Non profit

Non si dà credito ai giovani

Microcredito Cosa rivela il Quarto rapporto realizzato da Borgomeo &C.

di Maurizio Regosa

Sempre meno prestiti d’onore e incentivi per gli studenti. Il microcredito stenta a decollare e penalizza gli under 30 G iovani, salutate il microcredito. Ne avete goduto (sobriamente) in passato ma ora chissà? È uno risultati del Quarto rapporto sul microcredito in Italia , dettagliata analisi curata dalla c.borgomeo & co (e pubblicata da Rubbettino) che senza mezzi termini parla di «sostanziale blocco delle iniziative per gli studenti». Il prestito d’onore, ad esempio, negli ultimi anni ha consolidato un segno negativo (passando dai 65 milioni del 2006 ai 48,3 del 2007). Né è andata meglio sul fronte delle nuove iniziative: dei 13 programmi diventati pienamente operativi nel 2007 (anno su cui si concentra l’indagine), solo tre si sono concentrati sugli studenti: quello del ministero per le Politiche giovanili (ma poi il governo Prodi è caduto) e i prestiti fiduciari messi a punto dall’università di Urbino e di Camerino (per un massimo sul triennio di 15mila euro). Come se il sistema avesse smesso di “puntare” sui giovani e sulle loro possibilità. Un peccato, ovviamente. Tanto più in tempi di crisi e di difficoltà generalizzate.

Effetto nicchia
Un trend che si spiega, almeno in parte, con la difficoltà del microcredito di uscire dalla nicchia. E questo nonostante le performance positive che può vantare. Se si dà uno sguardo ai risultati degli 81 programmi attivi nel 2007 (19.490 beneficiari per un valore totale di 225 milioni di euro), si ha la conferma di una potenzialità che è pronta ad esprimersi. Prendete Smoat, il Sistema di microcredito orientato assistito in Toscana, che è stato voluto dalla Commissione etica regionale e garantisce il finanziamento del 100% (e una adeguata assistenza) ad aspiranti imprenditori. Se nel primo anno, il 2007, ha avuto risultati lusinghieri (103 prestiti erogati), nel secondo, il 2008, ha fatto bingo. Come conferma Daniela Sole di Fabrica Ethica, «nell’anno appena concluso sono stati deliberati 295 finanziamenti per un totale nel biennio di 5 milioni 254mila euro. Pratiche che hanno avuto un impatto occupazionale significativo: se 295 sono stati i progetti approvati, 507 sono stati i nuovi posti di lavoro». Ottima la performance anche dal punto di vista della restituzione del debito: su un totale di 398 finanziamenti (erogati per attività molto eterogenee, come ad esempio la vela-terapia per persone con disabilità, la produzione di saponi naturali, il riciclo di capi d’abbigliamento), in soli due casi si registrano difficoltà («in entrambi però la ragione è un lutto», puntualizza Sole).

Ammortizzatore sociale
Indici che farebbero sognare qualsiasi banchiere e che la dicono lunga sulle potenzialità del microcredito, che potrebbe svolgere un ruolo importante come ammortizzatore sociale “sul campo” (consentendo a chi ha un progetto di trovare le risorse per avviarlo, contribuendo così allo sviluppo complessivo e uscendo da una situazione di precarietà). L’essenziale però, come si sottolinea nelle «Considerazioni finali» dell’indagine, è che la consapevolezza diffusa della sua importanza si traduca nella normalità di una pratica: il microcredito dovrebbe essere «per chi vuole avviare un’attività, un prodotto ordinario delle nostre banche, come avviene in altri Paesi».


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