di Stefano Ficorilli
Quest’anno ricorrono dieci anni dalla sottoscrizione della Convenzione europea del Paesaggio. In questo importante anniversario c’è da chiedersi: qual è la situazione del paesaggio italiano e più in generale della sostenibilità ambientale? Verrebbe da rispondere, parafrasando la nota battuta di Woody Allen: il paesaggio è morto e anch’io non mi sento tanto bene. A questa conclusione pessimistica si giunge osservando le scelte recentemente compiute dal legislatore, sia nazionale sia regionale, che alla tutela del territorio e del suo corretto sviluppo ha privilegiato la libertà di iniziativa privata.
Deve purtroppo constatarsi come oggi l’onda lunga della Convenzione europea si sia esaurita. La stagione della nuova pianificazione paesistica (fatta eccezione per soli due casi, uno dei quali, quello della Sardegna, in via di smantellamento) non si è mai aperta e la più recente legislazione in materia di territorio tende a cancellare progressivamente ogni meccanismo di tutela ancora esistente.
Il tutto avviene in una situazione nella quale i numeri sul consumo di suolo raggiungono cifre allarmanti. L’Istat ha rilevato che tra il 1990 e il 2005 l’Italia ha perso 3 milioni e 600mila ettari di suolo libero da costruzioni: più di tre quarti della superficie del Piemonte, un’area più vasta di Lazio e Abruzzo insieme. I cosiddetti “Piano casa” aumenteranno il consumo di suolo e a ciò contribuiranno senza dubbio anche le ultime riforme in materia di Conferenza di servizi e di Segnalazione certificata di inizio attività. La recente manovra economica ha poi previsto un taglio, per il trienni 2011-2013, di 174 milioni e la maggiore riduzione di spesa riguarderà la voce Tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.
Infine, è facile ritenere che anche la recente legislazione in tema di federalismo fiscale, attraverso la riduzione dei trasferimenti dallo Stato agli enti locali, incentiverà il consumo di suolo per via delle entrate che l’Ici e gli oneri di urbanizzazione comunque garantiranno alle casse comunali.
In questo grigio quadro il WWF conserva integro il coraggio di pensare ad un modello di sviluppo diverso. Lo dimostra la recente intesa in Conferenza Stato-Regioni sulla Strategia per la biodiversità alla quale il WWF ha con energia creduto e lavorato. Se è vero che l’indignazione e il coraggio sono i due volti della speranza, il WWF continua a credere che, al pari di quanto già accade in Francia, Germania e Regno Unito, un arresto del consumo di suolo sia ancora possibile.
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