Volontariato

Non fermiamoci qui. ci vuole un erasmus del volontariato

«Dobbiamo conoscere e farci conoscere in Europa», dice il presidente dell’Agenzia per le onlus. «In ambito universitario quella formula ha avuto un effetto straordinario»...

di Maurizio Regosa

Stefano Zamagni, presidente dell?Agenzia per le onlus, ammette di essere rimasto piacevolmente sorpreso dalle giornate di Napoli. «Ho tre considerazioni da fare», dice. «Prima di tutto, cosa che non mi aspettavo, per il coinvolgimento della classe politica: il presidente della Repubbblica, l?intervento di merito di Prodi, la presenza costante del ministro e dei sottosegretari, l?intervento di due presidenti di commissioni parlamentari. Poi ho notato una vivacità di posizioni rispetto al passato».

Vita: Cioè?
Stefano Zamagni: Nelle Conferenze precedenti il clima dominante era un po? quello del piagnisteo. Questa volta l?atteggiamento è stato «andiamo avanti, raccogliamo le sfide, pur nella consapevolezza delle nostre inadeguatezze».

Vita: Terza considerazione?
Zamagni: C?è un convincimento comune: la necessità di porre mano alla 266. Mimmo Lucà ci ha informato di aver incardinato il progetto di revisione nell?agenda della Commissione Affari sociali della Camera di cui è presidente. A questo punto bisogna aprire gli occhi e vigilare per evitare che escano provvedimenti non in linea con i desiderata che tutti esprimono.

Vita: Nella sua relazione ha parlato di quattro sfide. Una riguarda l?Europa.
Zamagni: Ho lanciato l?idea di attribuire ai Csv un compito: quello di realizzare per il volontariato l?analogo dei progetti Erasmus. In ambito universitario hanno avuto un effetto straordinario. So che ci sono già scambi dei volontari, ma io parlo delle organizzazioni. Noi italiani siamo sottorappresentati, sottostimati e dunque sottovalutati a livello europeo. Sono convinto che il nostro volontariato abbia una sua specificità importante, cioè la dominanza della forma associativa rispetto a quella fondazionale, e quindi una forte componente ideale o valoriale. Da noi le tre grosse matrici – cattolica, socialista, laico-riformista – sono molto presenti. All?estero non è così, il volontariato è fatto per dovere civico, o dovere di compassione. I nostri volontari aggiungono qualcosa in più: un confronto sarebbe arricchente per tutti.

Vita: A Napoli anche segnali di una tensione fra volontariato e imprese sociali?
Zamagni: Le tensioni sono dovute al fatto che non si è ancora capito che il volontariato è uno, ma i volontariati sono tanti. Veniamo da una stagione in cui le organizzazioni erano sostanzialmente uniformi, oggi andiamo verso una diversificazione e questo ha colto di sorpresa. C?è un?altra ragione: la 266 è obsoleta, regolamenta i rapporti fra volontariato ed ente pubblico e non anche fra volontariato e istituzioni private, in particolare imprese profit e non profit. Occorre disciplinare anche questi ultimi, altrimenti ci saranno tensioni dovute, tecnicamente, a invasioni di campo possibili.

Vita: E la rappresentanza?
Zamagni: Va trovata senza adottare né il modello sindacale, né quello partitico né quello imprenditoriale. Quel che importa è che sia una soluzione originale: la rappresentanza deve essere tipica, non può essere imitativa. È un?illusione pensare che si possa andare avanti senza rappresentanza.

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