Volontariato
Noi e lIslam. Chi dice sì e chi no
Intervista a Gueye e a Suor Morlacchi
Il mediatore: la voglia di dialogo sarà più forte
C?è un grande interesse a incontrarsi con l?altro, con lo straniero. Di questi tempi, soprattutto con il musulmano. Davvero, io non vedo ostilità. Semmai scarsa conoscenza, che è ben diverso».
È ottimista Rocky Gueye, 34 anni, musulmano senegalese, di professione assistente sociale, da quattro anni in Italia. Nel suo lavoro di operatore dell?associazione bergamasca Ruah, che si occupa di progetti di integrazione e mediazione culturale, di bambini e ragazzi ne ha incontrati tanti. E in tutti ha visto, dopo un?iniziale diffidenza, la voglia di capire storia e cultura dell?Islam. Anche, se non di più, dopo l?11 settembre.
Vita: In che cosa consiste il suo lavoro?
Rocky Gueye: Nella divulgazione ragionata della cultura straniera, in particolare islamica, nelle scuole medie e superiori. Porto in classe documenti, libri, giornali ma anche spettacoli teatrali e giochi di ruolo, oltre alla mia esperienza di immigrato. Punto a far capire che la diversità è una risorsa, non un pericolo.
Vita: Che cosa è cambiato dall?11 settembre fino a oggi?
Gueye: Se fino a qualche mese fa eravamo noi dell?associazione a proporci alle scuole, adesso ci chiamano loro. Evidentemente questi fatti dolorosi hanno reso indispensabili iniziative prima considerate superflue. L?impennata si è avuta dopo le dichiarazioni dell?imam di Torino su Bin Laden. Si vede che in molti hanno avuto paura.
Vita: Come trova i giovani italiani? Pensa che riusciranno sempre a essere amici dei loro vicini islamici, o tutto è diventato più difficile?
Gueye: Lo straniero fa paura perché è diverso. E visto che l?islamico è molto diverso, fa molta paura. Spesso tuttavia i ragazzi si fanno idee sbagliate sull?Islam: pensano che sia sempre illiberale, violento, nemico delle donne. Spiegare che non è così, o demolire certi stereotipi recenti, è difficile, ma non impossibile. Il fatto ad esempio che io sia musulmano, ma non arabo, desta stupore. Comunque alla fine i risultati si vedono: nelle scuole dove siamo stati la convivenza con gli alunni stranieri è migliorata, e questa estate 25 ragazzi sono venuti con me in Senegal per un campo di lavoro.
L’insegnante: temo l’escalation di sospetti
I musulmani si sentono emarginati, sotto accusa. Capiscono che i loro vicini italiani non li guardano più con gli stessi occhi. Temo che in qualcuno si possa fare strada un?ansia di rivalsa che potrebbe portare a degenerazioni pericolose?.
È moderatamente pessimista suor Fiorangela Morlacchi, insegnante in una scuola professionale e mediatrice presso il Centro ambrosiano per la cultura interreligiosa, cui si rivolgono coppie miste e famiglie musulmane in difficoltà. Pessimista sul futuro delle relazioni tra italiani e musulmani, sulla capacità della componente europea di staccarsi da una visione distorta dell?Islam e sulla forza di quella islamica di rispondere al sospetto con la moderazione.
Vita: Che cosa vede nella sua attività?
Suor Morlacchi: In classe mi capita di assistere a episodi di intolleranza che rivelano astio nei confronti di una categoria, gli arabi, che prima non era neppure considerata come a sé. Fuori dalla scuola, poi, si moltiplicano i casi di incomprensione tra coniugi, colleghi o persone prima amiche e ora diffidenti.
Vita: Che cosa è cambiato dall?11 settembre fino a oggi?
Suor Morlacchi: Tutto. In molti c?è stato quasi un risveglio, un accorgersi di una realtà prima ignorata e poi improvvisamente percepita come una minaccia. La situazione è precipitata con l?attentato alla chiesa in Pakistan, dopo il quale sempre più persone, cristiani e musulmani, si sentono a disagio, come se dovessero difendersi da un nemico vicino e subdolo. Noi continuiamo a parlare di dialogo, ma molti non hanno voglia di sentire questa parola. Da entrambe le parti.
Vita: Cosa accadrà tra i giovani? L?amicizia con i loro coetanei islamici è a rischio?
Suor Morlacchi: Nei giovani è sorta la difficoltà a far combaciare l?immagine di un musulmano-terrorista, che viene dai mass media, con la personalità familiare del compagno di banco arabo. Molti si chiedono: ma è possibile che il mio amico Omar sia ?uno di loro?? Sono confusi, non sanno più cosa pensare. Dal canto loro, i ragazzi musulmani avvertono un clima di sospetto, si sentono ?osservati speciali?. E si chiudono. No, davvero non so dire cosa potrà accadere.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.