Non profit
Non profit, lobby e azzardo: nel Regno Unito scoppia il caso
La "prevenzione" di facciata e il finanziamento, diretto o indiretto, ad associazioni e enti non profit che nella loro mission dichiarano di contrastare azzardo e dipendenze è la nuova frontiera di lobbisti e affaristi. La compromissione è il mezzo, il conflitto di interessi il fine. Oggi "The Guardian" ha lanciato l'allarme: la charity "Young Ramblers Education Trust" è finita sotto i riflettori proprio per i finanziamenti ricevuti per i suoi corsi di prevenzione nelle scuole
di Marco Dotti
Una lezione arriva dal Regno Unito: con il conflitto d'interessi non si scherza. E non si gioca. In un articolo pubblicato oggi su "The Guardian", Jamie Grierson ci racconta il caso, che sta facendo clamore, della Young Gamblers Education Trust.
Fondata nell'agosto di due anni fa, la charity inglese è accusata di conflitto di interessi: prenderebbe soldi da chi fa business con scommesse e macchinette e ha coinvolto nel proprio board dirigenti ed ex dirigenti di quel settore. A fondare la Young Gamblers Education Trusti fu, nel 2014, dopo aver subito una condanna per furto, un ex giocatore patologico di nome Lee Willows (qui, sulla pagina della chiarity la storia della sua dipendenza), e quest'anno ha ottenuto lo status di ente non profit.
Ma i nodi cominciano a venire al pettine, perché a collaborare con Willows sono personaggi del calibro e del peso di Dan Waugh, un consulente strategico di molte corporation del settore dell'azzardo e, soprattutto, Dan Rough, che ha lanciato lotterie istantanee e gratta&vinci.
L'allarme degli attivisti, dei movimenti di difesa dei consumatori e di tutela dei diritti è stato immediato. Anche perché, lo scorso anno, gli inglesi hanno perso in azzardo ben 12,6 miliardi di sterline, soprattutto con le famigerate FOBT'S, macchinette da scommessa superveloci, presenti nei pub e in molti luoghi pubblici (qui i dati sulle perdite degli inglesi).
Da parte sua, la Young Gamblers Education Trust si difende affermando che la società si basa sul lavoro di molti volontari. Ma il problema è un altro: la non profit ha accesso a scuole, istituti, distribuisce brochure, manda "volontari" a tenere lezioni e conferenze per il "gioco responsabile". Soprattutto nelle scuole. Insomma, fa attività che, apparentemente, potremmo definire "prevezione". Solo che riceve laute elargizioni da società che fanno business nel settore dell'azzardo legale, come Gala Group, Bet365, Paddy Power, Caesars Entertainment and the Senet Group. La Young Gamblers offre anche corsi di formazione per insegnanti, operatori sociali e sanitari. Un modello che qualcuno ha tentato, recentemente, di far accreditare anche in Italia. Possono – questo il punto – attività di "prevenzione" diventare il cavallo di Troia per far passare altro?
Attività di contrasto e prevenzione e business dell'azzardo dovrebbero essere ben distinti. Evitare osmosi di qualsiasi tipo è necessario per non trasformare le prime, in attività di copertura della seconda. Questa l'opinione di Simon Perfitt, un altro ex giocatore e attivista anti azzardo.
Un'autorità in merito al contrasto dell'azzardo di massa come Jim Orford, professore emerito di psicologia all'Università di Birmingham e fondatore del gruppo Gambling Watch UK, ha da parte sua sottiloneato che si tratta di una questione di filosofia. Se la filosofia di base di chi dice di contrastare il settore dell'azzardo in realtà collima con quella del settore stesso che sull'azzardo fa business, è inevitabile che, da un lato, arrivino soldi e, dall'altro, si faccia di tutto per non porsi come antagonisti, ma come spalla privilegiata nel gioco delle parti che rischia di trasformare tutto in un grande, inevitabile conflitto di interessi.
Un conflitto di interessi che nel Regno Unito (e non solo lì) comincia ad avere una serie di denominatori comuni. Uno su tutti, la formuletta magica: "gioca responsabilmente".
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.