Volontariato

Non escono allo scoperto, per paura di noi

Parla Pino Petruzzelli, che pubblicherà un libro di biografie rom

di Redazione

Da sempre i rom e i sinti sono stati quello che noi avevamo bisogno di vedere in loro. Ora l?incubo, ora il sogno, mai essere umani con le nostre stesse mille sfaccettature». A gettare uno sguardo nel caleidoscopio ci prova Pino Petruzzelli, 45 anni, regista e attore, che ha girato l?Europa per cinque anni sulle tracce di rom e sinti. Ci ha fatto un libro, Non chiamarmi zingaro, in uscita per Chiarelettere. Storie di rom e sinti che fanno mestieri normali – l?elettricista che fa impianti d?allarme per le banche, l?impiegato, la maestra, la neurologa – per dire di come i rom sono tra noi e non ce ne siamo mai accorti.

Vita: Il libro è basato sulle biografie ma non c?è neanche un nome e cognome. Perché?
Pino Petruzzelli: Non c?è motivo di esporre queste persone a difficoltà. Il fatto è che noi crediamo di aver paura dei rom, invece sono loro ad avere una paura pazzesca di noi. In tanti mi hanno detto che sono grati alla Polizia, perché hanno troppa paura che qualcuno vada a incendiargli la roulotte, ad assalirli, a fargli del male? E non è questione degli ultimi mesi. Anche dopo il nazismo, gran parte dei rom non fece domanda di risarcimento: avevano paura che sarebbe stato un modo per individuarli e colpirli ancora. Certo è inquietante pensare a persone costrette a una doppia vita, costrette al silenzio della paura pur non avendo nulla di cui vergognarsi. La neurologa del libro, che ho chiamato Anna, non ha parlato delle sue origini rom nemmeno con il marito?

Vita: Ci sono anche personaggi famosi che hanno origini rom e sinte: che cosa ci perderebbero loro?
Petruzzelli: Lo si sa ma non lo si dice: se non lo dicono loro, perché dovrei farlo io? Lo faranno quando ne avranno voglia. Come dice la neurologa, «nella migliore delle ipotesi mi sentirei dire ?Ah, vedi? Anche loro possono?. È faticoso, perché poi le tue tesi le devi sostenere, magari davanti a un piatto di lasagne con gli amici». Chi dichiara di essere rom, di fatto poi deve giustificarsi, spiegare, difendere… ma spiegare che cosa? Di essere un essere umano, come tutti? Come fai a condannare una persona che tace per non essere costretta a combattere una guerra non sua? Poco tempo fa, a un convegno sui rom, hanno fatto salire sul palco un bambino di dieci anni, che ha detto: «Voglio dire a tutti che mia madre e mio padre non rubano, io vado a scuola e da grande voglio fare l?avvocato». E la platea si è commossa. Io lo trovo allucinante: come società abbiamo costretto un bambino di dieci anni a salire su un palco e a discolparsi di qualcosa che non lo riguarda, che non appartiene alla sua età né alla sua esperienza.

Vita: Lei ha scelto solo storie positive. Perché?
Petruzzelli: Guardi, mi sarebbe piaciuto mettere una pagina bianca all?inizio del libro, sui cui invitare il lettore a scrivere tutto quello che pensa di sapere sui rom. E poi uno comincia a leggere e scopre che quello che pensava di sapere non è vero, è senza fondamento, che la realtà è un?altra. Vorrei sorprendere il lettore rispetto al suo immaginario, come ha fatto con me frate Giovanni, un francescano rom di Eboli, che mi ha sorpreso perché parla tutto per citazioni di Sant?Agostino. Le giuro che non sono andato a cercare le storie col lanternino, non ho fatto alcuna fatica: queste storie non sono eccezioni, sono quelle che mi hanno colpito di più, ma ce ne sono moltissime, c?è tutto un microtessuto.

Vita: Dice che i rom sono solo un «ottimo argomento di discussione».
Petruzzelli: Ci interessano solo per quello, di loro in realtà non interessa niente a nessuno. Diciamo ?il problema dei rom? ma in realtà ci riferiamo al problema nostro di vedere le baracche, o la povertà. Il problema vero ce l?hanno loro, ma questo nessuno lo affronta.


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