Welfare

Non profit? Torni a sfidare il potere

La notizia del nuovo Nobel per l’economia a Edmund Phelps ha contrariato a Stefano Zamagni.

di Giuseppe Frangi

Sbuffa il professor Zamagni. La notizia del nuovo Nobel per l?economia a Edmund Phelps lo ha contrariato: «Ormai è un premio che vale poco. Lo danno solo agli americani!». Ma non è questo che volevamo ragionare con la più autorevole testa pensante del non profit italiano. è la settimana di Bertinoro, l?annuale appuntamento che lui stesso ha voluto come momento di riflessione e palestra di pensiero. Quest?anno a Bertinoro il tema è quello dell?identità del non profit. Anzi delle tre identità. Vita: Perché questo tema? Stefano Zamagni: Perché siamo a un punto cruciale. Siamo cresciuti e ne dobbiamo esser orgogliosi, ma oggi la questione chiave si gioca non più sui numeri e sull?efficienza ma sull?indipendenza. Vita: Nel senso che il non profit italiano non è indipendente? Zamagni: In un certo senso sì. E mi spiego: ci sono tre modelli oggi di non profit. C?è quello che è espressione del for profit e che è dominante ad esempio in America. C?è quello che è espressione dell?ente pubblico e che è dominante da noi e infine c?è quello che deriva dalla società civile organizzata. In America, come dicevo, è prevalso il primo modello, prova ne è che quasi tutte le fondazioni hanno il nome dell?iniziatore. In Europa invece è l?ente pubblico che finanzia e sostiene il sistema. Infine c?è il non profit che vien dal basso, come espressione forte della sussidiarietà e che si coagula attorno a degli ideali e a delle visioni di vita. Se apriamo gli occhi dobbiamo riconoscere che anche in Italia questo terzo modello ha poco spazio. Vita: E quali sono le conseguenze? Zamagni: Attenzione: tutt?e tre i modelli hanno un senso e una legittimità. Ma se il terzo non si sviluppa, l?intero sistema ne perde. Oggi la società civile organizzata, cioè quella che fa opere, non quella che esprime opinioni, è depressa perché le manca l?indipendenza. è il film che quotidianamente abbiamo sotto gli occhi: le necessità concrete spingono sempre a cercare e ad avere un patron. La piena indipendenza invece è la condizione sine qua non per salvaguardare la vera natura del non profit. E qual è la sua natura? Quella di avere un funzione profetica, di provocazione civile. Di destabilizzare il potere provocando una continua riflessione sul modo di interpretare la realtà e di rispondere ai bisogni. Oggi prevale una concezione funzionalistica, come se il compito ultimo fosse quello di garantire efficienza. Vi siete chiesti come mai nel 2001 abbiamo cambiato la Costituzione, abbiamo inserito nel capitolo V la sussidiarietà e oggi, cinque anni dopo, abbiamo meno sussidiarietà di prima? Vita: Lei come risponde? Zamagni: Perché abbiamo alimentato i primi due modelli. Mentre la sussidiarietà è l?architrave del terzo modello. Quando una volta eravamo più piccoli e meno professionali, eravamo più corsari e meno conformisti. Dobbiamo deciderci. La scommessa è se per fare un asilo occorra semplicemente farlo funzionare bene o non si debba piuttosto elaborare un progetto educativo. Io dico che noi siamo qui per questo. Perché abbiamo in carico la sfida della felicità nella nostra società. E la felicità, come ormai è ampiamente dimostrato, è anche un valore economico. Vita: Quali strumenti sono necessari? Zamagni: Per avere l?indipendenza bisogna che il Codice civile riconosca la figura giuridica dell?impresa civile. Per questo mi sto battendo nella commissione parlamentare e devo dire, con mia grande soddisfazione, che trovo sempre più consensi. Vita: Che cosa cambierebbe con un Codice civile aggiustato? Zamagni: Se l?impresa civile è riconosciuta a livello civile, se viene sancita la sua funzione come produzione di valore aggiunto sociale, poi non saremo più in balìa delle leggi che ciascun governo può cambiare. La stessa legge sull?impresa sociale è poco più che una qualifica, proprio perché non trova un corrispettivo giuridico nel Codice civile. Vita: Anche strumenti come il 5 per mille sono utili all?indipendenza? Zamagni: Certo. E proprio per questo hanno tentato di farlo cadere. Non so se sia stata una dimenticanza o meno, ma la ragione ultima è che non ritengono il non profit prioritario e non vogliono che questi soggetti abbiano un?indipendenza: meglio, secondo loro, che i soldi passino attraverso una mediazione politica o ?filantropica?. Il principio sussidiario che sta sotto il 5 per mille non è stato digerito? Vita: Lei ha più volte ?demonizzato? l?efficienza. Ma non è una conquista per il non profit, ritenuto sempre un po? volonteroso e pasticcione? Zamagni: E chi lo nega. Ma se l?efficienza resta il fine ultimo, meglio limitarsi a fare le prediche ai capitalisti e spingerli ad essere più buoni. In efficienza non li batte nessuno. Invece io dico che l?efficienza, culturalmente, non può essere l?orizzonte ultimo. Ho imparato a memoria le parole dell?ultimo discorso pubblico di Giovanni Paolo II il 29 novembre 2004. Disse che «la discriminazione in base all?efficienza non è meno deprecabile rispetto a quella della razza. Una società che dia spazio solo ai perfettamente funzionali non è una società umana». Impariamole tutti a memoria, queste parole.


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