Mondo

Nobel: Coetzee, l’anima del dopo-apartheid

Il prestigioso premio alla letteratura è andato allo schivo scrittore sudafricano, che ha sbaragliato Roth e Vargas Llosa

di Benedetta Verrini

Il Premio Nobel della Letteratura 2003 è stato assegnato ieri al sudafricano John Maxwell Coetzee, considerato l’anima del dopo-apartheid. L’Accademia svedese ha voluto premiare un’opera che ”grazie a molteplici travestimenti espone la complessità deconcertante dell’alienazione”. Docente universitario, ha iniziato la carriera di scrittore nel 1974 e si è fatto apprezzare a livello mondiale con il romanzo ”Aspettando i barbari” (1980) e soprattutto per ”La vita e il tempo di Michael K.” (1983), per lo stile sperimentale e innovativo. Nella rosa dei “papabili” c’erano anche l’olandese Cees Nooteboom, il belga Hugo Claus, l’americano Philip Roth, il peruviano Mario Vargas Llosa. Uno dei libri più famosi, “Vergogna”, edito in Italia da Einaudi, Coetzee descrive crudamente un Sudafrica in cui quotidianamente capita di dover fare i conti con una realtà politica e sociale difficilissima. In “L’età del ferro” ha scritto: “Quando cammino su questa terra, questo Sudafrica, mi cresce dentro la sensazione di camminare sulle facce dei neri. Loro sono morti, ma la loro anima non li halasciati. Milioni di sagome di ferro che fluttuano sotto la pelle della terra. L’età del ferro che attende di fare ritorno”.


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