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Non profit, il futuro è ora
Alle spalle una legge fiscale che accontenta tutti ma non piace a nessuno. In programma una normativa che dica finalmente chi è e cosa può fare il Terzo settore.
di Marco Piazza
Sarà, anche, l?anno del non profit. Tra gli avvenimenti che si candidano ad una ?nomination? per il 1998, oltre all?ingresso in Europa e alla lotta alla disoccupazione ha un posto di rilievo anche l?espansione del terzo settore. Ce lo dicono undici personaggi che se ne intendono. Una squadra composta da economisti, professori ed esperti di vario genere e capitanata da una ministra molto vicina al mondo del privato sociale. A loro abbiamo rivolto quattro domande. Due tecniche, sugli effetti della recente legge sul regime fiscale degli enti senza fine di lucro e due politiche, sullo spazio del terzo settore tra stato e mercato e sulle prospettive per l?anno appena cominciato.
Ne viene fuori un quadro interessante e molto variegato da cui è però possibile estrapolare qualche indicazione generale. La prima: della legge sulle Onlus, i nostri intervistati dicono sostanzialmente «meglio che niente». Lasciando intendere chiaramente che quel testo è carente per parecchi motivi (vaghezza, eccessiva genericità, poco rilievo alla democraticità e alla meritorietà delle Onlus). La seconda traccia riguarda la collocazione del non profit. Una cerniera tra Stato e mercato che però non può agire senza controllo, ma che deve essere inquadrata nella più ampia cornice del Welfare. Infine, alla domanda ?quali sfide per il ?98?, dagli esperti una risposta (quasi) all?unisono: «È l?anno buono per organizzarsi. E la legge fiscale non basta, ce ne vuole una di tipo civilistico».
(ha collaborato Silvia Vicchi)
1.La legge fiscale sugli Enti non commerciali e sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale approvata alla fine del 1997, come cambierà il settore non profit in Italia?
2.Tra poco dovrà essere nominata un?Authority di vigilanza sulla natura degli Enti non commerciali e sulle Onlus. Che natura è desiderabile per questa Autorithy? È giusto prevedere rappresentanti del Terzo settore al suo interno?
3.Il non profit italiano è da sempre legato alla pubblica amministrazione Oggi sono in molti a chiedere che accetti la sfida del mercato. Qual è il posto del non profit tra Stato e mercato?
4.Quali scommesse per il non profit nel 1998? Il Terzo settore italiano
saprà raccogliere la sfida di chi crede possa dare risposte al bisogno di occupazione? Il non profit in Italia saprà dar vita a nuove imprese senza corrompere la sua natura solidaristica?
Stefano Zamagni
Economista
1 La legge avrà almeno cinque conseguenze sul non profit italiano, e tutte positive. Oggi, la persona fisica può donare fino a 4 milioni all’anno, godendo della deducibilità fiscale e, fra qualche mese, sottoscrivere titoli di solidarietà e considerare come liberalità il differenziale tra tasso di interesse di mercato e tasso di interesse che ottiene sottoscrivendo il titolo. Le imprese produttrici e distributrici di cibo oggi possono regalarlo a organizzazioni non-profit registrate come Onlus, ottenendo una ricevuta che consente di recuperare l’Iva in entrata. Il decreto, poi, introduce una grande opportunità: il prestito di personale su cui alcune organizzazioni si stanno già muovendo. Un?azienda potrà mettere a disposizione di un?organizzazione di volontariato, o della comunità di recupero per i tossicodipendenti, un quadro dirigente, affinché insegni come s’imposta un budget, il marketing, il fund raising.
2 Preferisco non rispondere, anche se sarebbe giusto dare rappresentanza al mondo non profit dentro l’organismo di controllo.
3 Il Terzo settore non può più concepirsi separato dal mercato. Occorre una piccola rivoluzione copernicana per capire che il mercato non è per definizione il luogo dell’egoismo. Dobbiamo allargare il concetto di mercato come somma di energie in cui l’economia civile ha piena cittadinanza.
4 La prima sfida è quella di insistere su una legge di tipo civilistico che definisca e metta ordine nel variegato mondo del non profit.
Salvatore Pettinato
Avvocato tributarista
1 Credo che il Terzo settore reagirà bene alla legge sul regime fiscale delle Onlus. Anzi, ho le prove che si sta riorganizzando, dopo un periodo fisiologico di transizione. Sono invece decisamente pessimista circa le capacità di adeguamento della pubblica amministrazione che considero del tutto impedita.
2 Circolano voci insistenti sulla composizione dell’Authority di controllo. Pare che non sarà composta da tecnici e se così fosse sarebbe un grosso sbaglio. L’idea originale era quella di far diventare tale commissione un soggetto che gravitasse intorno al ministero degli Affari sociali. Ma, vista l’impostazione fiscale della legge, si deve affidare il controllo a persone che abbiano i mezzi per operare concretamente.
3 Il destino del non profit è legato a quello di tutta l’economia italiana. Se si andrà verso il liberalismo, come io auspico, allora anche il Terzo settore potrà sganciarsi dallo Stato. Ma se l’apparato pubblico resta quello che è adesso, ossia l’ente distributore di reddito numero uno, anche per il non profit le possibilità di emancipazione saranno poche.
4 Non credo a un Terzo settore protagonista nelle politiche del lavoro. La vera sfida del 1998 è quella della razionalizzazione. Come accade per l’industria, dove è un pullulare di microimprese, anche qui prevale l’individualismo e ci sono ancora troppe piccole associazioni.
Ivano Barberini
Presidente Lega cooperative
1 Il non profit riceverà dalla legge sulle Onlus, se interpretata nel verso giusto, una spinta ad agire sul mercato. È un fatto questo estremamente positivo, perché significa un’inversione di tendenza: il non profit comincia a non essere considerato più un fenomeno marginale. Sono non profit le attività che hanno un risvolto economico: per questo la spinta ad un’ottica imprenditoriale, con una separazione netta tra lavoro retribuito e volontariato, è positiva.
2 I soggetti non profit hanno un interesse molto forte all?esistenza di un sistema di controllo. Il rischio che la formula Onlus venga utilizzata a fini speculativi esiste. Per questo affinché la legge spieghi i suoi effetti, occorre pensare un organismo di controllo che funzioni.
3 Molto spesso quando si parla di non profit si pensa a qualcosa che sta a metà tra Stato e mercato. C?è il volontariato, ma c’è anche un insieme di attività che appartengono al mercato. Io sono per una definizione di non profit che sottolinei questo secondo aspetto. Il mercato non è qualcosa di immutabile: al contrario è plasmabile. E il modo per influenzarlo è proprio quello di accrescere la componente sociale.
4 Se consideriamo il non profit nella sua interezza, il ruolo che questo settore potrà giocare nell?occupazione sarà molto ampio. Una delle sfide del 1998 è l?aggregazione del settore. A parte il Forum siamo ancora in un?insufficiente condizione di interrelazione, mancano le sinergie.
Giuliano Cazzola
Esperto in problemi del lavoro
1 La legge sulle Onlus riuscirà a dare più sicurezza e più garanzie al Terzo settore anche se affronta solo l?aspetto fiscale. Del resto questo limite è voluto. Restano però aperti i problemi legati al riconoscimento del settore, ai rapporti contrattuali, ai costi sostenuti nello svolgimento delle attività, per cui sono necessari altri interventi normativi.
2 In linea di principio io nutro sospetti sul pullulare delle Authority. Invece che porre delle regole chiare, in Italia c?è la tendenza a nominare dei controllori. Nello specifico credo che i protagonisti del non profit abbiano almeno il diritto di essere rappresentati in un simile organismo.
3 Il Terzo settore fa fatica a staccarsi dallo Stato. E questo mi sembra inevitabile. Del resto io credo che il rapporto tra pubblico e non profit debba essere più chiaro e più sano, ma non metto in discussione il fatto che il Terzo settore debba essere di supporto all?amministrazione statale. Soprattutto nei campi in cui lo Stato non ce la fa più a intervenire.
4 La scommessa per il 1998 è quella di riuscire a inserirsi in questo abbozzo di regole che si sta delineando. In una parola, il non profit deve crescere. Quanto alla lotta alla disoccupazione credo molto nelle potenzialità della cooperazione sociale, anche se, come ha dimostrato lo scontro tra Cgil e Legacoop, è tutta da risolvere la questione contrattuale.
Carlo Borgomeo
Pres. Imprenditorialità Giovanile
1 Non sono abbastanza competente ma mi sono fatto un?idea che è questa: questa legge non è sufficiente a fare chiarezza nel settore, a favorire profili di specificità. Perché è troppo generica. Dal nostro punto di vista, che è quello dell?impresa sociale, registriamo la mancanza di novità nella distinzione tra le varie esperienze. Sarà necessario arrivarci.
2 Un?Authority? Non serve.
3 Ci vuole più Stato e meno Stato. Una maggiore presenza dello Stato nel dettare regole e garantire pari opportunità, una minore presenza nel mercato.
4 Do un mio augurio per quest?anno: che lo Stato individui le esperienze di imprese sociali propriamente dette, dando loro una connotazione più specifica. È da lì che verranno le prospettive di sviluppo per l?occupazione.
Nuccio Iovene
Segr. gen. Forum del Terzo settore
1 La legge sulle Onlus dà la possibilità al non profit di crescere anche in senso qualitativo. In particolare la possibilità è quella di unire alla disposizione di lavoro volontario, le risorse materiali che finora sono mancate. Questo dovrebbe sviluppare la capacità del Terzo settore di stabilire relazioni con la società, con le imprese, con i cittadini. Ora tutto il settore deve diventare adulto e darsi trasparenza e democrazia.
2 C?è molta incertezza sul futuro dell?Authority. Noi avevamo chiesto un organismo più autonomo, sul modello dell?Antitrust e del garante della riservatezza. Si era optato per un profilo più basso, di derivazione ministeriale: può essere questa l?occasione per ripensarci.
3 L?attualità del non profit è quella di dare risposte al fallimento di Stato e mercato. Al mercato senza regole e vincoli, che determina emarginazione e disoccupazione. Allo Stato che non ha più risorse e non riesce a garantire la qualità del sistema pubblico. Il non profit, però, non può essere né la crocerossina dei guasti che provoca un mercato senza regole, né la longa manus dello Stato che trova il modo per agire lo stesso in mancanza di risorse. Il suo ruolo deve essere un ruolo di protagonismo, sociale e per questo politico, di critica politica.
4 Il 1998 sarà un anno decisivo per vedere come funziona la nuova normativa. È prevista la possibilità di emanare dei decreti correttivi, dunque il processo normativo potrebbe avere dei tempi supplementari. Poi c?è ancora aperta tutta la questione del Welfare e dell?assistenza.
Edwin Morley Fletcher
Economista
1 La legge sulle Onlus avrà sicuramente un grande effetto sul Terzo settore: primo fra tutti quello di rompere la grande alleanza tra tutti i soggetti, che ha prodotto la legge. Chi ha appoggiato la normativa con un intento speculativo finirà per scontrarsi con gli altri. Ci può essere il rischio di qualche pasticcio, anche perché le categorie che la legge disegna sono troppo ampie. Comunque è indubbio che la legge darà un grande impulso al settore. Qualcosa andava fatto, è stato fatto e questo è un bene.
2 La legge è un?occasione importante, ma la possibilità di coglierla deriverà dal controllo sulla sua applicazione. Se il controllo sarà affidato ai tecnici del ministero delle Finanze temo una eccessiva burocratizzazione.
3 Il dibattito sul non profit dimostra che c?è un problema di confini. Lo Stato sociale dovrebbe, secondo alcuni, trasformarsi in mercato sociale, con i soggetti che competono liberamente e con lo Stato che pone delle regole e le fa rispettare. Vanno distinti due piani: quello sul quale operano soggetti che aggregano risorse diverse, quello invece che mantiene una presenza puramente oblativa. È inevitabile che alla fine si ponga questa distinzione.
4 In questo momento che l?economia riprende, il Terzo settore può svolgere il suo ruolo rispetto all?occupazione. Nel 1998 la prospettiva più certa è il consolidamento dell?esperienza in atto: non è una cosa di poco conto. Il Terzo settore ha un segreto, ed è la fiducia che ispira. Ma questa bisogna guadagnarsela: ci vuole dinamicità, rigore, professionalità e democrazia interna.
Giorgio Vittadini
docente di statistica
1 La legge consente un passo avanti alla cosidetta cultura del non profit, perché introduce, seppur attraverso la porta angusta di una normativa fiscale, un primo sommario tentativo di definizione del settore. Purtroppo a questo passo in avanti ne corrispondono due indietro: sanità e scuola, dentro a parole, vengono invece nei fatti non solo escluse, ma ulteriormente penalizzate.
2 Noi ci auguriamo che l?Authority venga nella pratica comunque intesa come un elemento di promozione del settore non profit e non si immiserisca in una mera attività di controllo e di sbarramento burocratico. Siamo convinti dell?importanza di un coinvolgimento al di là dei soliti criteri di lottizzazione delle grandi istituzioni non profit nella struttura e nel lavoro dell?Authority stessa.
3 Crediamo che il non profit vada inteso non come un?utopica alternativa a Stato e mercato bensì rappresenti la strada maestra all?attuazione del principio di sussidiarietà con tanta forza affermato dalla nostra Costituzione e che in questo senso contribuisca a rendere più vero e moderno il ruolo dello Stato e costituisca un fattore capace di liberare nel mercato nuove e importanti energie.
4 Scuola e lavoro. Ripeto, occorre modificare il decreto in modo tale che recepisca anche l?orientamento dell?intero governo in modo da favorire la presenza dei soggetti non profit nel campo dell?istruzione. E poi sicuramente bisogna consentire alle istituzioni non profit di raccogliere la sfida sul tema dell?occupazione facendo seguire a quelle fiscali agevolazioni in campo giuslavoristico e previdenziale.
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1 Non sono un esperto di non profit ma auspico che l?eccesso di regole contenute nella normativa (comune a tutte le leggi italiane) non disincentivi le Onlus a entrare nell?offerta di servizi alla persona. In parole povere ho paura che le associazioni di volontariato, di fronte alla necessità di rivedere i propri statuti e di mettere ordine ai propri bilanci, si spaventino e lascino perdere.
2 Preferisco non rispondere essendo la decisione in merito all?Autorithy in corso.
3 Lo spazio tra Stato e mercato c?è. Del resto il fatto che su questo sia stata fatta una legge vuol dire che esiste una domanda. Ora se ne deve sollecitare lo sviluppo. Il non profit interviene in settori come quello dell?assistenza in cui lo Stato non interviene per eccesso di burocrazia e il mercato per mancanza di profitto. Anche se a priori non si dovrebbe negare al Terzo settore la possibilità di essere autonomo, nei fatti però penso che ancora per molto tempo, dovrà essere inserito nel sistema del Welfare, la cui architettura è disegnata dallo Stato.
4 Nel 1998 il Terzo settore deve riuscire in quello che è il suo compito principale: fornire servizi ai cittadini. In questo senso potrà certamente offrire un contributo, in termini di posti di lavoro, alla lotta alla disoccupazione. Sarà un?occupazione temporanea e transitoria, che dovrà coinvolgere più che altro i giovani.
Antonio Matacena
docente di ragioneria aziendale
1 Meglio questa legge che niente, l?assenza di legislazione permetteva l?elusione e la truffa. Questa normativa va giudicata positivamente perché pone pochi vincoli alle organizzazioni senza fine di lucro, offrendo larghi spazi interpretativi. È anche positivo che si faccia riferimento diretto alle attività svolte. Quello che non piace è che si dà poco spazio alla meritorietà dei soggetti e che la legge non offre garanzie di democraticità rispetto agli stessi enti.
2 L?autorità di controllo dovrebbe, ad esempio, superare i meri elenchi delle attività che possono essere fiscalmente agevolate, perché col tempo e con la nascita di nuove esigenze queste attività tenderanno a modificarsi. Inoltre l?Authority dovrebbe garantire la democraticità degli enti senza fine di lucro. Tutto dipenderà da chi andrà a occupare quelle poltrone.
3 Il ruolo del Terzo settore è quello di una cerniera tra lo Stato e il mercato. Il non profit ha una funzione fondamentale nelle attività che richiedono strutture agili e non burocratizzate e che non hanno il vincolo del profitto. Penso alla sanità, all?assistenza, alle politiche del lavoro, a settori in cui lo Stato fissa i bisogni collettivi ma non riesce a soddisfarli.
4 Il terzo settore offre servizi che richiedono forti professionalità. Può senz?altro essere volano di sviluppo e di occupazione per laureati. Ma va sostenuto. Non basta certo la beneficenza o il fund raising, si deve sbloccare al più presto la legge sulle fondazioni bancarie. Per usare uno slogan, nel terzo settore non basta crederci, bisogna investirci.
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