Non profit
Non più solo pensioni per i patronati
Con la nuova legge, gli storici istituti dovranno allargare le competenze fino a diventare veri segretariati sociali
Un restyling della struttura, nuove forme di finanziamento e una sfida: allargare le proprie competenze alle nuove esigenze del Welfare. È questo, in sostanza, ciò che aspetta i patronati dopo l’entrata in vigore della legge 152/2001 (pubblicata la scorsa settimana sulla Gazzetta Ufficiale n.27/2001). Il provvedimento stabilisce la nuova disciplina per la costituzione, le funzioni e il finanziamento di questi istituti, che offrono consulenza a milioni di persone in Italia e all’estero. Vita ne ha parlato con Giuseppe Foresti, direttore generale del più storico dei patronati, quello delle Acli.
Gli enti di patronato, definiti «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità» sono chiamati dalla nuova legge a presentare al ministero del Lavoro domanda di costituzione o riconoscimento, a seconda che si trovino già in servizio o siano nuovi soggetti promossi da confederazioni o associazioni nazionali. In tal caso, queste ultime devono possedere particolari requisiti (art.2): operare da almeno tre anni; avere sedi in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale; dimostrare di avere i mezzi finanziari necessari per la costituzione e gestione dei patronati; avere finalità assistenziali.
Ma la vera chiave di volta del provvedimento si trova agli articoli 7, 8, 9 e 10, che indicano in modo dettagliato le funzioni e le attività proprie dei patronati. «Da un lato, viene riconosciuta la loro attività storica e istituzionale, nel settore previdenziale e assistenziale», spiega Foresti. «Dall’altro sono indicati nuovi campi d’intervento: da quello socio-assistenziale, all’attività di consulenza nelle questioni relative a prestazioni sanitarie, all’immigrazione, fino alla previdenza complementare. Sotto questo punto di vista, la sfida per l’allargamento delle attività dei patronati si combina con il decollo della legge quadro sull’assistenza. Attraverso le convenzioni con le amministrazioni locali, i patronati potrebbero svolgere una funzione di segretariato sociale, in cui i cittadini ricevono consulenze e ottengono rappresentanza per diverse questioni, dalle pratiche relative alla maternità, agli affitti, alla tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro». La legge conferma ampiamente la gratuità dell’assistenza dei patronati, e precisa che eventuali convenzioni stipulate con avvocati avranno tariffe in deroga ai minimi professionali. «Questa disposizione riconosce le finalità etico-sociali perseguite dagli istituti», continua Foresti, «e permette di garantire un servizio legale a costi contenuti: per eventuali spese giudiziarie, però, l’assistito dovrà concorrere con una percentuale proporzionata al suo reddito».
è già stato avviato un tavolo di discussione per l’emanazione dei provvedimenti applicativi della nuova legge. Primo fra tutti, entro i prossimi 120 giorni, il regolamento del ministero del Lavoro che dovrà definire le modalità di ripartizione del finanziamento previsto (corrispondente all’aliquota dello 0, 226% sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori), che viene quasi interamente destinato alle attività svolte.
Un servizio in Italia e nel mondo
Patronati esistenti 23 in tutta Italia
Bacino d’utenza assistono il 75% delle persone con pratiche di liquidazione pensioni Inps
Diffusione all’estero in 22 Paesi (circa 6 mln di utenti)
Settori d’intervento previdenziale, socio-assistenziale, consulenza su prestazioni sanitarie e lavoro, previdenza complementare
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