Cultura

Noi, immigrati per restare

L’Italia al quarto posto in Europa per numero di stranieri: un milione e mezzo di persone pari al 2,5%dell popolazione.

di Barbara Fabiani

Dopo Germania, Francia e Gran Bretagna, l?Italia è il quarto Paese dell?Unione europea per presenza di immigrati. Lo riferiscono i dati del ?Dossier statistico immigrazione 2000? della Caritas di cui sono state presentate delle anticipazioni. Secondo le stime del centro studi della Caritas, che redige da dieci anni questa ricerca basandosi su fonti statistiche ufficiali di rilevanza nazionale, nel nostro Paese vivono un milione e mezzo di stranieri con un incidenza del 2,5% sulla popolazione residente (la media nell?Unione europea è del 5,1%). I migranti che scelgono di risiedere in Italia sono qui per restarci, fa capire Franco Pittau coordinatore dell?équipe di redazione del dossier, sottolineando che un quarto del totale dei nuovi permessi di soggiorno è stato concesso per ricongiungimenti familiari, un chiaro segnale, questo, della stabilizzazione dell?immigrazione. Cresce anche il numero dei minori stranieri, difficili da censire perché molto spesso inclusi nel permesso di soggiorno del capofamiglia. Proprio pensando ai ?nuovi cittadini? è importante sapere che ben due terzi dei minori con genitori stranieri sono nati in Italia. L?immigrazione diventa sempre più stabile, quindi, ma anche sempre più multietnica. Le prime cinque comunità nazionali di maggior consistenza numerica (Marocco, Albania, Filippine, ex Yugoslavia e Romania) coprono appena il 34% del totale. Il resto è distribuito in decine di nazionalità diverse. Un dato molto significativo se si pensa che queste percentuali sono analoghe a quelle di ?terre di immigrazione? di ben più lunga tradizione come gli Stati Uniti o l?Australia. Nel caso italiano, quasi la metà degli immigrati viene comunque dai Paesi vicini, nord Africa o Europa dell?est; in particolare rispetto al 1998 è cresciuta l?immigrazione dall?Albania (+50%) , dalla ex Yugoslavia (+59%) e dalla Romania (+65%), ed è un fenomeno costante negli ultimi anni. Tra le popolazioni provenienti da Paesi più lontani è proporzionalmente in aumento il numero di migranti dalla Cina (+47%). Secondo monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma, il 2000 è un anno molto importante per verificare verso quale direzione l?Italia vuole indirizzare il proprio rapporto con la popolazione immigrata. Dopo 18 mesi di attesa, infatti, la legge sull?immigrazione può oggi essere applicata grazie all?emissione dei decreti attuativi. Le aspettative maggiori riguardano la programmazione dei flussi di entrata e la loro realizzazione. Flussi regolati che sostituiscono i viaggi clandestini. «Una cosa deve essere chiara», dice monsignor Di Tora, «per contrastare il traffico di manodopera e le vie dell?illegalità bisogna diffondere e rendere facilmente comprensibili le vie legali. I trafficanti rischiano di essere più efficaci nelle loro strategie informative: pensi che su un muro di Bucarest ho letto la scritta: ?Porto illegalmente persone in Italia e assicuro un posto di lavoro?». Secondo la quota proposta con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, saranno almeno 63 mila i nuovi cittadini stranieri chiamati a lavorare nel nostro Paese per impieghi a tempo indeterminato o stagionale, cui vanno aggiunte le persone in entrata per motivi di ricongiungimento familiare (che in base alla nuova normativa hanno anche il permesso di lavorare). «È una cifra realistica», commenta monsignor Di Tora. «Il fatto che il decreto faccia riserva di ritornare sulla materia con un provvedimento aggiuntivo, poi è un segnale molto positivo, specie. qualora le quote dovessero rivelarsi insufficienti rispetto alle necessità». Tra le tante variabili passate in rassegna dai redattori del dossier Caritas quella su cui si è concentrata un?attenzione particolare è l?equazione tra immigrazione e criminalità. A chi ha criticato il dossier Caritas perché ?buonista? Pittau risponde con la forza della cifre. La quota di denunce di pertinenza degli stranieri regolari risulta percentualmente inferiore a quella riguardante gli italiani: 9 denunce su 100 italiani residenti, solo 6 ogni 100 stranieri residenti. Il problema semmai riguarda la condizione di clandestinità che espone le persone a molti rischi di criminalità, ma anche in questo caso secondo Pittau bisogna distinguere tra ?brava gente che cerca di sopravvivere? e gli esponenti di una criminalità organizzata spesso in combutta con quella italiana. Intanto a coloro che ritengono lassiste le forze dell?ordine viene fatto notare che nel 1999 sono stati sequestrati 164 scafi, arrestati 364 scafisti, che 48.437 persone sono state respinte alla frontiera e che le espulsioni eseguite sono state 12.556. Per quanto riguarda i Centri di permanenza temporanea, Pittau e Di Tora li giudicano come un ?male necessario?; devono però essere migliorati sotto molti punti di vista. Per esempio è stato sottolineato come sia alto il costo della loro gestione (40 miliardi l?anno per 11 centri) rispetto alle loro condizioni, spesso sotto i limiti della decenza. Preoccupante, rispetto alle considerazioni sull?utilità di queste strutture, è anche il fatto che soltanto il 44% degli ospiti dei centri sia stato effettivamente rimpatriato. Dopo Germania, Francia e Gran Bretagna, l?Italia è il quarto Paese dell?Unione europea per presenza di immigrati. Lo riferiscono i dati del ?Dossier statistico immigrazione 2000? della Caritas di cui sono state presentate delle anticipazioni. Secondo le stime del centro studi della Caritas, che redige da dieci anni questa ricerca basandosi su fonti statistiche ufficiali di rilevanza nazionale, nel nostro Paese vivono un milione e mezzo di stranieri con un incidenza del 2,5% sulla popolazione residente (la media nell?Unione europea è del 5,1%). I migranti che scelgono di risiedere in Italia sono qui per restarci, fa capire Franco Pittau coordinatore dell?équipe di redazione del dossier, sottolineando che un quarto del totale dei nuovi permessi di soggiorno è stato concesso per ricongiungimenti familiari, un chiaro segnale, questo, della stabilizzazione dell?immigrazione. Cresce anche il numero dei minori stranieri, difficili da censire perché molto spesso inclusi nel permesso di soggiorno del capofamiglia. Proprio pensando ai ?nuovi cittadini? è importante sapere che ben due terzi dei minori con genitori stranieri sono nati in Italia. L?immigrazione diventa sempre più stabile, quindi, ma anche sempre più multietnica. Le prime cinque comunità nazionali di maggior consistenza numerica (Marocco, Albania, Filippine, ex Yugoslavia e Romania) coprono appena il 34% del totale. Il resto è distribuito in decine di nazionalità diverse. Un dato molto significativo se si pensa che queste percentuali sono analoghe a quelle di ?terre di immigrazione? di ben più lunga tradizione come gli Stati Uniti o l?Australia. Nel caso italiano, quasi la metà degli immigrati viene comunque dai Paesi vicini, nord Africa o Europa dell?est; in particolare rispetto al 1998 è cresciuta l?immigrazione dall?Albania (+50%) , dalla ex Yugoslavia (+59%) e dalla Romania (+65%), ed è un fenomeno costante negli ultimi anni. Tra le popolazioni provenienti da Paesi più lontani è proporzionalmente in aumento il numero di migranti dalla Cina (+47%). Secondo monsignor Guerino Di Tora, direttore della Caritas diocesana di Roma, il 2000 è un anno molto importante per verificare verso quale direzione l?Italia vuole indirizzare il proprio rapporto con la popolazione immigrata. Dopo 18 mesi di attesa, infatti, la legge sull?immigrazione può oggi essere applicata grazie all?emissione dei decreti attuativi. Le aspettative maggiori riguardano la programmazione dei flussi di entrata e la loro realizzazione. Flussi regolati che sostituiscono i viaggi clandestini. «Una cosa deve essere chiara», dice monsignor Di Tora, «per contrastare il traffico di manodopera e le vie dell?illegalità bisogna diffondere e rendere facilmente comprensibili le vie legali. I trafficanti rischiano di essere più efficaci nelle loro strategie informative: pensi che su un muro di Bucarest ho letto la scritta: ?Porto illegalmente persone in Italia e assicuro un posto di lavoro?». Secondo la quota proposta con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, saranno almeno 63 mila i nuovi cittadini stranieri chiamati a lavorare nel nostro Paese per impieghi a tempo indeterminato o stagionale, cui vanno aggiunte le persone in entrata per motivi di ricongiungimento familiare (che in base alla nuova normativa hanno anche il permesso di lavorare). «È una cifra realistica», commenta monsignor Di Tora. «Il fatto che il decreto faccia riserva di ritornare sulla materia con un provvedimento aggiuntivo, poi è un segnale molto positivo, specie. qualora le quote dovessero rivelarsi insufficienti rispetto alle necessità». Tra le tante variabili passate in rassegna dai redattori del dossier Caritas quella su cui si è concentrata un?attenzione particolare è l?equazione tra immigrazione e criminalità. A chi ha criticato il dossier Caritas perché ?buonista? Pittau risponde con la forza della cifre. La quota di denunce di pertinenza degli stranieri regolari risulta percentualmente inferiore a quella riguardante gli italiani: 9 denunce su 100 italiani residenti, solo 6 ogni 100 stranieri residenti. Il problema semmai riguarda la condizione di clandestinità che espone le persone a molti rischi di criminalità, ma anche in questo caso secondo Pittau bisogna distinguere tra ?brava gente che cerca di sopravvivere? e gli esponenti di una criminalità organizzata spesso in combutta con quella italiana. Intanto a coloro che ritengono lassiste le forze dell?ordine viene fatto notare che nel 1999 sono stati sequestrati 164 scafi, arrestati 364 scafisti, che 48.437 persone sono state respinte alla frontiera e che le espulsioni eseguite sono state 12.556. Per quanto riguarda i Centri di permanenza temporanea, Pittau e Di Tora li giudicano come un ?male necessario?; devono però essere migliorati sotto molti punti di vista. Per esempio è stato sottolineato come sia alto il costo della loro gestione (40 miliardi l?anno per 11 centri) rispetto alle loro condizioni, spesso sotto i limiti della decenza. Preoccupante, rispetto alle considerazioni sull?utilità di queste strutture, è anche il fatto che soltanto il 44% degli ospiti dei centri sia stato effettivamente rimpatriato. Veneto, Roma e Milano le calamite d?Italia Le regioni italiane del Nordest continuano a essere quelle più interessate dall?immigrazione, dove anche per l?anno passato si è registrato un incremento di 2-3 punti percentuali al di sopra della media nazionale. In particolare in Veneto, dove stime provvisorie parlano di un aumento di circa il 10%. I poli di attrazione restano le aree economicamente più sviluppate del Nord, che offrono maggiori opportunità di lavoro. Non mancano però le novità. Un balzo in avanti per presenze di immigrati lo fa la Toscana (+54% arrivando a quota 110.226), anzi nello specifico la città di Firenze che da 18.335 residenti stranieri nel 1998, oggi ne registra 33.725 (+84%). A Milano le presenze sono oltre 176 mila. Anche le regioni meridionali hanno registrato un aumento superiore alla media quanto il Nordest, sebbene la popolazione complessiva di cittadini stranieri nel Sud Italia e nelle Isole continui a essere la più bassa (253.467 unità) rispetto al centro (438.678) e al nord (798.213). In termini di cifre assolute la Lombardia resta la regione con maggior presenza immigrata (316.341) seguita dal Lazio (263.207), dove però la provincia di Roma è la zona di maggior concentrazione in tutt?Italia: da sola infatti ospita 237.880 residenti stranieri. Una curiosità: la città italiana con il minor numero di immigrati è Oristano dove vivono appena 644 stranieri su una popolazione di circa 158 mila italiani, la regione col maggior numero di immigrati è invece la Lombardia con oltre 316 mila presenze.


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