Non profit

«Noi e il privato sociale parliamo la stessa lingua»

L'impegno di Banca Etica

di Redazione

Non compreso dalle banche quando cerca finanziamenti, sfinito dall’attesa quando la pubblica amministrazione deve pagarlo, il non profit sta tra l’incudine e il martello. C’è però chi ha competenza e voglia di ascoltarlo, come Banca Etica, l’istituto di credito nato per finanziare il non profit, la cui azione in questa fase è ancor più decisiva.
Le centrali della cooperazione sociale a Roma, ad esempio, invitate dalla giunta Alemanno a rivolgersi a banche private per ottenere liquidità in attesa dei tempi biblici che l’amministrazione si è data (210 giorni, fissati con delibera n. 281/2010 “pro soluto”) per onorare i suoi debiti, hanno ringraziato Banca Etica, definendola «una sirena che permette di navigare nelle nebbie dell’incertezza», perché ha fornito loro un accesso al credito a costi concorrenziali. Difficoltà simili si stanno affrontando anche a Napoli e in Campania. «Negli ultimi mesi crescono i segnali di tensioni, specie per chi non è adeguatamente patrimonializzato», dice Mario Crosta, direttore generale di Banca Etica, «ma c’è un atteggiamento di grande responsabilità, insomma ci si fa in quattro». Come si stanno affrontando queste difficoltà? «Con un approccio multiplo: stiamo intervenendo con ristrutturazioni dei debiti, rimodulazioni dei fidi. Abbiamo anche utilizzato il fondo di Etica sgr (società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica, ndr), costituito con parte delle sue commissioni, per processi di capitalizzazione di cooperative sociali. E cerchiamo di offrire consulenza e accompagnamento anche più di prima».
Banca Etica ha inoltre aderito all’accordo Abi – ministero del Welfare per l’accesso al credito del non profit. «Siamo già operativi», spiega Crosta, «l’accordo ha il merito di porre all’attenzione del sistema bancario un soggetto particolare come il terzo settore, riconoscendolo come un potenziale mercato, con tassi di insolvenza tra l’altro molto contenuti»: le sofferenze in Banca Etica, ad esempio, sono allo 0,5% (2,46% la media del settore). Ma qual è l’anello debole? «La scarsa conoscenza, a volte i linguaggi. Stiamo cercando di far capire al non profit che un bilancio presentato in modo adeguato aiuta ad essere bancabili».

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