‘non mangiate più di due merendine al giorno’ oppure ‘non bevete più di due coche al giorno’, perché l’importante per loro è il consumo medio, ovvero che tutti ne consumino un po’. Riguardo a questo, noi continueremo a lavorare per aumentare la coscienza generale e raccomandare l’utilizzo di prodotti alimentari non dannosi per la salute.

Oggi la crisi morde e le famiglie diminuiscono la spesa per il cibo. C’è il pericolo che guardino ancora di meno alla genuinità di quello che comprano?
Per evitare questo la raccomandazione è affidarsi a una dieta prevalentemente vegetale, che comunque non pesa in modo eccessivo sulle famiglie e permette di stare bene. Intendo prodotti semplici come farro, orso, riso, legumi e cibi a base di grano. Inoltre oggi il biologico è arrivato a un buon grado di competitività e quindi va scelto, anziché lasciarsi vincere dal cibo spazzatura.

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