Welfare

Noi e i nostri figli autistici

Nella Giornata che ricorda i disturbi dello spettro autistico, le storie di alcuni genitori, il loro travaglio, la loro battaglia, la voglia di non arrendersi. E il loro dolore

di Sara Bellingeri

“Molte famiglie sono chiamate a surrogare compiti che dovrebbero essere concretizzati dai servizi che spesso si rivelano lacunosi o funzionano male”. Tuona in tutta la sua schiettezza la denuncia di Gianfranco Vitale, padre di Gabriele, giovane uomo con diagnosi di autismo e un percorso fatto di tante sfide, come testimonia l’intensità dei suoi occhi. Un connubio di forza e consapevolezza intarsia la voce profonda di Gianfranco, quella di chi ha affrontato tante battaglie per la difesa dei diritti senza perdere per strada la voglia di condividere, come testimonia il progetto di community che ha fondato anni fa e intitolato non a caso “Autismo: Persone, bisogni, diritti”. E proprio questa triade sembra essere più di tutte messe all’angolo, a discapito di chi con l’autismo ci convive ogni giorno: “Continua ad esserci molta ignoranza nel campo dell’autismo, anche da parte dei cosiddetti esperti, questa è la cosa più grave”, afferma.

Gianfranco si è trovato ad affrontare la diagnosi di autismo negli anni Ottanta, un’altra era rispetto a quella attuale dal punto di vista dell’informazione e della sensibilizzazione dove la parola stessa era poco conosciuta: “La diagnosi è arrivata che Gabriele aveva già 6 anni, appena in tempo per chiedere l’insegnante di sostegno – racconta – C’era una forma di resistenza generale, anche in famiglia, a richiederlo: veniva visto come un marchio sul bambino”. La fase di accettazione è per molti genitori la più dolorosa e complessa ma Gianfranco sceglie di guardare in faccia la realtà e passo dopo passo affianca Gabriele nel suo percorso. Attualmente Gabriele è inserito in un centro residenziale dove ci sono altri adulti con autismo di livelli diversi.

“Tutto cambia radicalmente quando la persona autistica compie 18 anni – afferma – Molte persone scivolano nella diagnosi di malattia mentale”. Dalla voce di Gianfranco emergono preoccupazione mista ad amarezza: “Penso ci sia una grande sottovalutazione dell’autismo, non si comprende che siamo davanti a una condizione particolarmente complessa risultante tra fattori genetici predisponenti e ambientali scatenanti – riflette – L’approccio dovrebbe essere globale, con una presa in carico sotto il profilo medico, abilitativo e riabilitativo, cosa ben diversa dalla cosiddetta somministrazione sconsiderata di psicofarmaci a cui si affidano alcuni neuropsichiatri per contrastare le manifestazioni eclatanti di irritabilità e iperattività. Prendersi cura veramente è diverso dall’utilizzare quelle che definisco camicie di forza chimiche”.

Gianfranco punta il dito anche contro quella che lui definisce, con amara ironia, “divano-terapia”: “Adulti, ragazzi e bambini con autismo avrebbero diritto ad essere stimolati e vedere coltivati i loro interessi, invece ancora troppi interventi si affidano a soluzioni di carattere marcatamente assistenziale e con “insegnamenti” di nozioni da ripetere in modo meccanico. Penso a Gabriele: è giusto partire dai suoi interessi o dai miei? Non ci sono dubbi. C’è urgente bisogno di un progetto di vita personalizzato e di una presa in carico reale e non basata sull’apparenza spesso dichiarata nei convegni per strappare applausi”.

La causa di questa deriva Gianfranco Vitale la intercetta in tre cause frequentemente segnalate dalle famiglie: “Formazione carente, assenza di un orizzonte strategico e mancata verifica sui risultati dei percorsi attivati e finanziati: in generale si naviga a vista e questo a discapito dei nostri figli!”. Gianfranco pensa a un diverso paradigma: “Bisogna fare in modo che la persona con disabilità cessi di essere soggetto passivo di assistenza e diventi soggetto attivo di diritti”. Diritti che solo una rete coesa sembra poter rivendicare e difendere: “Le famiglie devono diventare protagoniste del cambiamento perché il miglioramento della qualità dei loro figli passa attraverso il loro impegno in prima persona – riflette – A Roma il 9 settembre scorso c’è stata la manifestazione del movimento “Famiglie unite per l’autismo”: in quell’occasione abbiamo presentato un documento programmatico diventato oggetto di una mozione approvata alla Camera dei deputati, questa mozione impegna il governo a fare determinate cose. Se le farà non lo so ma molto dipenderà dalla capacità delle famiglie di sostenerla attivamente”. Amore, tenacia e schiettezza sono la base evidente della strada percorsa dal padre di Gabriele guardando sempre oltre la propria storia dove i numeri parlano chiaro: “Si contano in Italia più di 600 mila persone con disturbo dello spettro autistico, se includiamo i nuclei familiari di queste persone, tra genitori e almeno un fratello o una sorella, possiamo dire in media che quasi 2 milioni e mezzo di persone sono coinvolti in questa situazione e lo Stato è tenuto a dare risposte di fronte a tutto ciò”.

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