Volontariato
Noi, quei quattro stranieri in campidoglio
Immigrati/ Al via la campagna elettorale per la rappresentanza a Roma
di Chiara Sirna
In due anni i loro nomi sono rimbalzati da un convegno all?altro tutte le volte che si parlava di immigrati. Il peruviano Santos, la filippina Irma, il rumeno Gabriel e il marocchino Aziz sono i quattro eletti che dal 2004 siedono nell?aula del Campidoglio, partecipando alle riunioni del consiglio, avanzando proposte, partecipando alle discussioni e imparando a capire gli ingranaggi della macchina amministrativa di Roma. E ora tornano a ricandidarsi per la stessa poltrona di consiglieri aggiunti.
Sarà un autunno di passione elettorale per gli stranieri della capitale. A due anni dal primo esperimento di voto, infatti, il 10 dicembre torneranno alle urne per eleggere quattro rappresentanti in consiglio comunale, 19 in quelli municipali e la consulta cittadina. Ma intanto la campagna è entrata nel vivo.
Niente a che vedere con gli sfarzi dei politici di casa nostra, né con manifesti quattro per dieci o talk show televisivi: la corsa viaggia sul passaparola. «Non ho soldi da sprecare, parlo con chi conosco», scherza Aziz Darif, marocchino, 43 anni, in Italia dal 91, impiegato al Centro culturale islamico della capitale, ancora in carica. Ma cos?è cambiato da allora? «Abbiamo imparato a capire come funziona la macchina burocratica», continua Aziz. In effetti se qualsiasi italiano alle prime armi con la politica faticherebbe a districarsi tra mozioni, interrogazioni, emendamenti e interpellanze, immaginiamoci un immigrato. Che per di più non ha nemmeno diritto di voto. «A volte ci sentiamo un elemento di arredo», spiega Aziz. «Non abbiamo potere decisionale per cambiare le cose ed è difficile spiegarlo a chi ci ha eletto, che ci vede alla pari degli altri politici».
Intanto però qualche battaglia l?hanno vinta: a poco a poco sono riusciti a strappare un telefono e un tavolo a testa in ufficio, per la segreteria invece c?è ancora da aspettare. Ma non è da escludere che si facciano altri passi in avanti. A lasciare aperta una porta in questo senso è Franca Eckert Coen in persona, consigliera comunale con delega per le Politiche della multietnicità. «L?esperienza di due anni fa è stata una prova, si sono inseriti gradualmente nella difficile macchina amministrativa», racconta, «ma quello di Roma e degli altri Comuni italiani che hanno favorito questo percorso è un primo passo concreto verso il voto amministrativo, stiamo cercando di consolidare una forma di rappresentanza».
Termini che pure i diretti interessati hanno ben chiari. Non foss?altro per i due anni di rodaggio e per l?esperienza pluriennale di attivismo tra i confini italiani. «Arrivati a questo punto non possiamo fermarci», dice in tono perentorio Irma Tobias Perez, 52enne, filippina, in Italia da 26 anni, collaboratrice domestica, ma anche mediatrice culturale part time per una ong romana e presidente di Kampi, l?associazione nazionale dei lavoratori filippini nata nella capitale 25 anni fa. Una che di mediazione e pratiche di integrazione non è certo a digiuno, e non a caso punta in alto. «È servito ad orientarci», aggiunge, «ma ora bisogna passare all?integrazione vera. La giunta ci ascolta, il sindaco ha riconosciuto il nostro lavoro, siamo entrati nel meccanismo della politica, ma l?obiettivo è arrivare al voto amministrativo, essere riconosciuti da tutta la comunità, non solo da quella straniera».
In effetti a pensare che l?esperimento abbia fatto il suo tempo ormai sono in tanti. «Sono assolutamente contrario alla rappresentanza separata, mi sa tanto di apartheid», tuona Ali Baba Faye, responsabile Ds per l?immigrazione. «Invece di favorire un processo di integrazione spinge verso il comunitarismo».
Un limite sul quale rischia di scivolare anche uno dei primi esperimenti in Italia. «L?integrazione ha bisogno di tempo e noi siamo disposti ad aspettare», racconta Liu Chang, cinese, 21enne, consigliere aggiunto ad Ancona insieme a un collega del Bangladesh. Proprio Ancona è stata una delle prime città, nel 96, a eleggere due consiglieri aggiunti. A maggio gli stranieri sono tornati alle urne per la terza volta e anche se il Consiglio dei ministri aveva annullato la delibera comunale che prevedeva l?estensione del voto amministrativo agli immigrati (così come è accaduto per Cesena, Perugia, La Spezia, Torino e Genova) gli interessati non demordono. Chang lo dice a chiare lettere.
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