Economia
Non Profit:sfida in cinque mosse
Il portavoce uscente del Forum permanente del Terzo settore, Luigi Bobba, traccia il bilancio di sei mesi di braccio di ferro con il Palazzo. E ci guida alla scoperta dei prossimi appuntamenti .
di Luigi Bobba
Se il 1997 del Terzo settore verrà ricordato probabilmente per l?approvazione della legge sulle Onlus, questo 1998, arrivato a metà strada, attende ancora la definizione di una serie di provvedimenti che potranno cambiare il panorama del non profit, sia in termini economici che politici. I prossimi mesi saranno decisivi per sapere se il Terzo settore avrà più possiblità di agire e di far sentire la propria voce nel nostro Paese. E tutto questo dipenderà da alcune questioni rimaste ancora in sospeso.
La legge sull?associazionismo
Questa legge, che dovrà dare riconoscimento giuridico alle associazioni di promozione sociale, ha già un proprio testo unificato che ha ricevuto il parere favorevole di tutte le commissioni competenti. Potrebbe quindi avere la cosiddetta legislativa, cioè essere discusso articolo per articolo nella commissione Affari Costituzionali della Camera, e poi andare al voto in Aula, dove si spera non venga modificata. Si tratta di una normativa necessaria, che darà finalmente un volto alla famiglia più numerosa del non profit, che riunisce qualcosa come 100 mila associazioni: tutte quelle che non sono né di volontariato, né Ong, né cooperative sociali, né associazioni sportive né politiche, sindacali o di categoria. Tutto bene, dunque? No, perché la legge ha trovato sul suo cammino due ostacoli di tipo – manco a dirlo – economico: il primo in commissione Bilancio, al Senato, dove la copertura finanziaria (20 miliardi) è stata dirottata, ma sarebbe meglio dire ?scippata?, a favore delle associazioni degli ex combattenti. E senza copertura finanziaria, niente legge. Se ne sta cercando un?altra, ma ci vorrà tempo. Il secondo ostacolo è venuto dal ministro delle Finanze Visco, che ha espresso dubbi sulla possibilità, prevista dalla normativa, che anche le associazioni di promozione sociale possano essere destinatarie di liberalità come le Onlus. Per Visco questo comporterebbe uno sbilancio, cioè più di 50 miliardi di copertura. Ma come fa il ministro a dirlo, se ancora non si sa quante saranno le associazioni riconosciute, e quante donazioni potrebbero ricevere? Purtroppo è evidente che una certa cultura del sospetto non è morta. E ancora una volta, se si parla di quattrini tutto si rimette in discussione. Speriamo che entro l?estate gli ostacoli vengano rimossi e si approvi la legge.
Le fondazioni
La legge che trasforma le fondazioni bancarie (ora alla competente commissione Bilancio e finanze del Senato) non dovrebbe trovare più intoppi. Le obiezioni che ne avevano rallentato l?iter sono state superate, e gli unici problemi sono legati ai tempi tecnici. Avere questa legge operativa sarebbe fondamentale per il non profit. Essa obbliga, con incentivi fiscali, le Fondazioni a dismettere il controllo di maggioranza delle banche: le fondazioni diventerebbero così di natura privata, e dovrebbero destinare il 60% del loro patrimonio ad attività di interese pubblico o di sostegno della comunità locale. L?occasione è di notevole portata: si calcola che il patrimonio dismesso superi i 50 mila miliardi, e che ci possano essere, a operazione ultimata, circa 3000 miliardi di finanziamenti per il non profit. Per avere tutto questo sembra che manchi poco. Forse meno di un mese.
La sussidiarietà
Dopo il fallimento della commissione Bicamerale le possibilità che si torni sul discorso sussidiarietà non sono molte. Al di là di questo, e della petizione promossa dalle 120 associazioni che sta girando per l?Italia, credo che il principio di sussidiarietà possa essere introdotto in altri modi, e cioè nella definizione di leggi che stanno per essere approvate: tra breve si avvierà la discussione della legge di riforma dell?assistenza, che prevede una quota di responsabilità per gli enti non profit; poi sono in dirittura di arrivo i testi unificati della Bassanini 1 e 2, sul rapporto tra amministrazione pubblica e privati. Qui le materie che riguardano volontariato e non profit sono state delegate alle Province, quindi questo sarà un banco di prova di come si intende il rapporto tra il sistema pubblico e privato sociale; il terzo banco di prova saranno le leggi di riforma del collocamento, il decreto 469; le regioni hanno tempo fino al 19 luglio per emanare leggi sul collocamento regionale, con l?apertura, prevista per legge, ai privati. La battaglia sulla sussidiarietà non è affatto chiusa. Si tratterà di vigilare sulla sua corretta applicazione.
L?authority
Non si capisce come mai si siano accumulati questi ritardi nella costituzione dell?authority sul non profit, che la legge 460 prevedeva dovesse nascere entro il 31 dicembre 1997. Questo ritardo è a dir poco scandaloso. Senza contare che non si è ancora capito quali poteri dovrebbe avere questo organismo, che molti vorrebbero ridurre a mera consulta tecnico-fiscale. Recentemente proprio dalle colonne di ?Vita? il presidente in pectore di questa troppo futura authority, il professor Carlo Borzaga, auspicava un ampliamento dei poteri e criticava alcuni esponenti del non profit che avrebbero impedito i necessari strumenti finanziari perché questo avvenisse. Io non sono contento del fatto che il Parlamento abbia dato una delega monca, in cui sono previsti solo tre poteri: interpretare la titolarità dei soggetti Onlus e non commerciali, prevenire gli abusi nelle raccolte fondi televisive e non, stendere una relazione annuale al Parlamento. Sono d?accordo con Borzaga quando auspica una authority più forte: il problema è che il Parlamento ha disposto altrimenti, contro la nostra volontà. Sulla questione dei fondi: il Parlamento non ha riscritto un apposito capitolo di bilancio, che pure c?era nel testo ordinario, cancellandolo con una improvvida votazione. Ma perché, mi chiedo, le altre authority italiane godono di finanziamenti statali, e solo quella del non profit avrebbe dovuto autofinanziarsi? Il risultato comunque è che la futura authority non avrà poteri sanzionatori, non potrà intervenire contro eventuali violazioni. Questa è la realtà dei fatti. Ma ciò che è grave che pure così dimezzata, questa authority non abbia ancora visto la luce.
Il non profit soggetto politico
Si è parlato nei giorni scorsi del non profit come soggetto politico; abbiamo condiviso l?iniziativa di Sergio D?Antoni, che ha auspicato la nascita di un Forum sociale, perché ha a che fare con la nostra radice culturale, ma già da tempo abbiamo costruito un soggetto autonomo, il Forum del Terzo settore, che ha una unità d?intenti e di azione anche maggiore di quella dei sindacati. Comunque staremo a vedere. Tra poco verificheremo il peso del Terzo settore sulle scelte di governo: mi riferisco ai punti sottoscritti dal presidente Prodi a Padova nel suo patto con il Terzo settore. Se questi troveranno spazio nel collegato alla Finanziaria avremo raggiunto un risultato concreto. Ma la soggettività politica del Terzo settore si misura anche dalla sua capacità di autorganizzazione, e iniziative come la carta delle donazioni e la banca etica dimostrano che questo soggetto comincia a dare risposte nuove con capacità propria, senza aspettare leggi o padreterni. Ci sono quindi persone che già lavorano per rendere protagonista il Terzo settore. ?
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