Giovani
«Non abbiate paura»: qui si gioca il futuro e l’eredità delle Gmg
Marcello Bedeschi, coordinatore nazionale delle Anci regionali, ha partecipato a tutte le Gmg, fin da quando negli anni ’80 fu uno dei collaboratori più diretti di papa Wojtyla per fare nascere questo momento dedicato ai giovani. Dalle radici ai frutti, guardando a Seul
Un giovane ottantenne con tanto di collarino-pass variopinto della Giornata mondiale della gioventù-Gmg di Lisbona ed un sorriso pieno e coinvolgente. Marcello Bedeschi, coordinatore nazionale delle articolazioni regionali dell’Associazione nazionale comuni italiani-Anci, negli anni ’80 è stato uno dei collaboratori più diretti di papa Wojtyla per l’organizzazione delle Gmg prima di presiedere, dal 1991 al 2021, la Fondazione “Gioventù Chiesa Speranza”, divenuta nel 2005 Fondazione Giovanni Paolo II per la gioventù. Bedeschi ha partecipato a tutte le Gmg, da Buenos Aires (1987) a Panama (2019) e anche questa volta era a Lisbona nella delegazione ufficiale accanto al cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana-Cei.
Abbiamo conosciuto Marcello Bedeschi a novembre del 2022, quando con il Movimento europeo di azione nonviolenta-Mean ha accompagnato alcuni sindaci italiani a Leopoli per promuovere, con alcuni sindaci ucraini, i patti di collaborazione non violenta. Quando lo abbiamo visto a Lisbona, insieme al cardinale Zuppi, a don Luigi Ciotti e alla marea di giovani provenienti da tutto il mondo gli abbiamo fatto qualche domanda per conoscere meglio la sua storia.
Come e quando ha conosciuto Giovanni Paolo II?
Quando era ancora arcivescovo di Cracovia. Wojtyla aveva un legame speciale con il vescovo di Ancona, la mia città, monsignor Carlo Maccari, che era stato suo vicino di banco durante il Concilio Vaticano II. Nei loro scambi telefonici, ma anche quando il mio vescovo mi mandava in missione in Polonia, ho sempre notato che questo arcivescovo di Cracovia aveva nel cuore i giovani. Ha organizzato numerosi incontri in Polonia che sono stati, in un certo senso, le premesse delle Gmg: durante questi incontri sui monti Tatra, nei laghi polacchi, affrontava con i giovani argomenti vitali per la Chiesa e la società in una visione che poneva al primo posto il tema della cattolicità come modo di relazionarsi gli uni con gli altri, come fratelli.
E quando nasce l’idea di strutturare questi incontri?
Al termine dell’Anno Santo della redenzione, nel 1983-84. Lì comincia a maturare l’idea di papa Wojtyla di un incontro annuale di riflessione e preghiera per i giovani. Io facevo parte, quale rappresentante della presidenza nazionale dell’Azione cattolica italiana-Ac del primo nucleo operativo composto di cinque persone che si costituì presso il Pontificio consiglio per i laici-Pcl e che aveva il ricevuto il compito di organizzare l’incontro annuale dandogli una fisionomia che mettesse in evidenza la dimensione di un cammino di fede e di impegno. Questo primo incontro fu seguito dall’allora presidente del Pcl, il card. Opilio Rossi, al quale successe il cardinale Eduardo Pironio, che poi avrebbe svolto un ruolo decisivo nel lancio della Gmg. Questo primo incontro del 1984 vide la presenza di giovani provenienti, in modo imprevisto e inaspettato, da oltre 60 paesi.
Poi però intervenne anche l’Onu...
Esatto. Nel 1985 l’Organizzazione delle nazioni unite-Onu indisse l’anno internazionale dei giovani. Papa Giovanni Paolo II convocò nuovamente a Roma i giovani di tutto il mondo ed anche questo incontro ebbe molto riscontro. A quel punto, papa Wojtyla scrisse una lettera in cui formalizzava l’idea delle Giornate mondiali della gioventù, affidando l’incarico organizzativo alla sezione giovani del Pontificio consiglio per i laici. L’intento era alternare gli incontri tra un livello diocesano e un incontro mondiale, organizzato ogni due o tre anni.
Papa Giovanni Paolo II ha seguito personalmente tutto questo progetto, anche nei dettagli e nei simboli, come quello di affidare ai giovani la croce della Gmg, per portarla in tutto il mondo
— Marcello Bedeschi
Si cominciò da Buenos Aires, giusto?
Sì, nel 1986. Buenos Aires è stata la prima Gmg svolta all’estero. Papa Giovanni Paolo II ha seguito personalmente tutto questo progetto, anche nei dettagli e nei simboli, come quello di affidare ai giovani la croce della Gmg, per portarla in tutto il mondo. Questo approccio si è concretizzato in luoghi impensabili, anche quando la croce è stata portata clandestinamente oltre la cortina di ferro, nei paesi comunisti. Ricordo questi viaggi con grande intensità.
Come sono state scelte le città delle Gmg?
Le prime furono scelte direttamente da papa Wojtyla. Dal momento che il card. Pironio era argentino, per la prima si scelse Buenos Aires. A questa Gmg partecipò al comitato organizzativo anche padre Jorge Mario Bergoglio, ma poi dovette lasciare in quanto nominato quale provinciale dei Gesuiti. Intanto, presso il Pontificio consiglio per i laici iniziarono a pervenire richieste da molte diocesi da parte di tutto il mondo. Nel 1989, la Gmg di Santiago de Compostela, voluta dal vescovo Varela – che poi, divenuto cardinale e arcivescovo di Madrid, ebbe anche la Gmg di Madrid – contribuì a dare il senso del pellegrinaggio, del cammino: papa Wojtyla auspicava proprio che questi incontri aiutassero i cattolici a riflettere, nel cammino, sui temi più importanti legati alla fede cristiana. Durante la Gmg di Rio, l’incontro di papa Francesco con i nativi dell’Amazzonia venuti ad incontrarlo presso la nunziatura apostolica ha contribuito all’avvio della sua riflessione sull’ecologia che lo ha portato a scrivere l’enciclica Laudato Si’ e a indire il sinodo sull’Amazzonia. La Gmg di Parigi ha mostrato la capacità dei giovani di dialogare. Ho molti ricordi della Parigi del 1997: ad esempio, che all’Hôtel “de Ville” avevamo organizzato una mostra su Gesù suscitando alcune proteste da parte di attivisti laici. Mi ha colpito anche un incidente durante la celebrazione di benvenuto al Champ de Mars, di fronte alla torre Eiffel: Giovanni Paolo II si è bruciato sui braccioli della sua sedia di ferro, che erano roventi per il caldo e per la mancanza di ombra. Un soldato si è quindi precipitato nella caserma della scuola militare, situata proprio dietro la pedana, per fornire al papa un’altra sedia più comoda. Giovanni Paolo II era commosso e divertito da questa attenzione, me ne parlava spesso. Insomma, le ricordo tutte, una per una, ma soprattutto conservo un ricordo particolare del card. Stanislao Rylko con cui ho condiviso la preparazione e poi l’organizzazione di tutte le Gmg.
A Lisbona ho capito che il “testimone” della Gmg è passato totalmente nelle mani di papa Bergoglio. Il suo «Non abbiate paura» dona prospettiva, concretezza e certezza
— Marcello Bedeschi
E la Gmg2023 di Lisbona? Com’è andata?
Chi lavora con e per i giovani, a cominciare da papa Francesco, «rimane giovane», usando le parole di Giovanni Paolo II. A Lisbona ho capito che il “testimone” della Gmg è passato totalmente nelle mani di papa Bergoglio. Il suo «non abbiate paura» dona prospettiva, concretezza e certezza. Ho incontrato tanti giovani e ho parlato con loro, sento che questa Gmg riaprirà tanti cuori. Il giubileo dei giovani e la prossima Gmg di Seul saranno il frutto del seme lanciato in questi ultimi giorni a Lisbona. Ricordo che Seul avanzò la candidatura per la Gmg già nel 1997, dopo Parigi. Sarà un’esperienza unica, anche per la presenza di laici illuminati e per la dinamicità delle chiese locali.
Dal 2005, dopo la morte di Giovanni Paolo II, questo patrimonio delle Gmg è stato ben investito?
Che Giovanni Paolo II sia stato il primo iniziatore è indiscutibile, ma ha anche voluto che il passaggio del testimone avvenisse in modo naturale. L’idea è stata quindi ripresa da Benedetto XVI e da papa Francesco, che hanno caratteri molto diversi ma che mostrano una reale continuità nella loro modalità di presenza durante la Gmg.
Dott. Bedeschi, lei ha incontrato anche papa Benedetto XVI, vero?
In Azione cattolica ho avuto il compito di seguire l’attività del dicastero per la “Dottrina della fede”, l’ex sant’Uffizio diretto da Ratzinger, all’epoca cardinale. In quel periodo diventai amico del suo principale collaboratore, mons. Josef Clemens. Ho incontrato papa Benedetto XVI diverse volte. L’ultima fu lo scorso anno. Sono andato a trovarlo al monastero “Mater Ecclesiae”, in Vaticano. Con la solita mitezza e lucidità mi chiese dei miei impegni all’Anci. Dal momento che parlavamo di Comuni e di sindaci, in relazione appunto al mio impegno nell’Anci, mi disse di avere conosciuto il sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, definendolo «un grande Sindaco, un uomo di pace, adesso anche venerabile, che ha dato molto all’Italia e alla Chiesa». Devo ammettere che mi sono commosso: La Pira è stato, ed è tuttora, il punto di riferimento per i cattolici impegnati in politica. Prima di salutarmi, Ratzinger mi ha indicato la via del dialogo collaborazione tra le comunità ecclesiali e le comunità locali perché hanno uno scopo comune: il bene dell’uomo nella sua interezza sociale e spirituale.
Nel 2014 papa Francesco ha confermato la sua nomina a membro del Pontificio consiglio per i laici: quando lo ha conosciuto?
Il card. Pironio mi aveva parlato spesso di lui. Ho avuto occasione di incontrare Bergoglio due volte prima che diventasse papa. La prima volta fu quando con professor Guzman Carraquiry partecipammo come rappresentanti del Pontificio consiglio per i laici a Buenos Aires alle celebrazioni di ordinazione episcopale. Accompagnato dal presidente dell’Azione cattolica argentina, ebbi la possibilità di parlare con lui e scoprire i suoi interessi sociali. La seconda occasione fu quando andammo in Argentina per partecipare alla traslazione del corpo del card. Pironio al santuario di Lujan. Essendo molto amico di Carraquiri e della sua famiglia, amici da sempre di Bergoglio, sin dall’inizio del Concistoro respiravo l’area della nomina di Bergoglio a papa. Ho avuto l’onore di essere stato confermato da lui quale membro del Dicastero dei laici. Ricordo anche tutte le numerose udienze papali che ho avuto il dono di organizzare per i sindaci italiani e la Protezione Civile.
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