Lo spirito è quello entusiasta di un cittadino della nazione africana che ha finalmente realizzato il sogno sportivo post apartheid per eccellenza: ospitare i Mondiali di calcio Fifa, segnando un punto di non ritorno dall’isolamento calcistico, durato fino al 1994. Matthew Choate, caporedattore di South Africa Good News, partner di Afronline.org, è ottimista, «in un clima di eccitazione che pervade il Paese», e, allo stesso tempo, critico. Pensa che saranno efficaci le iniziative sociali legate ai Mondiali? «Indubbiamente questo evento ha riacceso l’interesse del mondo sull’Africa. Gli occhi del mondo saranno puntati sul Sudafrica per sei settimane e quindi avremo l’occasione di creare interesse sullo sviluppo sociale del continente. Ovvio, la Fifa lavora per il calcio, quindi tutte le campagne sociali ufficiali ruotano attorno allo sport. Ma al di là dei canali ufficiali, non ci sono altre campagne rilevanti». La speranza però sta nel nuovo interesse degli investitori stranieri e del settore privato. E anche i calciatori africani hanno dato una spinta a iniziative sociali? «Certo», risponde Choate, « pensiamo a Samuel Eto’o che ha fatto molto per unire gli africani. È vero che partecipa spesso a iniziative di beneficenza, ma il più impegnato è Didier Drogba. Non solo il Time l’ha inserito nella lista delle 100 persone più influenti al mondo nel 2010, ma ha donato somme ingenti per il suo Paese. Non si è mai dimenticato delle sue origini».
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