Non profit

Non costringiamo il sociale a essere pulp

di Redazione

La notizia dei quattro malati di sclerosi laterale amiotrofica che hanno intrapreso in Sardegna lo sciopero della fame, e la successiva presa di posizione dell’associazione Aisla, solidale umanamente ma contraria nella sostanza del gesto, mi induce ancora una volta a qualche riflessione. Sempre più spesso infatti accade che persone singole o associate, che vivono sulla propria pelle una reale situazione di disagio e di debolezza sociale ed economica, scelgano la strada del gesto eclatante, puntando all’esposizione mediatica, perché ritengono che non ci sia altro modo concreto e rapido per far sentire la propria voce e ottenere risposte autorevoli. Per mia formazione morale e familiare sono sempre stato un moderato, pensando che solo un lavoro continuo e spesso oscuro compiuto da persone serie e competenti può condurre a risultati duraturi a favore di chi è più debole. Se una persona seria e concreta come Mario Melazzini si permette di ricordare che in Sardegna è comunque in atto un lavoro legislativo che dovrebbe entro breve dare i suoi frutti, non posso che credergli, anche perché ho sotto gli occhi i risultati che è riuscito a ottenere in Lombardia (legge regionale per le persone affette da Sla, finanziamento del Centro Nemo a Niguarda). D’altra parte è anche vero che ormai siamo abituati al sangue e ai gusti forti, c’è quasi un sottofondo “pulp” nel sociale, quasi che solo le storie tristissime e tremende possano trovare udienza e scuotere le coscienze. Io spero che lo sciopero della fame si concluda al più presto: come dice l’associazione Aisla, c’è bisogno di persone vive per combattere. Ma al tempo stesso vorrei che le politiche di welfare riprendessero un cammino più veloce, che davvero la crisi economica non sia fatta pagare ai non autosufficienti. Di questo chi governa non potrebbe non vergognarsi. Insomma, per far vincere le ragioni della moderazione riformatrice, occorrono fatti concreti e subito.

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