Politica

Noi, ciclo solidali e amici del Panta

Compagno d’infanzia del pirata, con Claudia, la moglie, ogni anno gira il sud del mondo. A pedali.

di Stefano Arduini

Massimiliano Catasca e sua moglie Claudia Perugini il 20 gennaio sono rientrati a casa provenienti da Bamako, capitale del Mali. L?albergo che gestiscono a Cesenatico si chiama Hotel Admiral e si trova in via dei Mille, 112. Di fronte c?è la piadineria più famosa della Romagna, quella della famiglia Pantani. Massimiliano e Marco erano amici da sempre e quasi coetanei (33 anni per Massimiliano, uno in più per il Pirata). Una frequentazione sbocciata in sella a una bici. Non era difficile vederli allenarsi insieme per le strade di Cesenatico. Una passione che il talento di Pantani aveva trasformato in professione. Per Massimiliano, invece, la bicicletta è rimasta uno svago, ma soprattutto il miglior mezzo di locomozione per staccare la spina e dimenticare l?annuale abbuffata di turisti della riviera. L?ultima trasferta è durata due mesi e duemila chilometri (“senza una curva, completamenti pianeggianti, di cui 800 su terra battuta”) e si è conclusa solo pochi giorni prima la scomparsa del ?Panta?. Di lui Massimiliano non vuole parlare (“si è già detto troppo, la sua memoria merita un po? di silenzio”), sul suo viaggio in Africa è invece molto loquace anche perché “la nostra impresa è servita a raccogliere fondi per 10mila euro destinati alla costruzione di due pozzi d?acqua potabile in Mali, già funzionanti, e per portare materiale didattico nelle scuole del Burkina Faso”. Progetti ideati con la collaborazione di un?ong di Cuneo, la Lvia- Associazione internazionale di volontariato laico. Il viaggio comincia dalla frazione di Longiano, dove la coppia abita. È il 26 novembre. Negli zaini dei due passisti c?è tutto l?occorrente: coltello multiuso, chiavi per la manutenzione delle mountain bike, pezzi di ricambio, dal kit antiforatura al lubrificante per la catena, caschi, occhiali, un set di maglie da ciclista, fornelli, tenda, sacchi a pelo, antibiotici, antiinfiammatori, garze e perfino un filo interdentale e cinque lamette da barba. Oltre a una tanica da 30 litri per il trasporto dell?acqua “per avere un?autonomia di almeno due giorni”. Accorgimenti, eredità dell?esperienza. La spedizione africana infatti è solo l?ultima tappa di un tour attraverso i cinque continenti partito nel 1999 da Cuba. L?anno seguente eccoli sul Machu Picchu in Perù, poi in Patagonia, quindi la Nuova Zelanda e quest?anno il Continente nero con tanto di prologo dalla Romagna all?aeroporto di Fiumicino, ovviamente sempre su due ruote. “Malgrado le nostre precauzioni”, confida Massimiliano, “tutto è filato liscio: 70 chilometri al giorno, dalle 7 del mattino alle 11 perché dopo, a 45/50 gradi, era impossibile pedalare”. Il ricordo più bello? “Gli sciami di bambini che ci correvano dietro dandoci del ?bianco? e l?ospitalità degli adulti: mai avuto problemi nel trovare acqua, cibo e un posto dove dormire”.


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