Salute

Non servono medicine per vincere l’Aids

Ventinove milioni di sieropositivi non sono solo un dramma per l’Africa: sono un problema economico. Perché Hiv e povertà sono ormai inscindibili

di Carlotta Jesi

Contro certi effetti dell?Aids, un cocktail di farmaci antiretrovirali da solo non basta. Anche se i 29 milioni di sieropositivi africani, contati dall?Onu a fine 2000, riuscisse a prenderli, infatti, il virus non sarebbe sconfitto. I suoi effetti economici e sociali continuerebbero a infettare ogni aspetto della vita e le potenzialità di sviluppo dei Paesi poveri.
La tesi non è nuova. Ma i dati che le ong Coopi, Cisp, Cosv, Intersos e Movimondo presentano al convegno ?Aids, una grande sfida allo sviluppo dei popoli?, per la prima volta danno un?idea del tragico impatto che l?Aids ha sotto l?equatore. Sulle famiglie dei sieropositivi, dove nei sei mesi successivi al decesso di un adulto le spese per il cibo diminuiscono del 32 per cento aggravando la malnutrizione infantile. E sull?economia, rovinata. Come dimostra il caso Kenya: con 2 milioni di sieropositivi e 700mila decessi per Aids l?anno, nel 2005 il Pil del Paese sarà del 15 per cento più basso.
Sono cifre che, purtroppo, parlano chiaro: garantire l?accesso ai farmaci nei Paesi in via di sviluppo, una necessità che anche i Paesi membri del Wto hanno deciso di anteporre al profitto delle multinazionali durante il quarto summit dell?Organizzazione mondiale del commercio di Doha, è solo il primo passo per sconfiggere l?Hiv. Per riuscirci davvero, spiega Marina Madeo del Coopi, «bisogna spezzare il circolo vizioso fra Aids e povertà: da un lato la malattia aggrava le condizioni di vulnerabilità delle persone, dall?altro, lo stato di povertà e il conseguente scarso accesso alle terapie, aumenta le possibilità di essere esposti al contagio». Come dire: se non interveniamo sulle cause economiche e sociali del virus, la malattia continuerà a essere una minaccia per lo sviluppo dei popoli.
Medico e responsabile dei progetti del Coopi, la Madeo di popoli su cui pende l?incudine dell?Aids ne ha visti tanti. L?ultimo in ordine di tempo è stato quello dello Zimbabwe, nel 1998. «La metà dello staff dell?ospedale in cui lavoravo era sieropositivo, il 95 per cento dei pazienti anche. La cosa di cui hanno più bisogno? Oltre alle medicine, formazione e prevenzione. Interventi che i governi devono realizzare con le ong, che in genere sono le più vicine alla popolazione colpita».
Sul ruolo della società civile nella lotta al virus, le cinque ong che fanno parte del forum Solint, non hanno dubbi: cooperare con i governi e le istituzioni internazionali perché il rispetto dei diritti umani, il carattere sinergico fra prevenzione e terapia e le campagne di educazione sanitaria diventino priorità nella lotta all?Aids. Per rendere più efficace l?impegno italiano, inoltre, Cisp, Coopi, Cosv, Intersos e Movimondo, in conformità con quanto stabilito a giugno 2001 durante la Sessione speciale sull?Hiv delle Nazioni Unite, propongono di attivare un osservatorio sugli impegni assunti dall?Italia in cui siedano ong e rappresentati dei governi. Il convegno ?Aids, una grande sfida allo sviluppo dei popoli? promosso dal Forum Solint si tiene il 27 novembre, dalle 9, all?Istituto di politica internazionale, in via Clerici 5, a Milano.
Info: Coopi, numero verde 800.117755

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