Non profit

Non film ma opere di Kirk

Educazione , religione , lotta all' antisemitismo , spettacolo , arte .. Le opere di un lavoratore

di Redazione

Kirk Douglas, nonostante l?infarto che lo ha colpito qualche anno fa, ha ancora bisogno di lavorare. Perlomeno così ritiene la moglie Anne. Quando l?attore ormai ottantunenne ha recentemente chiesto come poteva collaborare all?ultimo progetto di beneficenza della moglie, lei ha risposto scherzando che «doveva fare un altro film e farsi pagare». In realtà il meccanismo per le attività del duo Douglas nel campo sociale esiste da tempo ed è ben organizzato: è la Douglas Foundation, cioè una indipendent foundation che ha come unici donatori la coppia e che opera con un raggio di azione abbastanza ampio con la struttura legale di una non profit. La fondazione, che è stata creata nell?ormai lontano 1964, aveva alla fine del ?96 asset per 19,7 milioni di dollari ed aveva elargito quello stesso anno delle donazioni per poco meno di un milione di dollari.
La struttura è semplicissima: la sede della fondazione è a Los Angeles, non impiega alcun personale a tempo pieno, non ha un telefono e offre l?indirizzo solo per raccogliere le richieste di intervento.
Il campo d?azione della Douglas Foundation, che in questo senso è simile a migliaia di altre fondazioni americane, è molto vasto. In una breve segnalazione si parla di sovvenzioni in campo artistico, educativo, medico-sanitario, religioso e nel settore dei media e dello spettacolo. Nel ?96, però, i grossi interventi sono andati soprattutto a organizzazioni ebraiche (nelle quali Douglas è diventato molto attivo negli ultimi anni, soprattutto sul fronte della lotta all?antisemitismo) e al settore educativo a Los Angeles.
Un progetto in particolare viene citato da molti come esempio del ruolo positivo che può avere un attore da Oscar con un piccola fondazione: è quello degli interventi che la Fondazione Douglas sta facendo per migliorare i parchi-giochi di diverse scuole pubbliche della città. Il meccanismo di intervento è interessante perché è costruito sul meccanismo del matching grant, cioè del contributo parziale che viene concesso solo se la controparte è in grado di raccogliere altrettanto ed è un classico modus operandi delle fondazioni americane. La Douglas Foundation ha inizialmente promesso un milione di dollari a uno speciale fondo da 2,5 milioni al quale hanno contribuito altri due gruppi, la May Foundation con un milione di dollari e la Riordan Foundation con 500 mila dollari.
L?obiettivo era quello di ricostruire o di riorganizzare i parchi giochi di un massimo di quattrocento scuole pubbliche cittadine a condizione che queste presentassero domanda, e dimostrassero di essere in grado di raccogliere l?esatto equivalmente dei venticinquemila dollari che la Douglas Foundation era disposta a contribuire. La scuola, in genere tramite un comitato di genitori, doveva dimostrare di avere i fondi necessari o di averli raccolti, fatto assai raro, o perlomeno doveva dimostrare – in una precisa richiesta – di essere in grado di vendere servizi o lavorare direttamente per raccogliere la cifra necessaria.
Quello che la Douglas Foundation chiede è che nella scuola in questione qualcuno, genitori o insegnanti, costruisca un programma di raccolta di fondi per lo stesso fine, e che quindi il contributo della Fondazione non sia semplicemente una goccia d?acqua nel deserto ma parte di un generale meccanismo di maggior coinvolgimento dei genitori e/o di studenti e corpo insegnante. Il risultato ovviamente è quindi non solo quello di dotare di parchi giochi le scuole, ma di aumentare l?attivismo di chi frequenta le scuole stesse.
Le cifre non sono quelle che contano. Il numero uno della Disney Michael Eisner ha donato 80 milioni di dollari assieme alla moglie Jane per finalità educative non ancora precisate e qualche anno fa lo stesso Douglas ha deciso di mettere in vendita la sua collezione d?arte e donare il ricavato. «Se si è abbastanza fortunati da guadagnare più degli altri», ha detto Douglas l?estate scorsa, «allora è proprio gli altri che bisogna aiutare».

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