Non profit

Non profit, terza forza lavoro del paese

I giga-dati del terzo settore americano, che costituisce il 5,4% del Pil Usa

di Gabriella Meroni

Del grande peso anche economico del non profit americano si sapeva da tempo. Ieri 20 maggio però tutti i dati del settore sono stati riassunti in un articolo pubblicato dal sito specializzato in statistiche http://m.timesrecordnews.com. E fanno impressione. Eccoli.

Le organizzazioni non profit negli Stati Uniti sono oggi quasi 1 milione e mezzo (in crescita del 42% nei vent’anni 1991-2011, e del 25% tra 2001 e 2011). Il loro contributo al Pil del paese è pari al 5,4%, e nel 2009 hanno generato asset totali per 3,4 trilioni di dollari, +39% rispetto a dieci anni prima (al netto dell’inflazione). Secondo le statistiche, inoltre, il terzo settore è la terza forza lavoro del paese dopo il commercio e l’industria manifatturiera: rappresenta infatti il 9% dei salari, e nonostante la crisi ha continuato ad aumentare gli occupati dell’1,9% dal 2007 al 2009 (gli anni più duri di recessione per gli Usa). In totale, i lavoratori del non profit sono 10,7 milioni (dati 2010).

Negli Stati Uniti le organizzazioni non profit sono comunemente note come  501(c)(3), una sigla che identifica la sezione dell’Internal Revenue Code (una sorta di registro dei soggetti legalmente riconosciuti) in cui sono esplicitate le loro caratteristiche, tra le quali le più importanti riguardano le esenzioni fiscali. All”interno di questa categoria le diverse tipologie di organizzazioni sono oltre 30, compresi le associazioni religiose, gli ospedali, i musei, le scuole paritarie, le organizzazioni di ricerca scientifica (riunite nel sottogruppo chiamato “public charities”) e le fondazioni private, che al contrario non forniscono un servizio pubblico e sono alimentate generalmente da un capitale privato o familiare.

Oltre che tante, le organizzazioni non profit a stelle e strisce sono anche economicamente virtuose: secondo una ricerca dello Scripps Howard News Service, ben il 41% delle associazioni con ricavi superiori al milione di dollari hanno fatto segnare 0 quanto a spese di fundraising. In totale, queste chiarities efficientissime hanno raccolto 116,7 miliardi di dollari nel 2011.

Non è tutto oro quello che luccica, ovviamente. Secondo  Tom Pollak, direttore del National Center for Charitable Statistics, questa crescita incredibile potrebbe essere almeno in parte spiegata dalla facilità con cui si può costituire una non profit, accompagnata dalla relativa difficoltà di scioglierla: “E’ facile far nascere un’associazione, più compicato sopprimerla”, dice Pollack, riferendosi al fatto che migliaia di organizzazioni sono tenute formalmente in vita anche se non più attive.

Inoltre, l’articolo nota che l’aumento del 25% quanto a nuove costituzioni di chiarites e fondazioni fatto segnare dal settore tra 2001 e 2011 avrebbe potuto essere maggiore, ma è stato frenato da una legge approvata nel 2006 dal Congresso. Secondo questa norma, contenuta nel Pension Protection Act, è obbligatorio togliere i benefici fiscali previsti dall’Internal Revenue Code a quelle organizzazioni che non hanno registrato introiti per tre anni consecutivi. Nel 2011 per esempio sono stati revocati i benefici fiscali a 275mila organizzazioni non profit. Il loro numero totale è così calato del 16% in un solo anno.

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