Non ho vissuto la stagione “d’oro” del volontariato fra gli anni ’70 e ’80: l’emersione del fenomeno, la sua forza aggregante, la capacità e la radicalità di unire oltre le ideologie. Ne vivo un’altra, quella attuale, iniziata già da diverso tempo. In essa le molte criticità che gravano sull’attività delle organizzazioni di volontariato -in termini di capacità di innovarsi e di essere forza viva e di cambiamento nel Paese- non nascondono l’enorme e profonda ricchezza culturale e sociale che esso rappresenta ed esprime.
Non l’ho vissuta quella stagione, ma con sana curiosità da anni studio e ripercorro quegli anni, cercando di capire il valore di alcune delle cose che accadevano. E in che modo erano dirompenti.
Ieri ho seguito a Roma il convegno che ricordava Maria Eletta Martini: dirigente delle organizzazioni giovanili cattoliche, fu staffetta partigiana in Lucchesia e grande testimone della stagione Costituente. Da politica e parlamentare ebbe il merito di accompagnare ed adeguare la legislazione italiana ai grandi cambiamenti culturali e sociali che viveva l’Italia, primo fra tutti quello relativo all’emersione del fenomeno del volontariato e dell’intero terzo settore, fondando poi il Centro Nazionale per il Volontariato che ha sede a Lucca. Erano anni in cui i politici, o almeno parte di loro, pur con i loro difetti, sapevano di cosa parlavano.
Lo so, oggi va di moda “rottamare” il passato e guardare al futuro: sicuramente non può fare che bene al nostro Paese un certo cambiamento politico (ma sarà poi anche economico, sociale, culturale? E inciderà veramente su un Paese a sovranità economica e monetaria sempre più limitata?). E, piaccia o non piaccia, è inevitabile che vengano messi in discussione tutti gli esponenti di primo piano della recente e meno recente storia politica. Non mi riferisco tanto al “fenomeno Renzi”, ma all’atteggiamento diffuso di insofferenza da parte della gente comune nei confronti di tutti i politici. Il ciclone è in azione, e anche se Bersani domenica batterà il suo avversario alle primarie, dovrà farci i conti.
Ma insieme all’acqua sporca si rischia di gettare via anche i “bambini” che erano nati e che potrebbero contribuire a far rialzare la testa all’Italia: non parlo delle persone, ma delle idee. Molte di esse sono nella pratica quotidiana del terzo settore e sono, per fortuna, viste con attenzione da certi politici. Altre sono state dimenticate.
Ieri ho ascoltato due grandi testimoni e protagonisti di quella vecchia storia: Mons. Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan e l’ex senatore e giurista Nicolò Lipari. Ricordavano Maria Eletta Martini in chiave “futura”. I due vivono con straordinaria lucidità quell’età in cui ci si può permettere di dire come stanno le cose senza paura di essere presi per pazzi o per ragazzini. E lo possono fare in virtù della loro enorme cultura sociale e giuridica. Per ragioni diverse non piacciono a tutti le loro parole, ma credo che si farebbe bene a riflettere su quello che dicono.
Per esempio quando Lipari dice che “la stagione che si apre deve condurre il mondo del volontariato da un lato ad uscire da un territorio esclusivo, dall’altro ad abbandonare modelli di comportamenti connotati da una doverosità sacrifica. Deve diventare paradigma dell’azione di ciascuno all’interno di ambiti collettivi, ciascuno deve esprimere una necessaria dimensione di gratuità”. O quando, osservando la stagione “forte” del volontariato, afferma che “il volontariato non deve limitarsi ad essere alibi dell’esistente, ma lievito del cambiamento”.
Oppure ancora quando Mons. Pasini afferma, riferendosi a Maria Eletta quanto fosse una donna “preoccupata più di aprire ponti che di alzare barricate. Non è esagerato affermare che la ripetuta riconferma dei suoi incarichi fosse il riconoscimento che ha svolto i suoi mandati parlamentari come servizio e non come privilegio”. E fu lei stessa che ad un certo punto rinunciò per fare spazio alle nuove leve.
Abbiamo raccolto un pezzetto dell’eredità storica di Maria Eletta Martini nel numero di Volontariato Oggi disponibile gratuitamente. Molte delle idee per cui si batteva, e per cui viaggiava su e giù per l’Italia, sono ancora molto attuali. La loro forza risiede nell’essere utili a tutti, qualsiasi cultura politica si possieda. Non sono un manifesto d’eredità, ma un possibile strumento per chi abita la politica o la società civile per cambiare e migliorare. Non rottamiamole, usiamole.
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