Governo
Non è un Pnrr per donne e giovani
L’assenza di missioni specifiche e la scarsità di azioni direttamente rivolte all’incremento della partecipazione delle donne sono alcuni dei limiti del Pnrr. Di questo si parla da tempo. La novità è che le poche misure ad hoc previste non stanno nemmeno funzionando. Infatti, come sottolineano gli esperti di OpenPolis, sebbene gli operatori economici che vincono gare Pnrr devono assumere almeno un 30% di donne e il 30% di giovani sotto i 36 anni, il 70% degli appalti non prevede nessuna quota di assunzione, né per i giovani né per le donne
Tra i moltissimi obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) c’è quello di intervenire sulle condizioni socio-economiche che ostacolano la parità di genere. Non l’ha scelto l’Italia. Lo chiede proprio l’Europa.
L’Italia ha scelto di dare a questo obiettivo un posto di secondo ordine: lo considera un obiettivo trasversale. Infatti, solo 4 interventi su 34 degli interventi e delle risorse che dovrebbero contrastare queste diseguaglianze hanno l’obiettivo esplicito di abbattere questo divario. Mentre 30 sono a impatto indiretto, quindi potrebbero avere ricadute positive sulle disuguaglianze ma solo collateralmente.
Una sproporzione, quella tra misure dirette e indirette, che è già un primo punto critico dell’impegno del Pnrr su questo fronte, come hanno evidenziato gli esperti di OpenPolis .
Le nuove criticità: le misure non funzionano
Ma ne sta emergendo una nuova. «I vincoli Pnrr sull’assunzione di donne e giovani sono poco efficaci», evidenziano oggi gli esperti di OpenPolis.
«Gli operatori economici che vincono gare Pnrr devono assumere almeno un 30% di donne e il 30% di giovani sotto i 36 anni. E invece i contratti che rispettano questi vincoli sono 1 su 3». OpenPolis aveva già analizzato i dati sul rispetto di questo vincolo nel 2023, rilevando che il 69% dei bandi aperti fino ad allora non aveva previsto quote di assunzioni riservate a donne e giovani. «A distanza di un anno – l’ultimo aggiornamento dei dati è del 4 aprile 2024 – e con molti più bandi e gare aperte, la situazione purtroppo è rimasta pressoché invariata». In pratica: il 64% dei bandi finanziati dal Pnrr non prevede nei propri contratti vincoli di assunzione su giovani e donne.
Cittadinanzattiva: intenzioni tradite
«Così congegnato, il disegno effettivo del Piano ne tradisce le intenzioni iniziali nonché quelli che dovevano essere alcuni indicatori di successo, isolando e quindi rendendo meno efficaci misure pure molto valide», commenta Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva.
«In questo contesto ricordiamo anche che non abbiamo informazioni certe (l’ultimo aggiornamento risale al settembre 2023) sullo stato di avanzamento dei lavori, né sulla spesa già effettuata per i 43 progetti dedicati ai giovani e che hanno superato la fase di selezione: questa assenza di informazioni origina un problema di trasparenza che purtroppo si accompagna alla mancanza di indicazioni precise, nel PNRR, su rispetto delle scadenze, utilizzo corretto delle risorse e risultati ottenuti».
I dati che abbiamo non sono incoraggianti nemmeno se ci riferiamo al perseguimento di alcuni obiettivi previsti dal PNRR che indirettamente favorirebbero l’occupazione femminile. «Valgono due indicatori su tutti», prosegue Mandorino. «Quello dell’estensione del tempo pieno nelle scuole, da garantire attraverso la costruzione di nuove mense scolastiche. Ad oggi gli istituti scolastici dotati di locale mensa sono appena il 33% e con il PNRR si finanzierà la costruzione di 541 nuove mense, appena la metà degli interventi previsti».
L’altro indicatore indiretto è quello della copertura degli asili nido: «sebbene il nostro Paese abbia visto crescere l’offerta di posti, anche grazie alla diminuzione delle nascite, non ha ancora raggiunto l’obiettivo di copertura del 33% dei bambini con meno di 3 anni, indicato dalla Unione europea già nel 2002, e siamo ben lontani dall’ulteriore traguardo del 45% indicato come da raggiungere tendenzialmente nel 2022. Questo vale soprattutto per le aree meridionali e insulari del Paese, in cui tra l’altro i livelli di occupazione femminile sono assai bassi, e per le aree interne e periferiche dove forte è il rischio di spopolamento, soprattutto per l’abbandono dei giovani e delle giovani famiglie».
Come mai le misure sono disattese?
«La maggior parte delle stazioni appaltanti ricorre alle deroghe», specificano gli esperti. «Per esempio se l’oggetto del contratto, il mercato di riferimento, l’entità dell’importo o altri elementi indicati dalla stazione appaltante, rendono le clausole inapplicabili o in contrasto con determinati obiettivi. Cioè quelli di universalità, socialità, efficienza, economicità e qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche».
«Il 42% delle stazioni appaltanti che hanno fatto ricorso alla deroga per non assumere il 30% di donne e di giovani hanno dichiarato come motivo l’importo ridotto del contratto. Cioè (volendo interpretare) le risorse a disposizione sono giudicate insufficienti per assumere personale o, in ogni caso, per sottostare a dei vincoli su eventuali assunzioni».
Gli effetti limitati delle quote di assunzione rispecchiano le condizioni di maggiore svantaggio socio-economico ed educativo, di donne e giovani.
Il PNRR, all’interno della missione 5, prevede anche la definizione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il gap di genere in alcune dimensioni che incidono sulla qualità del lavoro.
Sono 1809 le aziende e gli enti che finora hanno ottenuto la certificazione della parità di genere, una pattuglia modesta a fronte di una platea che conta almeno cinque milioni di soggetti. Ma c’è un dato che infonde fiducia nelle prospettive del progetto lanciato dal Pnrr in via sperimentale (puntava a 800 certificazioni entro il 2026). Alle aziende in possesso della certificazione della parità di genere, rilasciata da un organismo accreditato, è riconosciuto un punteggio premiale per la concessione di aiuti di Stato come cofinanziamento degli investimenti sostenuti e sono altresì previste delle premialità connesse alla partecipazione alle gare di appalto, nonché un esonero contributivo, non superiore all’1% dei contributi totali, fino ad un massimo di 50mila euro.
Foto in apertura, ksenia-makagonova by unsplash
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