Non chiamatele ronde

di Simone Chiaramonte

Furti, rapine e borseggi: l’eredità onerosa di un’estate che può andare ad incidere pesantemente sui bilanci familiari e sulla reputazione delle località marittime. Specie quando le vittime sono cittadini inermi, che non possono permettersi sofisticati sistemi di vigilanza, e se le comunità colpite, di modeste dimensioni, hanno fatto del turismo il principale settore di sostentamento. Ecco allora che i cittadini non ci stanno.

E’ il caso della comunità del piccolo comune di Acciaroli, frazione marinara di Pollica nel Cilento, la cui notorietà e il cui sviluppo sono legati principalmente alla persona di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” ucciso in un agguato nel 2010. A seguito dei ripetuti furti avvenuti nelle abitazioni e a danno dei turisti, alcuni abitanti, di concerto con l’amministrazione locale, hanno deciso di costituire il ‘‘Gruppo cittadini Vacanze sicure” per monitorare l’intero territorio comunale. Un’azione di controllo, condotta  dai cittadini con torce e telefonino, che nelle ore serali va a coadiuvare le operazioni investigative e di controllo dei carabinieri.

Un’iniziativa spontanea che ha destato meraviglia ed il plauso da parte dei vacanzieri che hanno riconosciuto nell’intervento a sostegno dell’amministrazione, e di concerto con le forze dell’ordine, un alto valore civico. La sicurezza viene dunque percepita come un bene comune, strumentale allo sviluppo dell’individuo e della comunità in generale. Il termine contrario infatti- l’insicurezza – è prima di tutto uno stato mentale, alimentato dal persistere di una concezione individualistica nella società, che paralizza quella coesione sociale necessaria a garantire, anche materialmente, pace e serenità. Un’iniziativa dunque che muove in direzione contraria rispetto al “fare finta di non vedere”, quale atteggiamento diffuso nelle grandi città, immortalato in alcuni video da brividi (1 – Napoli) (2 – Roma), iscrivendosi in quelle pratiche ispirate al principio di sussidiarietà orizzontale.

Ma l’azione dei cittadini di Pollica, nei titoli di giornale, è stata subito bollata come “ronda”, termine che in Italia ha assunto un’accezione ben precisa: un sistema di vigilanza politicizzato ed istituzionalizzato. Non dunque un’autonoma iniziativa della cittadinanza riunita per raggiungere un obiettivo delimitato, nel perseguimento dell’interesse generale, bensì una pratica di ispirazione partitica contro un nemico immaginario, ideologicamente costruito. Risultato? Per garantire la sicurezza delle “ronde padane” la polizia è stata costretta a scortare i gruppi di cittadini, con la paradossale conseguenza di ridurre il controllo sul territorio. Dall’introduzione delle ronde nel “decreto sicurezza” del 2009 ne è conseguita poi un’istituzionalizzazione quanto mai controversa: i poteri pubblici che “ingabbiano” l’impegno civico, come se i cittadini, in un’ottica sostitutiva, possano essere considerati una soluzione per il mantenimento dell’ordine pubblico in Italia. Non a caso, dopo l’entrata in vigore del decreto, solo 4 associazioni hanno fatto richiesta di iscrizione ai registri.

La tutela del bene comune “sicurezza” è un’altra cosa. Qualcosa che i cittadini dovrebbero fare normalmente, cioè respingere l’indifferenza e sentirsi responsabili di ciò che accade nel territorio in cui essi vivono. O meglio non avere paura di sentirsi responsabili, azzerando le impostazioni ideologiche del passato. Questo il senso dell’iniziativa nella frazione di Acciaroli, precisato tra l’altro dal sindaco Stefano Pisani: “Il territorio appartiene a noi e tocca a noi tutti quindi difenderlo, senza arrecare intralcio alle forze di polizia. Non possiamo tollerare — ha aggiunto — che i nostri turisti non vivano con serenità il loro soggiorno nel nostro borgo. Occorre che tutti collaborino con i carabinieri per assicurare alla giustizia questi delinquenti che fanno un danno enorme alla nostra immagine ed alla nostra economia”. La differenza con le cosiddette ronde è sostanziale.

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