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Non profit: ora diamogli una legge quadro

Già raccolte le firme per la proposta di legge lanciata dalla Cdo: si chiede una riforma civilistica unitaria

di Benedetta Verrini

Sono bastati solo dieci giorni per raccogliere le 50mila firme necessarie alle due proposte di legge d?iniziativa popolare – sul non profit e sul lavoro – promosse dalla Compagnia delle Opere. Tra i firmatari ci sono numerosi politici (tra cui Gianfranco Fini, Giulio Andreotti, Marco Boato), intellettuali (Carlo Bo, Massimo Cacciari) e associazioni (Focsiv, Misericordie d?Italia, Intersos). Gian Paolo Gualaccini, vice presidente nazionale della CdO, spiega a Vita i passaggi fondamentali della proposta sul non profit e i motivi del grande appoggio popolare: «Questo sostegno così significativo e trasversale dimostra che nel non profit c?è una necessità, ormai improrogabile, di arrivare a un inquadramento giuridico unitario e al riconoscimento definitivo».

La riforma giuridica del Terzo settore si potrebbe compiere attraverso una legge delega. Messa da parte l?ipotesi di una revisione del libro I del codice civile (già intrapresa da giuristi come Pietro Rescigno e Sabino Cassese), la via prescelta dalla proposta di legge della Compagnia delle Opere è quella del decreto legislativo. All?art.1 si legge che «il governo è delegato a emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti un?innovativa ed organica disciplina delle organizzazioni giuridiche che (?) risultino contraddistinte dall?attuazione, anche in forma indiretta, di finalità o servizi di pubblico interesse o di pubblica utilità nonché dall?assenza di finalità lucrative a diretto vantaggio dei partecipanti».
Una formulazione ampia e onnicomprensiva, che dovrebbe consentire al governo di colmare un pesante vuoto legislativo: «Il Terzo settore non ha una legge quadro complessiva», commenta Gualaccini. «Fino ad ora le diverse organizzazioni del non profit hanno dovuto barcamenarsi tra interventi occasionali e casistici. Ed è anche per questo che la concezione del Terzo settore in Italia è ancora marginale, banalizzata dall?idea che questo arrivi solo là dove non c?è lo Stato. Noi siamo portatori di una concezione opposta, quella di una comunità di persone unite da un comune ideale di solidarietà, che riesce con i propri mezzi a costruire opere per il bene comune. La delega al governo è il mezzo più veloce per arrivare a una legislazione di principi che ci metta al passo con i modelli stranieri». Ma qual è la cornice entro cui dovrebbe lavorare il governo? Secondo l?art. 2 della proposta, bisogna definire una volta per tutte lo status di «organizzazione non profit», sulla scorta di elementi giuridici ed economico-organizzativi.
«Poi è necessario stabilire il riconoscimento del patrimonio e del reddito, il divieto di distribuzione degli utili e la possibilità di gestire servizi di pubblica utilità», continua Gualaccini. L?art. 2 indica anche la necessità di un nuovo regime fiscale agevolato, con un sistema di esenzioni in rapporto al servizio sociale svolto e l?integrale deducibilità delle erogazioni liberali effettuate in favore delle organizzazioni. «Il decreto 460 ha preteso di regolamentare il non profit solo dal punto di vista fiscale e ha fallito», dice il vice presidente. «A tutt?oggi, infatti, al ministero delle Finanze non esiste l?anagrafe delle Onlus e l?Authority è rimasta un guscio vuoto. Altro asse importante indicato nella proposta di legge è quello di regolare le condizioni per svolgere attività d?impresa. Il riconoscimento giuridico del non profit è atteso da tutte le organizzazioni, di tutte le ispirazioni politiche. Per il governo sarà solo questione di riconoscere una realtà consolidata: basta pensare al Cottolengo, le Misericordie, il Fatebenefratelli. Si può dire che non facciano già un servizio pubblico?».
Info. www.cdo.it

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