Welfare
Non chiamiamola più 328: è la «legge della dignità sociale»
Venne licenziata l'8 novembre 2000, segnando il passaggio dalla logica dell'assistenza a quella dei diritti. Dopo 20 anni la pandemia ne mostra l'attualità, la lungimiranza, il grado di innovatività ma anche l'incompiutezza. Gazzi (Cnoas): «Come assistenti sociali diciamo che se gli obiettivi della 328 fossero stati raggiunti, il disastro da Covid-19 avrebbe provocato meno dolore e meno solitudine. Subito, dalla prossima legge di bilancio si punti a realizzare i livelli essenziali delle prestazioni sociali».
«Sarei partita dalle parole. Mi sarebbe piaciuto che dopo vent’anni, di questa legge non si parlasse con un numero – la 328 – ma come “legge della dignità sociale”»: così Livia Turco ha marcato ieri, in un evento online per i 20 anni della 328, l’elemento “disruptive” di una legge che ha segnato il superamento del concetto assistenzialistico dell’intervento sociale per introdurre nel nostro ordinamento quello dei diritti. Il seme contenuto in quella legge, che ancora deve dispiegare tutte le sue potenzialità, è proprio la volontà di «attivare le persone, tirane fuori le capacità. Questo non può farlo un trasferimento monetario, questo lo fanno le persone, i professionisti che accompagnano percorsi personalizzati. C’è l’oro nei servizi sociali, ma troppo spesso quell’oro lo vedono solo le famiglie e le persone che di quei servizi usufruiscono». Talvolta è colpa anche nostra: «parliamo soloa chi già parla la nostra stessa lingua».
Era l’8 novembre 2000 quando venne licenziata la "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", dove si dice che «la Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza. Previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia». Livia Turco era ministra della Solidarietà Sociale all’epoca e gli articoli li cita ancora a memoria, commuovendosi. La passione e l’intelligenza hanno portato vent’anni fa una legge che – è stato ricordato da molti nel webinar organizzato ieri dal CNOAS – Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali con il Tavolo del Patto per la professione – estremante «innovativa, lungimirante e scritta bene».
Celebrare i 20 anni della 328, nel preciso momento storico che stiamo vivendo, significa riconoscere «tutta la sua lungimiranza ma allo stesso tempo anche la sua incompiutezza», ha detto Gianmario Gazzi, presidente del Cnoas. Da qualunque punto di vista la si guardi, il Covid-19 ha reso evidente a tutti l’importanza del servizio sociale e di un sistema integrato dei servizi, dagli anziani ai bambini che rischiano di essere esclusi dalla dad; dal supporto domiciliare per le persone con disabilità che nella fase 1 si sono trovate sole, con i servizi chiusi… tante cose oggi sarebbero diverso se ci fosse già un reale sistema integrato dei servizi. «Non ci voleva questa maledetta e disgraziata pandemia a farci scoprire che ci sono persone che non arrivano neanche ad esigere i propri diritti. Non era necessario arrivare al lockdown per scoprire l’importanza dell’assistenza domiciliare per anziani e persone disabili o dell’educativa domiciliare per bambini ai quali la scuola non riesce ad arrivare con un tablet o un computer. Non dovevamo vedere gli ospedali occupati da persone che avremmo potuto assistere a casa per sapere che l’integrazione socio-sanitaria è una necessità non più rinviabile. Tutte queste verità erano già tra gli obiettivi di una legge che compie 20 anni e che ancora aspetta di essere realizzata. Oggi, come assistenti sociali diciamo che se quegli obiettivi della 328 fossero stati raggiunti, questo disastro da Covid-19 avrebbe provocato meno dolore e meno solitudine». Ecco allora che «questo, non altro, è il tempo di decidere se far diventare adulta la 328». Nel momento in cui siamo disperatamente alla ricerca di nuove ricette e di innovazione, la cosa radicalmente innovativa sarebbe dare attuazione a quelle intuizioni.
Il webinar ha visto la partecipazione della ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo; della sottosegretaria di Stato, Sandra Zampa; di Livia Turco, già ministra della Solidarietà sociale e madre della legge, delle onorevoli Lisa Noja e Renata Polverini; di Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia e delegato Welfare dell’Anci; di Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore; di Angelo Marano, DG per la lotta alla povertà al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali; del professor Cristiano Gori dell’Università di Trento; di Ugo De Ambrogio (IRS) e dei rappresentanti del Patto per la professione.
La ministra Nunzia Catalfo ha citato punto per punto la proposta presentata dal CNOAS nelle scorse settimane per la realizzazione del sistema integrato dei servizi come riforma strutturale, che ha chiesto in particolare la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, così che su tutto il territorio nazionale sia garantito in maniera uniforme il funzionamento dei servizi sociali territoriali e la garanzia della continuità degli interventi in favore delle persone, che passa dalla stabilizzazione dei tanti assistenti sociali ancora precari. Ci vorrebbe 1 miliardo di euro. «La stabilizzazione dei precari non è un percorso facile, ma è alla mia attenzione e condividiamo con Anci, come Ministero, la richiesta del CNOAS», ha detto la ministra.
Abbiamo ascoltato parole importanti sulla necessità di rendere permanenti i servizi alla persona e per questo aspettiamo che l’attenzione della ministra Catalfo per la stabilizzazione dei precari e l’impegno dell’Anci si concretizzino fin dalla prossima legge di Bilancio», ha commentato Gazzi, «e nel ringraziare il ministero della Salute per i passi importanti di questi mesi, condividiamo con la sottosegretaria di Stato Zampa la necessità che il ministero si doti di una direzione unica che dia corpo al sistema integrato socio-sanitario». Due i livelli essenziali che concretamente il direttore per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Angelo Marano, ha esplicitato come più facilmente raggiungibili perché con costi estremamente ridotti: il diritto alla residenza fittizia per i senza fissa dimora e dei centri servizio a loro dedicati.
«Chiediamo di uscire dall’assistenzialismo e garantire diritti. È quello che noi assistenti sociali facciamo ogni giorno ed era quello a cui puntava la 328».
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