Politica

Non chiamiamolo “reddito di cittadinanza”: è un’altra cosa, ma cosa?

Da idea forte su cui il M5S ha impostato, nel bene e nel male, la propria identità il "reddito di cittadinanza" è diventato tutto fuorché ciò che dice la parola. Con una conseguenza: un pessimo provvedimento di governo potrebbe affossare per decenni un'idea sociale interessante. Iniziamo oggi il nostro dibattito sul tema

di Marco Dotti

Prima di tutto: che cos’è il reddito di cittadinanza? Ne parliamo tanto, ne discutiamo altrettanto. Ma forse, dopo tanto parlare e dibattere, il senso tecnico della parola ci è scappato di mano. Ed è diventato, inevitabilmente, nelle intenzioni e nelle (per ora ipotetiche) azioni ben altro.

Cos'è

Partiamo una definizione minima di reddito di cittadinanza. Con reddito di cittadinanza si intende un'erogazione monetaria, erogata a intervallo regolare, indipendentemente dall’attività di lavoro svolta, a tutti coloro che possiedono cittadinanza.

Si aprono subito due punti critici all’interno della stessa definizione: il chi e il quanto.

A chi

Sul chi, dovrebbero beneficiare del reddito di cittadinanza tutti coloro che godono di una determinata cittadinanza, indipendentemente dall'attività lavorativa effettuata, dalla nazionalità, dal sesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale, in età lavorativa, per il periodo che va dalla fine delle scuole dell'obbligo all'età pensionabile o alla morte.

Quanto

Sul quanto, questa erogazione dovrebbe – in linea teorica – essere cumulabile con altri redditi da lavoro, impresa o rendita ed essere di un ammontare tale da consentire un livello di vita dignitosa.

Ma a che cosa dovrebbe servire il reddito di cittadinanza? Dovrebbe servire a dare liquidità spendibile in consumi primari, così da consentire ai cittadini di beneficiare di una cittadinanza non solo formale, ma anche economica e materiale.

Soprattutto: il reddito di cittadinanza è strutturalmente un reddito incondizionato. Non può, a patto di non mutarsi in altro, essere condizionato a un inserimento lavorativo. Muterebbe la sua natura. Diventerebbe altro: un sussidio, nel migliore dei casi.

I conti in tasca

Prendiamo alcuni dati, tratti dall’attuale dibattito (a mezzo stampa) sul reddito di cittadinanza. Luigi Di Maio ipotizza una spesa tra gli 8 e i 10 miliardi. Noi sappiamo che 9 miliardi annui sono il costo del Bonus 80 euro, mentre 7 miliardi di euro rientrano nella spesa sociale complessiva dei comuni.

Il cosiddetto “target” potenziale riguarda circa 9 milioni di persone, di contro ai 2,5 milioni di potenziali beneficiari del Rei. Il trasferimento riguarderebbe un importo fino a 780 euro per persona singola, mentre l’importo del Rei arriva al massimo fino a 534 euro per una famiglia con cinque persone.

«Stiamo pensando a come modulare le offerte di lavoro anche su base geografica. Sono tutti dettagli che serviranno a rendere più o meno efficace la riforma», ha dichiarato ieri il premier Giuseppe Conte. Altri problemi. In quel «rendere più o meno efficace» c’è il senso di un imbarazzo. O di un’impotenza rispetto a un processo che è stato innescato e, ora, si fatica a governare.

Nodi teorici, grovigli reali

Come è facile intuire, i nodi teorici sono moltissimi. Ma la situazione si ingarbuglia tremendamente di più quando dalla teoria si vuole passare all’atto. Con un primo rischio: che restringendo o allargando le maglie dell’erogazione, la platea dei beneficiari, le restrizioni o le attribuzioni il reddito di cittadinanza diventi ben altro, pur mantenendone arbitrariamente il nome.

Con una conseguenza su tutte: qualora un provvedimento su un “reddito di cittadinanza” che non è un vero reddito di cittadinanza venisse approvato la conseguenza prima sarebbe affossare ogni dibattito presente e futuro su concreti provvedimenti di basic income.

Davvero il Governo, con il M5S che, in questi anni, è stato tra i soggetti più attivi nel dibattito sul reddito di cittadinanza vuole sacrificare una buona teoria, sull’altare di una prassi arruffata e senza prospettiva?

Su una cosa dobbiamo essere chiari: non chiamiamolo reddito di cittadinanza. Non lo è, è un'altra cosa. Cosa sia, questo è ancora tutto da capire.

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